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Caro Massimo,
da oltre due anni subisco da mia moglie la per me dolorosissima privazione della vita sessuale, che lei ha deciso in modo unilaterale con la rinuncia, praticamente, a qualsiasi contatto fisico: anche una carezza appassionata o un bacio (profondo o no). I tentativi di portare la conversazione su questo argomento sono sempre finiti nella totale, sprezzante indifferenza da parte sua e in risposte insofferenti o derisorie, nonostante lei sia realmente consapevole di quanto questo aspetto del rapporto di coppia sia per me sempre stato "portante" (seppure non in modo esclusivo: non esistono, ovviamente, solo il sesso e la fisicità. Non c'è giorno in cui non mi chieda: cos'è l'amore senza carezze, senza sfiorarsi le mani, senza poter stringere la persona amata o senza potersi toccare? Una separazione con conseguente divorzio sarebbe (economicamente parlando) un bagno di sangue che non mi posso permettere: la mia è una famiglia monoreddito - il mio - ed abbiamo due figli da poco maggiorenni a cui dovremo provvedere ancora per anni. Non ho mai tradito mia moglie in tutta la mia vita, nemmeno quando - vivendo in città diverse e lontane - eravamo giovani fidanzati e non mi sarebbe mancata l'occasione di assecondare l'interesse di amicizie femminili emancipate. Ma dopo anni di questa sofferenza, a fronte dell'assoluta, sarcastica noncuranza di mia moglie, non mi vergogno di scrivere che oggi, se mi capitasse l'occasione, la tradirei senza battere ciglio. Con la fastidiosa conseguenza, tra le altre, di finire etichettato (davanti a un immaginario tribunale della coppia, composto magari di quelle stesse donne che, dopo una certa età, "castrano" compagni o mariti) con la pecetta del "solito, biasimevole maschio che, passati i cinquanta, cornifica la compagna di una vita". Ciò di cui mi vergogno, invece, è il bisogno di guardare - quando cammino per la strada - donne giovani e meno giovani: un desiderio inappropriato per un uomo sposato, che certamente non proverei se potessi fare l'amore - almeno una volta ogni tanto - con mia moglie, che ha ancora un corpo bellissimo e desiderabile, ma che da anni è ormai, per me, solo un frutto proibito.
Desperate husband
CARO MARITO DISPERATO,
da quando il tuo collega di astinenze Eterno Ragazzo (di cui ci è appena arrivata una seconda lettera che pubblicheremo nel prossimo numero) ha aperto il rubinetto, sul tavolo della redazione si è rovesciato un profluvio di lamenti maschili e femminili riguardo all'inappetenza sessuale dei partner. Infatti, lo schema "maschio martellatore e moglie contemplativa" non è l'unico presente sul mercato, ma coabita con quello a parti rovesciate, dove il vulcano è lei e il ghiacciaio lui. Sempre più lettori cominciano a mettere in discussione il matrimonio, ritenendolo un istituto innaturale. Necessario per tenere in ordine (o un po' meno in disordine) la società, ma a scapito del benessere sessuale di ciascun individuo. Il manifesto di questi poligami repressi potrebbe essere la lettera che mi spedì già molti anni fa una lettrice, Stefania: "Come può esistere ancora il desiderio fra due persone che convivono da anni? Il desiderio per sua natura si nutre di assenza, di mistero, di conquista. Come si può desiderare una persona che abita, mangia e dorme con noi? Nella migliore delle ipotesi possono sussistere la stima, l'amicizia e l'affetto. Più spesso ci si tollera a vicenda per mancanza di alternative: meglio un rapporto noioso della solitudine e comunque, anche cambiando partner, dopo un po' ci si ritroverà alle prese con gli stessi problemi, perché i problemi non sono delle persone, ma della situazione in sé".
Difficile darle torto, vero? Già Platone provò a metterci una pezza, facendo dire a Socrate nel Simposio che l'amore è desiderio di qualcosa che ci manca e che quindi, per rimanere accesa, una coppia ha bisogno di continuare a mancarsi. Ma come faccio a sentire la mancanza di una persona che sta accanto a me da una vita? Il tradimento rimane una ricetta rischiosa e provvisoria. La paura di perdere la persona che davi per scontata può stimolare una reazione di riconquista, ma, ristabilito il "controllo", tutto ricomincerà come prima, con l'aggiunta di una reciproca diffidenza.
L'harem (uno per il marito e uno per la moglie, ovviamente) è più una battuta che una soluzione, perché non semplifica il problema, ma lo moltiplica. In attesa di un'evoluzione spirituale dell'umanità, che non prevedo giungere a compimento nel breve periodo, rimango aggrappato all'unica legge d'amore che riconosco: quella dell'equilibrio. Se entrambi i partner sublimano l'amore oltre l'eros, evviva gli sposi. Ma se uno dei due ha sublimato e l'altro (per esempio tu) non ancora, se ne dovrebbe prendere atto, accettando l'idea che un simile squilibrio determinerà fatalmente una rottura.
