Anche il nome di questa Anna deve essere accompagnato dall’ordinale, poiché a Milano occupa il posto che fu di una omonima e connazionale: viale Tibaldi, procedendo verso i Navigli, a destra dopo il semaforo di via Castelbarco, 45.44 58 12, 9.18 72 22.
È una magrolina alta sull’1,60, seno non visto, ma al tatto direi non più di una seconda scarsa, coscette snelle e culo in proporzione. Ha un viso rettangolare, caruccio ma spigoloso, occhi verdi (dice lei, marroni chiari pareva a me) dallo sguardo severo, capelli di volta in volta fra il castano chiaro e scuro, lunghi e di norma sciolti. Dichiara 20 anni, che la pelle del viso mi ha fatto pensare possano essere approssimati per (lieve) difetto. Abiti serali di norma alquanto rigorosi hanno contribuito alla seriosità percepita. Poi l’estate ha avuto il sopravvento: quando l’ho caricata aveva ora un miniabito intero ora i pantaloncini alle natiche, senza collant.
Albanese, mi pare capisca tutto ma non riesce ancora ad esprimersi fluentemente in italiano, tanto che la nostra reciproca conoscenza è stata rimandata per molte settimane da un equivoco iniziale, quando, appena approdata al suo angolino, alla richiesta di farmi un pompino mi aveva risposto nettamente e cortesemente di no (!). In ogni caso non porta il suo cipiglio stradale con sé in macchina, dove si pone in modo sorridente e tranquillo.
Fa il solito tariffario per pompino protetto (20) e boccafiga protetto (30), in più 50 per il pompino senza preservativo, l'anale in macchina preferisce non farlo. Io le ho pagato due boccafiga coperti.
Per dare l’idea della sua comunicativa, diretta ma macchinosa quando prova a spiegarsi, riferisco della difficile indagine sulla sua stazione diurna. Notando l’abbronzatura le chiedo se fosse piscina, mi risponde “no, lavoro!”. Prende il sole, infatti, a Rosate, ma l’ubicazione precisa non riesce a darmela. Lì opera in macchina ai soliti costi, ma dispone anche di casa d’appoggio. Le chiedo a quale prezzo e mi risponde 50. Emetto un mugolio di assenso, che lei interpreta come dubbioso o critico e dice che la sua amica vuole 60. Pone quindi una domanda che ritiene importante: “Preferisci tu 50 o 60 ?” Azzardo una risposta, per la quale non occorrerebbe la confidenza con i numeri di Ettore Majorana: “50” Poi le domando quanto chiede per farsi sodomizzare in casa. “Cosa daresti tu?” Stavolta mi faccio sorprendere impreparato e per il momento classifico interiormente: anale a offerta libera.
Porta in un parcheggio non attaccato al luogo di ingaggio, ma non protetto rispetto al traffico della circonvallazione, sovraffollato di colleghe e talvolta con passaggio anche a notte inoltrata (ma noi non ne siamo stati disturbati). Dispone però di un’alternativa, dove acconsente anche a posizioni in esterni e dove, almeno la seconda volta, mi avrebbe condotto. Per il parco si dovrebbe insistere, perché la disturbano molto le zanzare.
Tecnica molto di base. Fa un po’ di sega prima, per coprirlo più comodamente almeno in uno stato di semi-eccitazione, con il mio preservativo e chiedendo il mio aiuto per non farmi male (!). Il pompino è in sostanza una degustazione della cappella, lenta e salivata, ma di scarsa grinta, diciamo pure di una levità sedativa. A scopare venendo sopra di me mi preannuncia che si stanca. Alla pecorina invece ci sta, però la prima volta non riesce a posizionarsi fra i due sedili anteriori reclinati, a mia volta io dietro di lei sul sedile passeggero fatico molto a spingere, sicché le fasi ultime le sbrighiamo di mano. La seconda volta ci coordiniamo meglio, lei riesce a posizionarsi fra i due sedili, anche se non so come, penso appoggi sulle ginocchia e stia più arretrata di quanto sarebbe possibile, mi costringe in tensione in piedi dietro di lei, più laborioso che seguirla dappresso a mia volta in ginocchio sui sedili, ma chiappe ed esili cosce brune a ranocchietta, che lecco e tocco, stimolano molto il desiderio, sicché, dopo una sua rapida insalivazione dell’ingresso, partiamo senza problemi e felicemente, pure se ansimante, giungo al traguardo. Accompagna con simulazione discretissima, poi mi chiede lietamente “finito?” e sorveglia il momento in cui mi sfilo.
Anna è ragazza dei contrasti perché in strada aspetta con un muso che promette il peggio, un velo che scompare subito, svelando una fisicità disinvolta che però non corrisponde a maestria professionale, accompagnata da un’attitudine comunicativa, non sostenuta d’altra parte dalla conoscenza della lingua. È disponibile, ma ha poca maestria e savoir-faire: quando ad esempio le cerco le tette mi incoraggia, ma non fa niente per agevolare la mia incursione fra reggiseno e maglietta.
Ciò che in ogni caso mi è piaciuto di Anna già la prima volta è la corporeità schiettamente non borghese, che si accompagna alla sua socievolezza al contempo aperta ed elementare, e che riscatta i suoi impacci. La seconda volta, prima di iniziare, si fa la sua bella pisciata preliminare accovacciata presso la portiera aperta, a portata di vista e ad uso anche del cliente della collega. Si toglie le scarpe per non sporcarmi il sedile perché durante il pompino vi appoggia sopra i piedi come raccogliendovisi a ginocchia divaricate, ma la prima volta tarda un po’ a sfilarsi le mutandine, così accarezzo le gambe incontrandovi una leggera ispidezza. Intanto con il busto mi si sdraia letteralmente addosso, stendendo la mano libera sulle mie gambe; ma non è quello schiacciamento greve che altre volte avverto, bensì un appoggio di piacevole naturalezza. Preparandosi alla copula si decompone letteralmente e dissemina oggetti dappertutto, lascia il cellulare sul cruscotto, così che quando riavvio le cade e poi si affanna a cercarlo a terra. Ricomponendosi si stira e punta i piedini nudi sul cruscotto. Nel complesso, insomma, un’immediatezza di contatto, posture slegate e non irrigidite dalle autodiscipline moderne che, pur latitando destrezze libertine (o grazie alla latitanza di destrezze libertine), hanno creato una sciolta spontaneità d’approccio.