Cap. VI - “Alzata con pugno e il Sasquatch ” ultima parte
Ero perplesso; sono un uomo abbastanza razionale, che vive e lavora in ambienti forniti di tecnologie sofisticate; ma messo di fronte a un qualcosa che non sapevo spiegare, cominciavo ad essere inquieto.
Guardai le impronte sulla neve; erano ben diverse da quelle che lasciavo io e Alzata con Pugno; più grosse, più profonde sulla punta, con un accenno di artigli (o erano dita ?); era arrivato dalla foresta, aveva fatto un giro attorno alla tenda, sostando davanti all'entrata, poi si era spostato vicino al fuoco, dove si era accucciato (o seduto) su un tronco.
Poi, senza toccare niente, era ripartito per la stessa strada da dove era venuto.
Presi il fucile; Alzata con Pugno mi guardò seria e mi disse di no con la testa, ma questa volta non gli diedi retta.
Volevo sapere chi ci aveva fatto visita durante la notte; Lei cercò ancora di trattenermi, ma io sono testardo, controllai che il Weatherby fosse carico, tolsi i coprioculari e mi avviai seguendo le tracce.
Alzata con Pugno rimase un po' ha guardarmi, poi mi venne dietro (di malavoglia), senza fucile.
Intanto il nevischio si era tramutato in una bella nevicata fitta; riuscii ha seguire le tracce per circa un km, ma la neve oramai tendeva a ricoprirle; inoltre c'erano un sacco di altre impronte di animali che s'incrociavano e che potevano confondere.
Notai che Alzata con Pugno stava sempre dietro, questa volta non collaborava molto; anzi direi che non collaborava affatto. :
Riuscii bene o male ad arrivare fino alle sponde di un piccolo laghetto in mezzo agli alberi; qui c'erano troppe orme ed era impossibile riconoscere (almeno io) quelle che cercavo; guardai l'indiana, sperando che mi desse una mano; ma lei non si mosse e non disse niente.
La neve stava lentamente ricoprendo tutto, comprese anche le nostre tracce; uno strano silenzio era sceso sulla foresta, tutto era ovattato dalla neve.
Rimisi il fucile sulla spalla e gli feci cenno che potevamo tornare; mi sembrò quasi sollevata, si mise in testa (io a quel punto avrei avuto dei seri problemi a ritrovare la via) e facemmo ritorno alla campo.
La parola che aveva pronunciato quando mi aveva fatto vedere le orme sapevo benissimo che cosa voleva dire; ma mi sembrava impossibile aver incontrato (o meglio lui era venuto a vedere) una delle leggende del grande nord-americano.
Gli Americani lo chiamano “Bigfoot”, i Canadesi “Sasquatch” (è una parola alconghina) è comunque sempre lui: il “probabile” trait-d'union tra le scimmie e l'uomo.
Nel corso degli anni migliaia di persone in USA e in Canada lo hanno cercato in lungo e in largo, con spedizioni scientifiche organizzatissime.
Niente di niente, solo foto e filmati “fake” per avere un po' di notorietà.
E io, con la fortuna (si fa per dire) che caratterizzerà questa esperienza nord-americana, avevo visto (forse) le sue tracce.
Al nostro club di cacciatori, in Italia, questa volta ne avevo di cose da raccontare.
Ritornati al campo, decidemmo di aspettare che finisse la nevicata, era inutile muoverci perchè oramai le tracce dell'alce che stavamo inseguendo erano ricoperte dalla neve.
Il sesto giorno stava finendo, sotto una bella nevicata; ci infilammo nella tenda, io dentro il mio sacco a pelo, Lei avvolta nella sua solita coperta.
Io comunque mi misi il Weatherby al fianco, carico, con la canna rivolta verso l'entrata.
Chi si sarebbe affacciato, rischiava di prendersi una palla da 220grs “core-lock soft-point” di un .300Weath.
Passammo la notte svegli; io ripensando a tutte le cose che mi erano successe durante quest'avventura, Lei probabilmente perchè “era sul chi vive”.
Alle prime luci dell'alba, smontammo il campo e riprendemmo la marcia; per fortuna aveva smesso di nevicare, la neve non era molto alta (una ventina di cm.).
Purtroppo era più che sufficiente per nascondere le tracce dell'alce che stavamo seguendo; decidemmo di proseguire verso il villaggio, marciando sul limitare della foresta lungo la riva del lago.
L'ambiente era diventato semplicemente fiabesco, tutto era bianco, ovattato; gli unici rumori che si sentivano erano i corvi che svolazzavano tra gli alberi.
Marciammo quasi tutto il giorno, facendo delle soste di 10 mn. ogni 2 ore circa; per essere solo la metà di settembre, aveva fatto una bella nevicata, il cielo continuava ad essere scuro, con nuvoloni che scendendo dalle montagne, minacciavano altra neve (o pioggia).
Oramai le mie gambe si erano rodate, avevano preso il “passo veloce” di Alzata con Pugno e non facevo più molta fatica a starle dietro.
