Cinthya, nera formosa ma tonica. OTR alla Pellerina, recensisco qui perché siamo finiti a casa sua e quindi come se fosse loft. Io totalmente sverso alla guida della mia GTD nera, sedili sparco, tettuccio apribile, alle prese con ciuca triste causa mal d’amore, cerco una pay di felicità o forse un palo in fronte. In zona semibuia trovo il consueto macello all’aperto e mi fermo dalla più simpatica o da quella che non mi urla EI BELO, POMPINO!
Le biascico un come ti chiami, ma capisce male e mi risponde venti! Ok, ti chiami venti, sali in macchina..
Dopo capisco che ne vuole venti ma si chiama Cinthya, io conoscevo un’altra nera di nome Cinthya ma era grossa come un corazziere col pennacchio e questa mi arriva alla spalla, allora diventa Cinthya piccola per il resto della mia vita. Armeggio col portafoglio ma a parte una scheda telefonica sgasata e monetine, nessun venti… ah.. però trovo un bancomat!! Prendi il bancomat chiedo a C.piccola? Nei fumi alcoolici immagino di strisciarle il bancomat tra le piccole labbra per prelevare ma lei mi risuona la sveglia e mi accompagna ad uno sportello. Lo sportello.. si, ma il numero? La ciuca è triste e anche potente, il numero non mi viene.. le dico cambiamo sportello! Ma il numero non mi viene neanche lì, certo… Cosa facciamo C.piccola? ti riaccompagno? No, mi dice, stavo finendo, vieni a casa mia, domattina mi paghi! Come se fosse la cosa più normale del mondo la seguo come un cagnolino fino in via San Donato, la via che mi è più cara.
Saliamo le scale di un cortiletto, entriamo e scendiamo, io dalle timberland e lei dagli zatteroni. Adesso mi arriva sotto la clavicola, ma sempre troppo su per i miei gusti..
Si spoglia, non come davanti un cliente ma come se fosse sola a casa sua, io sono un italiano scemo e ubriaco ed è come se non ci fossi. Ha il corpo più magnifico, tornito, proporzionato e invitante che abbia mai visto. Non ricordo più le cause del mio mal e la ciuca d’improvviso torna allegra…
Mi invita con ampi gesti ad entrare nel pagliericcio, a me, che credevo di dover restare in piedi vicino la porta tutta la notte ad osservarla di nascosto.
Entro ed è il pagliericcio della felicità: lei è di quelle donne calde d’inverno e fresche d’estate senza bisogno che le rivolti a fine stagione. Si struscia, mi sfrega, mi sale sopra, cade da cavallo, si immerge, poi riemerge, si prodiga in ogni modo come un asmatico che cerca di gonfiare a bocca un materassino da campeggio a due piazze! Poi sentiamo assieme il suono sinistro e continuato del battito piatto.. decretiamo la fine: il pisello di calacausi è morto alle ore 2.50 di una notte d’inizio estate. Adesso mi posso rilassare finalmente, la faccio ridere (anche prima veramente), conto con le dita tutti gli interstizi dove posso infilargliele e me ne avanzano solo due.. le consumo la pelle levigata a forza di carezzarla e infine mi addormento come un babirussa che sogna di dormire e nel sonno di sognare… mi risvegliano tre cose, forse quattro: le fitte alla testa, gli spiragli di luce dalle persiane, il pagliericcio vuoto e un penetrante odore di pollo fritto! La Donna nera è nuda, in piedi davanti al fornello che frigge pezzi di pollo in una casseruola colma di olio di colza.. prima di essere invitato a consumare il pollo forse vittima di qualche rito magico, mi offro di uscire a comprare i cornetti freschi. Colazione già servita sul tavolo.. latte e biscotti per l’ospite bianco borracio! Mangio, le guardo il culo meravigliato, bevo, le guardo la bella schiena dritta, svengo quasi per il fritto di pollo nelle narici e rifletto sulle doti fisiche superiori di questi nostri progenitori africani..
Lei non mi ha ancora chiesto nulla di nulla, mi tratta come si farebbe con un famiglio minorato da accudire! Quando le dico che esco a prelevare ora che ricordo il numero, non ha la minima titubanza.. così esco, prelevo e ritorno col venti, coi cornetti e una rosa fresca. Tante grazie e arrivederci, ma una fortuna così non mi ricapiterà mai più in tanti anni.
Si, perché questa rece si chiama “ritorno al futuro” non per caso. E’ successo tutto, ma è successo 18 anni fa, nel ’94, quando la pellerina era il parco delle nere, quando venti era un bel regalino di ventimila lire, e io ero un giovane coglionciotto con gli occhi stupiti.
