Visto che è stata rievocata Elisa, che invero da un po’ non vedo in attività, condivido un episodio, non per rincarare la dose, ma al contrario per sdrammatizzare il problema sicurezza in zona. Vorrei infatti tranquillizzare i colleghi nell’esercizio del nostro passatempo, con un racconto che testimonia come spesso ci si faccia condizionare da fantasie ambientali almeno in parte ingiustificate: tante pattuglie, qualche brutto ceffo, molto squallore urbano (quello sì
e ti immagini chissà cosa, quando la realtà è che non stai rischiando nulla, non stanno cercando te, mentre magari i pericoli veri, che certo non mancano, sono in agguato dove non li aspetti.
Una sera, al nostro primo e unico incontro, faccio il taxista di Elisa, cioè la porto a casa a fine turno, il che significa, come per non poche ragazze di viale Ortles, al campo di Chiaravalle. Durante il tragitto, ricordo distintamente questa singolarità, ci intratteniamo con una piacevole e innocente disquisizione sulle origini delle differenze calendariali fra la chiesa cattolica e quella ortodossa nella fissazione della data della Pasqua. Lei ovviamente non ne sa granché e dice che chiederà a sua madre. Per arrivare a destinazione imbocchiamo un budello a forma di L. È fatale che, per quanto mi ritenga alieno da pregiudizi, nell’approccio a certi ambienti sociali operino suggestioni negative, sicché, nel deserto intorno, non posso non notare nello specchietto che, quando entriamo nell’area del campo, due macchine si infilano subito dopo di noi. Elisa dice che forse è un suo cliente che le aveva detto l’avrebbe raggiunta, storia che invero non mi convince, e mi chiede se mi fermo un momento con lei. D’accordo. Aspettiamo in un punto cieco oltre il gomito, però questo fantomatico cliente non ci raggiunge. Constato che Elisa diventa realmente nervosa, cosa che paradossalmente mi rassicura, perché significa che perlomeno la strana situazione non è una trappola tesa ai miei danni in cui la ragazza ha fatto da esca. Dice di avere paura a scendere. Va beh, dico, allora vediamo chi e perché ci attende alle spalle, giro l’auto per uscire dall’imbuto e torno indietro. Essendo dubbio da parte delle forze dell’ordine tanto accanimento da volerci stanare lì dentro, per di più con queste modalità da agguato, resta la sciagurata ipotesi di un gruppetto di balordi che abbia fiutato la possibilità di bottinare un paio di cellulari, l’incasso della serata e chissà cos’altro. Svolto, e nel trovarmi davanti le due macchine affiancate, che ci ostruiscono la strada, i quattro fari paralleli, per un attimo è un brivido. Ma continuo la marcia e quando mi avvicino fanno docilmente ala per lasciarci passare. La mia passeggera riconosce le livree, esclama tutta ilare, dissolvendo la tensione: è la Sicurezza! Eh già, la nostra eroica avventura è consistita nel fronteggiare due uomini della sicurezza privata che stanchi, durante le ronde della tarda notte, si sono fermati a fare quattro chiacchiere dietro di noi. Tutto qua! Rapidissimi saluti ed Elisa si allontana serena a godersi il meritato riposo, mentre il puttaniere può tornare incolume nel nido delle sue rassicurazioni borghesi.