La “medicina” che mi aveva fatto bere, quella sera, mi aveva completamente rimesso; oltre tutto la vita spartana che avevamo fatto aveva contribuito a farmi perdere qualche kg, per cui alla fine ero anche soddisfatto di come stavano andando le cose.
L'unica cosa che mi preoccupava, era stato il blackout di quella notte; chissà se tutto quello che avevo sognato era veramente un sogno, visto che la visita dell'orso (in sogno), aveva però lasciato tracce vere (anche se non so di che cosa), così come la neve che cadeva.
Sopratutto mi ricordavo delle coccole di Teresa vestita da squaw nel mio sacco a pelo; era veramente un sogno ? :
Oramai non mancava molto al villaggio e, visto che procedere al buio poteva essere pericoloso, facemmo il campo per l'ultima volta; quella sera decisi che dovevamo festeggiare la fine dell'avventura, quindi tirai fuori tutte le buste di cibo liofilizzato made USA (scelsi chili con carne) e ci preparammo la cena.
)
Non c'è niente come il calore del fuoco e l'odore del cibo per far cambiare l'umore alla gente; cominciai a fare il cuoco mattacchione; Lei inizialmente osservava seria e senza alcuna espressione, poi cominciò a sorridere; il tocco finale fu quando feci finta di scottarmi la lingua con il chili bollente, e quindi dovetti ricorrere alla neve che ci circondava.
)
Finalmente la vedevo ridere; era bello il rapporto che si era instaurato tra di noi, nonostante la barriera linguistica.
Visto che si era fatto tardi decidemmo di andare a letto (finalmente direte voi; no, dentro la tenda, ma letti (si fa per dire) separati; Lei come al solite si tolse il bowie dallo stivale e lo mise sotto la coperta dove si era avvolta; io mi infilai nel mio sacco a pelo, con accanto il mio fido Weatherby (che non aveva sparato un colpo).
Dormii come un ghiro per tutta la notte; al mattino, come al solito fui svegliato con il solito scrollone da Alzata con Pugno; era già pronta alla partenza, anche perchè aveva ripreso ha nevicare.
Raccattai le mie cose, smontai la tenda, zaino pronto, fucile in spalla, colonna avanti.
Dopo alcune ore di marcia, sempre sotto una fitta nevicata, dopo aver superato l'ennesima ansa del lago, ci apparvero in lontananza le luci del villaggio.
Ero contento, finalmente era finita, al diavolo se non come speravo quando avevo progettato questo viaggio.
Dovevamo solo superare un piccolo istmo pieno di alberi, e poi proseguendo lungo la riva come un'autostrada saremmo arrivati a casa.
Mentre superavamo la barriera di alberi, io intravidi una specie di sentiero che scavalcava la barriera; mentre Alzata con Pugno si infilava tra gli alberi e la vegetazione, io presi il sentiero sulla sinistra.
Il sentiero veniva direttamente dalla foresta e probabilmente gli animali lo usavano per andare a bere nel lago.
Oltre a tutto, con la neve oramai quasi al ginocchio e sotto quella fitta nevicata, era più semplice marciare sul sentiero che non in mezzo alla vegetazione.
Quando stavo per arrivare in fondo al sentiero, prima di sbucare sulla riva del lago, all'improvviso me lo trovai davanti.
Era lui, il “raiss” che avevamo cercato invano.
Enorme.
Allungò la testa verso di me, e cominciò a sbuffare dalle narici.
Ora quello che racconterò durò pochi secondi, molti di meno di quello che impiegherò per descrivere quello che è successo, e voi a leggerlo.
Capii subito che l'avevo messo alle strette, gli stavo chiudendo la via di fuga (il sentiero) verso la foresta che avevo alle spalle.
Una cosa che non bisogna mai fare, perchè se togli la via di fuga, anche l'animale più mansueto diventa una belva. :
Eravamo distanti una trentina di metri (un'alce al galoppo li copre in 4-5 secondi); quandi vidi che partiva la carica verso di me, presi il fucile e lo imbracciai, facendo saltare i coprioculari, tolsi la sicura e cercai il reticolo dell'ottica.
Merda !
Avevo lasciato gli ingrandimenti dello Zeiss Diavari sul max invece che sul minimo (non sarebbe servito a molto comunque , era troppo vicino.
Puntai comunque in direzione della groppa, sopra la testa; l'angolo di tiro era quanto di peggio ci fosse, visto che era frontale; tolsi la sicura e sparai quando era oramai a 5-6 mt di distanza.
Poi mi buttai sulla mia destra, in mezzo la vegetazione.
In quell'istante sentii distintamente 2 colpi in rapida successione provenienti dalla mia destra.
Poi una botta incredibile sul mio braccio/spalla sinistra che mi fece fare un paio di capriole in mezzo ai cespugli e la neve.
Poi il silenzio, rotto solo dopo alcuni secondi dalla voce di Alzata con Pugno che mi chiedeva qualcosa.
Emersi dai cespugli e dalla neve dove l'incornata dell'alce mi aveva mandato; la manica sinistra del giaccone mimetico era tutta strappata, ma per fortuna (ancora una volta) erano gli unici danni.