Lo so, questa rece non servirà a nessuno per replicare l’incontro, ma servirà forse a ricordarci che a parte il regalo, a parte il mestiere, non dobbiamo smettere di cercare in giro anche qualche piccola emozione duratura. Con piacere vi ho comunicato la mia…
http://tinyurl.com/lkhxarpTorno subito...
Le biascico un come ti chiami, ma capisce male e mi risponde venti! Ok, ti chiami venti, sali in macchina..
Dopo capisco che ne vuole venti ma si chiama Cinthya, io conoscevo un’altra nera di nome Cinthya ma era grossa come un corazziere col pennacchio e questa mi arriva alla spalla, allora diventa Cinthya piccola per il resto della mia vita. Armeggio col portafoglio ma a parte una scheda telefonica sgasata e monetine, nessun venti… ah.. però trovo un bancomat!! Prendi il bancomat chiedo a C.piccola? Nei fumi alcoolici immagino di strisciarle il bancomat tra le piccole labbra per prelevare ma lei mi risuona la sveglia e mi accompagna ad uno sportello. Lo sportello.. si, ma il numero? La ciuca è triste e anche potente, il numero non mi viene.. le dico cambiamo sportello! Ma il numero non mi viene neanche lì, certo… Cosa facciamo C.piccola? ti riaccompagno? No, mi dice, stavo finendo, vieni a casa mia, domattina mi paghi! Come se fosse la cosa più normale del mondo la seguo come un cagnolino fino in via San Donato, la via che mi è più cara.
Saliamo le scale di un cortiletto, entriamo e scendiamo, io dalle timberland e lei dagli zatteroni. Adesso mi arriva sotto la clavicola, ma sempre troppo su per i miei gusti..
Si spoglia, non come davanti un cliente ma come se fosse sola a casa sua, io sono un italiano scemo e ubriaco ed è come se non ci fossi. Ha il corpo più magnifico, tornito, proporzionato e invitante che abbia mai visto. Non ricordo più le cause del mio mal e la ciuca d’improvviso torna allegra…
Mi invita con ampi gesti ad entrare nel pagliericcio, a me, che credevo di dover restare in piedi vicino la porta tutta la notte ad osservarla di nascosto.
Entro ed è il pagliericcio della felicità: lei è di quelle donne calde d’inverno e fresche d’estate senza bisogno che le rivolti a fine stagione. Si struscia, mi sfrega, mi sale sopra, cade da cavallo, si immerge, poi riemerge, si prodiga in ogni modo come un asmatico che cerca di gonfiare a bocca un materassino da campeggio a due piazze! Poi sentiamo assieme il suono sinistro e continuato del battito piatto.. decretiamo la fine: il pisello di calacausi è morto alle ore 2.50 di una notte d’inizio estate. Adesso mi posso rilassare finalmente, la faccio ridere (anche prima veramente), conto con le dita tutti gli interstizi dove posso infilargliele e me ne avanzano solo due.. le consumo la pelle levigata a forza di carezzarla e infine mi addormento come un babirussa che sogna di dormire e nel sonno di sognare… mi risvegliano tre cose, forse quattro: le fitte alla testa, gli spiragli di luce dalle persiane, il pagliericcio vuoto e un penetrante odore di pollo fritto! La Donna nera è nuda, in piedi davanti al fornello che frigge pezzi di pollo in una casseruola colma di olio di colza.. prima di essere invitato a consumare il pollo forse vittima di qualche rito magico, mi offro di uscire a comprare i cornetti freschi. Colazione già servita sul tavolo.. latte e biscotti per l’ospite bianco borracio! Mangio, le guardo il culo meravigliato, bevo, le guardo la bella schiena dritta, svengo quasi per il fritto di pollo nelle narici e rifletto sulle doti fisiche superiori di questi nostri progenitori africani..
Lei non mi ha ancora chiesto nulla di nulla, mi tratta come si farebbe con un famiglio minorato da accudire! Quando le dico che esco a prelevare ora che ricordo il numero, non ha la minima titubanza.. così esco, prelevo e ritorno col venti, coi cornetti e una rosa fresca. Tante grazie e arrivederci, ma una fortuna così non mi ricapiterà mai più in tanti anni.
Si, perché questa rece si chiama “ritorno al futuro” non per caso. E’ successo tutto, ma è successo 18 anni fa, nel ’94, quando la pellerina era il parco delle nere, quando venti era un bel regalino di ventimila lire, e io ero un giovane coglionciotto con gli occhi stupiti.
Lo so, questa rece non servirà a nessuno per replicare l’incontro, ma servirà forse a ricordarci che a parte il regalo, a parte il mestiere, non dobbiamo smettere di cercare in giro anche qualche piccola emozione duratura. Con piacere vi ho comunicato la mia…
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