CITTA DELL'INCONTRO: Bologna
NOME INSERZIONISTA: Gabriella (Gabryela, Gabryella o semplicemente Gabry)
NAZIONALITA': ungherese
ETA': 28
CONFORMITA' ALL'ANNUNCIO: sì
SERVIZI FRUITI: BBJ, RAI1, FK
RATE DI PARTENZA: 200 per un’ora
RATE CONCORDATO: 200
DURATA DELL’INCONTRO: 60 minuti
DESCRIZIONE FISICA: alta intorno ai 165 cm.
ATTITUDINE: eccellente
REPERIBILITA': buona
FUMATRICE: non so
INDEX: IDXc386c2aba9bd368bb29a5ebb463da6d0
BARRIERE ARCHITETTONICHE: sì
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Prima di passare al racconto della mia esperienza con Gabriella (che risale a tre settimane fa), rivolgo un saluto agli amici di Bologna, i cui contributi leggo con costanza e sempre con grande interesse.
Ho dovuto compiere quattro tentativi per incontrare Gabriella. La chiamo alla fine di dicembre e poi a gennaio, ma lei non è in Italia. La richiamo a marzo, ma non è scritto, evidentemente, che le nostre strade s’incrocino quel sabato mattina. Gabriella risponde al telefono, ma m’invita a richiamarla dopo le 14. La mia domanda: “E cioè?...” non serve a ottenere da lei una risposta più precisa e meno sbrigativa di quella che mi ha già dato. Gabriella cambia la forma, ma non la sostanza della comunicazione: “Mi devi richiamare dopo pranzo”. La genericità e, ancor più, la laconicità della risposta m’inducono a desistere. D’altro canto, dovrò allontanarmi da Bologna in giornata. Se mi avesse fissato un appuntamento per le 15 o anche per le 16, sarei rimasto ad aspettare che si liberasse. Avendomi lasciato nell’incertezza, devo rinunciare a incontrarla, almeno per il momento.
Faccio un altro tentativo sei giorni dopo. È venerdì pomeriggio, sono le IDX1b2a73890487ddffba9286becae1853a e telefono, anche per questo, con poca convinzione: “Chissà quanti appuntamenti avrà già preso” – penso, preparandomi ad assorbire l’ennesima delusione e a dirigermi altrove. “In questo momento della giornata sarà quasi sicuramente impegnata” – considero ancora, mentre il suo cellulare squilla una, due, tre volte… Invece, no: risponde ed è disposta a incontrarmi! Concordiamo, quindi, che sarò da lei alle IDXa76f8f326ba607841d8883a676ee30f3 All’ora stabilita, puntualissimo, sono al civico di Via Donato Creti che Gabriella mi ha indicato.
Mi guida nella prima stanza a sinistra (essendo arrivata prima di lei, l’ultima volta, Eva ha preso possesso della camera migliore). La ammiro, in piedi davanti a me. “Ti piaccio?”, mi domanda. “Molto!”, rispondo, avanzando verso di lei e appoggiando le mani sui suoi fianchi. Lei si avvicina per baciarmi e mi coglie di sorpresa: dischiudo le labbra per far passare la sua lingua, che chiede spazio, ma la mia reazione è tardiva, e lei istintivamente si ritrae. Per rimediare, le accarezzo il viso e le dico che dal vivo sembra molto più giovane. &ldquo

avvero? Meglio così, no?” – commenta. Stabiliamo, quindi, la durata del convegno (propongo un’ora, a lei va bene), e vengo informato dell’entità del “regalino” (4VU), che sono autorizzato a consegnare alla fine dell’incontro.
Ho fatto una doccia poco prima in hotel, ma vado in bagno ugualmente, per darmi una rinfrescata, lavarmi i denti (per la seconda volta in mezz’ora&hellip

e sciacquare la bocca con il collutorio, come faccio ogni volta per abitudine.
Quando torno nella stanza, i capelli di Gabriella non sono più sciolti ma raccolti in un’unica, lunga treccia. Il suo viso ha la freschezza di quello di un’adolescente! Il battito del mio cuore è un po’ accelerato. Mi sento emozionato, glielo dico, e lei mi rassicura con tono dolce: “Non ti preoccupare”. Ci trasferiamo sul letto, e lì l’ansia si scioglie progressivamente, lasciando libero di crescere, in me, il desiderio di lei: mentre ci scambiamo baci, abbracci, carezze; mentre ghermisce il mio membro con la mano per sentirne la durezza e per stimolarlo; mentre vi si dedica con la bocca, che sento avvolgermi con delicatezza; mentre seguo il profilo del suo corpo, accarezzandole le guance, i capelli, la treccia, il seno, i glutei; mentre la guardo attendere al suo ufficio con sapienza; mentre incrocio il suo sguardo; mentre le sue mani mi levigano dolcemente l’addome, i fianchi, il petto.
Dopo aver usufruito di un’eccellente lavorazione, le chiedo di farmi indossare il profilattico, e lei provvede, avendo cura di far scorrere il guanto ben bene lungo l’asta. “Non ti stringe, vero?”, domanda a operazione completata. “No, per niente” – rispondo – “lo sento aderire bene, ma non stringere”. Lei aggiunge, con il tono e l’espressione compiaciuti di chi cerca l’approvazione altrui per un compito eseguito a dovere: “Ti ho messo un XXL…”. “Addirittura?!”, commento io, e lei ribadisce con convinzione: “Sì, certo!”, dopo di che mi lubrifica con un po’ di gel e viene su di me, lasciandosi penetrare gradualmente. Dice: “Mi piaci. Sei un uomo molto curato”. Si muove lentamente, con delicatezza. Socchiudo gli occhi, per trasmetterle il piacere che provo mentre le pareti della sua vagina mi fasciano progressivamente, cedendomi il loro calore. Le accarezzo le guance, mentre i suoi grandi occhi cercano nei miei, e nel mio volto, i segni del piacere che intende donarmi. Bacio qualunque parte del suo corpo venga a contatto con la mia bocca. La stringo a me, e lei si china sul mio petto. Abbandonandomi, per un attimo, all’impulso animalesco, piego leggermente le gambe per sollevare il mio bacino e premo contemporaneamente con le mani sui suoi glutei, ma sento, a un certo punto, che non posso andare oltre. Solleva la testa dalla mia spalla e mi guarda. Non parla, eppure odo ugualmente le parole che non pronuncia (“Ma dove vuoi arrivare?&rdquo