Raccattai il fucile e mi misi in piedi, mentre l'indiana mi guardava impassibile.
Gli chiesi del “Mos”, facendo il segno con le mani delle grandi corna che aveva.
Lei si girò e me l'ho indicò: era là, steso su un fianco, dove i suoi 2 colpi l'avevano inchiodato.
Ci avvicinammo, e guardai dove era stato colpito; il mio colpo era andato alto, sul collo e sicuramente non era mortale; i suoi 2 invece erano tra spalla e torace, distanti pochi cm.
Colpi da manuale.
Dovetti sedermi, mi tremavano le gambe; non dissi niente, ma avevo visto la morte in faccia.
Mentre mi riprendevo, Lei aveva tirato fuori il suo bowie e aveva tagliato alcuni peli dalla barba; poi mi chiamò e mi fece vedere che probabilmente l'animale, oramai troppo vecchio, non avrebbe superato l'inverno; sulle zampe aveva numerosi morsi di lupi o di altri predatori; aveva anche una vecchia ferita da arma da fuoco su un quarto posteriore.
Le corna erano spezzate in più punti, e attaccati ai “ganci” c'erano ciuffi di peli che Alzata con Pugno mi indicò come lupi.
Il vecchio “raiss” aveva dovuto combattere numerose battaglie per non soccombere in quell'ambiente incredibile.
Per consolarmi, mi dissi che almeno gli avevamo risparmiato la sofferenza di essere sbranato vivo durante il lungo inverno.
Intanto, richiamati dai 3 colpi consecutivi (indice di chiamata di soccorso), stava arrivando tutta la gente del villaggio.
Quando videro l'alce abbattuto, fu uno sprecarsi di pacche sulle spalle; peccato che non l'avevo preso io.
Un paio di tizi si offrirono subito per pulirlo e portarlo al villaggio; dissi subito ok, presi la mia roba e con Alzata con Pugno ci incamminammo verso il villaggio.
La casa dell'indiana era proprio all'inizio; quando fummo davanti, lei si fermò per salutarmi; ma io dissi subito che sarei ritornato, dopo essermi dato una sistemata.
Per la seconda volta in 8 giorni, la vidi sorridere.
Quando arrivai in centro, davanti all'unico negozio-bar-farmacia-armeria, tutti saltarono fuori per congratularsi e offrirmi un boccale di birra.
)
Ringraziai tutti, ma volevo prima darmi una sistemata; prosegui quindi verso la nostra baracca.
Qui finalmente ritrovai Gigggetto; era ritornato il giorno prima, con le pive nel sacco.
)
Quando mi vide, la prima cosa che disse fu :
“Ragazzo datti una sistemata, perchè se ti vedesse adesso Teresa ti ucciderebbe, e poi farebbe lo stesso con me”
E' quello che feci subito.
Quella notte, non riuscii quasi a dormire; non ero più abituato al letto.
)
Al mattino fui svegliato da Gigggetto e dal responsabile dell'organizzazione; voleva sapere se ero disponibile ha vendere la carne dell'alce e il relativo trofeo.
Gli dissi subito di sì; il responsabile prese una borsa e tirò fuori un mazzo di dollari dicendomi :
“Vanno bene 4000 $ per tutto ?”
“Facciamo 4500 $” gli risposi.
Dopo averci pensato su qualche secondo, il tizio disse “Ok”, e mi mise in mano il malloppo.
Gigggetto era allibito.
“Sei pazzo !”
Gli risposi “Vieni con me.”
Ci vestimmo e ritornai alla casa di Alzata con Pugno.
Le 2 vecchie erano fuori che stavano aggiustando le reti dei pescatori; appena mi videro, la chiamarono.
Venne fuori, si era rimessa in abiti civili, e mi sembrava ancora più carina.
La presentai a Gigggetto, che sgranò gli occhi (non l'aveva ancora vista); ovviamente lei restò impassibile.
Poi con i nostri soliti modi a gesti e parole la ringraziai di quella splendida avventura vissuta assieme, e sopratutto di avermi riportato sano e salvo a casa.
E poi, visto che l'alce l'aveva abbattuto lei, gli diedi tutti i soldi.
Ovviamente non voleva, ma io insistetti testardo (ormai mi conosceva); alla fine li prese, ma mi fece capire di aspettare che voleva darmi una cosa.
Andò in casa e dopo alcuni secondi ritornò fuori; in mano aveva un braccialetto fatto con i peli dell'alce intrecciati; se lo mise sul cuore e poi me lo porse, facendomi capire che sarei rimasto nel suo cuore per sempre.
La ringraziai, e gli feci capire che anche per me sarebbe stato lo stesso.
Venimmo via, in silenzio; dopo un po' Gigggetto lo ruppe dicendo :
“Ragazzo mio, ancora un po' e mi avresti fatto piangere...”
Come diceva una vecchia canzone country “Lì dove tutto cominciò e dove, probabilmente, tutto finirà........”
Ho bisogno di esplorare e di sapere.... sempre.