Un'antica leggenda narra che ai confini della Normandia viveva un cavaliere il cui nome causava terrore in tutta la regione. Dotato di fascino e bel portamento, era vanitoso, sleale e crudele. Non temeva Dio, né gli uomini. Poiché amava vestirsi sempre con abiti scuri, per tutti era il "Cavaliere Nero". Andava a mignotte, non seguiva la Messa né ascoltava le prediche.
Venne tempo di Pasqua, e un Venerdì Santo gridò ai cuochi: "Preparatemi per pranzo il cinghiale che ho cacciato ieri..."
Nel sentirlo i suoi vassalli esclamarono: "Signore, oggi tutti digiunano, e voi volete mangiare carne? Credeteci, Dio finirà per punirvi."
"Fino a quel giorno io avrò trombato cento mignotte...", ribadì.
"Siete sicuro che Dio tollererà queste vostre mancanze? Voi dovreste pentirvi subito, Signore. In un bosco vicino vive un monaco, un uomo di grande santità. Andiamoci e confessiamoci." insistettero i vassalli.
"Confessarmi, io? Mai!" rispose con disprezzo il cavaliere.
"Venite almeno a farci compagnia..."
"Per divertirmi, ve lo concedo. Magari, lungo il cammino, mi fermerò alla locanda per trombarmi una cortigiana."
Si misero in cammino. In mezzo alla foresta solitaria e quieta, trovarono nella piccola cappella il sant'uomo. Entrarono tutti e si confessarono, tranne il cavaliere. Avvertito dai penitenti, l'eremita uscì e andò incontro al loro signore che era rimasto sul cavallo e gli disse: "Siate benvenuto, signore. Poiché siete un cavaliere, dovreste essere cortese. Smontate e venite a parlare con me."
"Parlare con voi? Perché diavolo dovrei farlo? Sono di fretta."
"Entrate e conoscete la mia cappella e la mia casa."
Controvoglia e brontolando, il cavaliere scese dal cavallo. Il monaco lo prese per braccio, lo condusse davanti all'altare e gli disse: "Signore, uccidetemi se volete, ma non uscirete da qui senza prima confessarvi."
"Non racconterò nulla! Non so cosa mi impedisce di uccidervi..."
"Fratello, ditemi un solo peccato. Dio vi aiuterà a confessare gli altri..."
"Poi mi lascerete in pace? Bene, lo farò, ma non mi pentirò di niente, proprio di niente." E con grande arroganza raccontò in un solo colpo i suoi numerosi peccati.
"Signore, per lo meno assoggettatevi a una penitenza." disse il santo monaco.
"Come? Penitenza? Mi prendete in giro?" gridò furioso il cavaliere.
"
igiunerete tutti i venerdì per tre anni."
" Voi siete matto, non lo farò mai!"
"Allora, per un mese..."
"Neanche morto."
"Andrete in una chiesa e direte lì un Padre Nostro e una Ave Maria."
"Per me sarebbe troppo noioso, e poi... è tempo perso."
"Allora, visto che siete così arrogante e vi credete così grande e potente, potrete almeno prendere questo barilotto: riempietelo nel ruscello qui vicino e riportatemelo."
"E sia... non mi costa tanto, e per esser libero da voi, ve lo concedo."
Quindi, il cavaliere uscì diretto alla sorgente, e in un solo colpo affondò nell'acqua il barilotto. Tuttavia, neanche una goccia d'acqua vi entrò. Tentò nuovamente, in un modo, in un altro. Nulla. Confuso e arrabbiato, tornò dal monaco e urlò: "Questo barilotto è stregato! Non riesco a mettergli una sola goccia d'acqua..."
"Signore, converrete con me che perfino un bambino lo avrebbe riportato traboccante d'acqua... Questo è un segno di Dio, a causa dei vostri peccati." disse il monaco.
"Allora io vi giuro che non tornerò nel mio castello finché non avrò riempito questo barilotto, anche se dovró girare intorno al mondo. E per ciò impegno la mia parola!"
E così il cavaliere partì con il barilotto, portando soltanto i vestiti che aveva addosso. In tutti i pozzi e ruscelli, cascate e fiumi, laghi e mari, provò a riempire la piccola botte, ma sempre invano. Camminò senza sosta per valli e montagne, patendo il freddo e il caldo. Logoro e sporco, bruciato dal sole, elemosinò, soffrì la fame, si sentì insultare e beffeggiare. Il suo corpo si consumava e il barilotto gli pesava enormemente. Dopo due anni di fallimenti, decise di tornare alla cappella, dove finalmente giunse, esattamente il Venerdì Santo. Il monaco non lo riconobbe e domandò: "Caro fratello, chi vi ha dato questo barilotto? Due anni fa lo consegnai a un bel cavaliere che non tornò mai più. Non so nemmeno se vive ancora."
"Questo cavaliere sono io e questo è lo stato in cui mi avete messo!" rispose pieno di collera, raccontando in seguito le proprie sventure.
Il monaco si sdegnò dinanzi a tale durezza d'animo e disse: "Voi siete il peggiore degli uomini! Un cane, o qualsiasi animale avrebbe riempito il barilotto. Vedo bene che Dio non ha accettato la vostra penitenza: Voi non vi siete affatto pentito!" Quindi si mise a piangere, supplicando la Santissima Vergine di intercedere per quel peccatore irremovibile. Mentre il monaco piangeva nella sua lunga preghiera, il cavaliere, quieto, fu toccato dalla grazia. Il suo cuore duro si commosse. Gli si turbarono gli occhi. Una lacrima solcò il suo viso e cadde nel barilotto che portava legato al collo. E questa unica lacrima bastò per riempirlo fino all'orlo. Sinceramente pentito, egli chiese di confessarsi.
Riconciliato con Dio, il cavaliere tornò al suo castello. Da quel giorno smise di indossare abiti scuri e divenne un esempio di probità per i suoi servi e per tutti gli abitanti della regione. Unica pecca, non rinunciò mai al vizio di andare a mignotte. Perciò gli fu cambiato il nome: da Cavaliere Nero a "El Putanero".