. Lascio fare a lei, quindi, e mi affido, come prima, alla sua ars. Quando voglio la sua bocca, la trovo lì ad accogliere la mia: non lascia mai che io chieda “pietà di baci”. La sua partecipazione mi sembra di tipo professionale, ma poco importa. Faccio quel che farei, e come lo farei, con qualunque altra donna mi coinvolgesse quanto Gabriella, e lei si presta senza farmi mancare nulla, cercando di prevenire, anzi, con la sua spiccata sensibilità, ogni mia esigenza. L’amplesso ha termine, a una mezz’ora circa dall’inizio, nella posizione del missionario.
Dopo le pulizie, si accosta a me, ed io passo un braccio dietro la sua schiena, mentre lei ripiega una coscia sulla mia. Chiacchieriamo un po’, e capisco, forse, perché Gabriella riesca a dispensare cure così amorevoli. Con le dita della mano attraversa più volte i miei capelli – quasi con diletto –, riordinandoli e volgendoli all’indietro.
La voglio ancora. Quando glielo dico, mi sembra di cogliere in lei un po’ di esitazione. Non ho modo, tuttavia, di soffermarmi su quella sensazione, perché Gabriella mi chiede cosa voglia fare e come. Ci disponiamo nella posizione a cucchiaio, con la sua schiena che aderisce al mio petto e con le teste accostate. Ho l’impressione che questa posizione piaccia molto anche a lei. Me lo fanno ritenere il modo in cui si muove e il suo ansimare, interrotto, di tanto in tanto, da piccoli gemiti e da commenti di approvazione per quello che faccio. Le do baci a decine: in bocca, sulla guancia, sui capelli, sul collo, sul braccio… Arrivo più volte in prossimità del secondo traguardo, ma mi disturba la consapevolezza del tempo che inesorabilmente si consuma. Mi viene spontaneo, allora, sussurrarle: “Non ti preoccupare del tempo che passa”, per ottenere l’assenso a prolungare il convegno. Gabriella spazza via ogni mia illusione: “Purtroppo, mi devo preoccupare, perché tra poco ho un impegno con un altro cliente in duo con Eva”. La sensazione che avevo avuto era corretta. Mi ritraggo, quindi, e mi scuso per aver concepito l’idea di poter disporre a mio piacimento del suo tempo.
Dispiaciuta di avermi dovuto dare una delusione, diventa ancora più premurosa. “Vuoi che ti faccia venire con la bocca?”, mi domanda. Le rispondo di no. Mentre comincio a rivestirmi, aggiunge: “Abbiamo ancora qualche minuto. Vogliamo provare in un altro modo? Anche se andiamo un po’ oltre l’ora, non fa niente…”. “Ti ringrazio” – replico – “ma non voglio creare problemi a nessuno. Comunque, non riuscirei a concludere nulla, sapendo di disporre di poco tempo”. Sente il bisogno di chiarire: “Te lo avrei detto all’inizio, se mi avessi chiesto di stare con me più di un’ora. Non ce n’è stato bisogno, perché tu hai detto che volevi stare un’ora. Mi dispiace”. Mi avvicino, la accarezzo, la bacio e la rassicuro: “Sono stato benissimo con te: tanto bene da avere avuto il desiderio di rimanere ancora. Se non è possibile, perché hai preso già un altro impegno, non posso certo fartene una colpa”.
Terminata la vestizione, quando sto per dirigermi verso l’uscita, è costretta a ricordarmi che non ho lasciato il “regalino”. “Che figuraccia!” – dico a mezza voce –, e lei: “No, anzi, mi fa piacere: vuol dire che non ti è sembrato di stare con una escort…”. Si avvia alla porta precedendomi, poi si volta per salutarmi.
Pochi gradini e sono in strada. Passo dopo passo, ripercorro anche le sensazioni che mi hanno attraversato – scosso, direi più propriamente – nelle ultime ore: attesa e incertezza, prima di chiamarla; ansia, mentre mi recavo all’appuntamento e anche lì, davanti a Gabriella; gratificazione, mentre mi concedeva il suo corpo; frustrazione, quando sono stato costretto, mio malgrado, a separarmene. Mi sovvengono, allora, i versi del Sommo Poeta (che non sia irriverente rievocarli in questa sede? … Ma no!): "par che de la sua labbia si mova un spirito soave pien d'amore, che va dicendo a l'anima: Sospira”. E l’anima mia sospira mentre mi allontano da Gabriella, portando via con me, impressa negli occhi, l’ultima istantanea del suo volto.
Tutto quanto precede è frutto della mia fantasia, cosicché l’eventuale riferibilità di elementi contenuti nella scheda e nel racconto a persone, a luoghi o a numeri di telefono realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.