Caro Massimo,
da oltre due anni subisco da mia moglie la per me dolorosissima privazione della vita sessuale, che lei ha deciso in modo unilaterale con la rinuncia, praticamente, a qualsiasi contatto fisico: anche una carezza appassionata o un bacio (profondo o no). I tentativi di portare la conversazione su questo argomento sono sempre finiti nella totale, sprezzante indifferenza da parte sua e in risposte insofferenti o derisorie, nonostante lei sia realmente consapevole di quanto questo aspetto del rapporto di coppia sia per me sempre stato "portante" (seppure non in modo esclusivo: non esistono, ovviamente, solo il sesso e la fisicità. Non c'è giorno in cui non mi chieda: cos'è l'amore senza carezze, senza sfiorarsi le mani, senza poter stringere la persona amata o senza potersi toccare? Una separazione con conseguente divorzio sarebbe (economicamente parlando) un bagno di sangue che non mi posso permettere: la mia è una famiglia monoreddito - il mio - ed abbiamo due figli da poco maggiorenni a cui dovremo provvedere ancora per anni. Non ho mai tradito mia moglie in tutta la mia vita, nemmeno quando - vivendo in città diverse e lontane - eravamo giovani fidanzati e non mi sarebbe mancata l'occasione di assecondare l'interesse di amicizie femminili emancipate. Ma dopo anni di questa sofferenza, a fronte dell'assoluta, sarcastica noncuranza di mia moglie, non mi vergogno di scrivere che oggi, se mi capitasse l'occasione, la tradirei senza battere ciglio. Con la fastidiosa conseguenza, tra le altre, di finire etichettato (davanti a un immaginario tribunale della coppia, composto magari di quelle stesse donne che, dopo una certa età, "castrano" compagni o mariti) con la pecetta del "solito, biasimevole maschio che, passati i cinquanta, cornifica la compagna di una vita". Ciò di cui mi vergogno, invece, è il bisogno di guardare - quando cammino per la strada - donne giovani e meno giovani: un desiderio inappropriato per un uomo sposato, che certamente non proverei se potessi fare l'amore - almeno una volta ogni tanto - con mia moglie, che ha ancora un corpo bellissimo e desiderabile, ma che da anni è ormai, per me, solo un frutto proibito.
Desperate husband
CARO MARITO DISPERATO,
da quando il tuo collega di astinenze Eterno Ragazzo (di cui ci è appena arrivata una seconda lettera che pubblicheremo nel prossimo numero) ha aperto il rubinetto, sul tavolo della redazione si è rovesciato un profluvio di lamenti maschili e femminili riguardo all'inappetenza sessuale dei partner. Infatti, lo schema "maschio martellatore e moglie contemplativa" non è l'unico presente sul mercato, ma coabita con quello a parti rovesciate, dove il vulcano è lei e il ghiacciaio lui. Sempre più lettori cominciano a mettere in discussione il matrimonio, ritenendolo un istituto innaturale. Necessario per tenere in ordine (o un po' meno in disordine) la società, ma a scapito del benessere sessuale di ciascun individuo. Il manifesto di questi poligami repressi potrebbe essere la lettera che mi spedì già molti anni fa una lettrice, Stefania: "Come può esistere ancora il desiderio fra due persone che convivono da anni? Il desiderio per sua natura si nutre di assenza, di mistero, di conquista. Come si può desiderare una persona che abita, mangia e dorme con noi? Nella migliore delle ipotesi possono sussistere la stima, l'amicizia e l'affetto. Più spesso ci si tollera a vicenda per mancanza di alternative: meglio un rapporto noioso della solitudine e comunque, anche cambiando partner, dopo un po' ci si ritroverà alle prese con gli stessi problemi, perché i problemi non sono delle persone, ma della situazione in sé".
Difficile darle torto, vero? Già Platone provò a metterci una pezza, facendo dire a Socrate nel Simposio che l'amore è desiderio di qualcosa che ci manca e che quindi, per rimanere accesa, una coppia ha bisogno di continuare a mancarsi. Ma come faccio a sentire la mancanza di una persona che sta accanto a me da una vita? Il tradimento rimane una ricetta rischiosa e provvisoria. La paura di perdere la persona che davi per scontata può stimolare una reazione di riconquista, ma, ristabilito il "controllo", tutto ricomincerà come prima, con l'aggiunta di una reciproca diffidenza.
L'harem (uno per il marito e uno per la moglie, ovviamente) è più una battuta che una soluzione, perché non semplifica il problema, ma lo moltiplica. In attesa di un'evoluzione spirituale dell'umanità, che non prevedo giungere a compimento nel breve periodo, rimango aggrappato all'unica legge d'amore che riconosco: quella dell'equilibrio. Se entrambi i partner sublimano l'amore oltre l'eros, evviva gli sposi. Ma se uno dei due ha sublimato e l'altro (per esempio tu) non ancora, se ne dovrebbe prendere atto, accettando l'idea che un simile squilibrio determinerà fatalmente una rottura.