Incontro Cristina nottetempo in fondo a via Ripamonti, adocchiata nella penombra del benzinaio Total Erg (non il vicino Q, a destra procedendo verso Milano, coordinate approssimative (le rilevazioni sono vecchie e Street view poco utile) 45.4 006 69, 9.2 096 79. Mi dice che occupa la postazione da due mesi.
È una ragazza che supera l’1,65, non obesa ma ben piantata, culo pieno, cosce tornite, dalla pelle purtroppo non levigata, in vista grazie alla mini rossa e senza collant, del resto invece non ho visto quasi niente, capelli castani ricci, occhi marroni, viso dai lineamenti angolari. 25 anni dichiarati.
Fa il pompino protetto a 20, la venuta in bocca a 50, il boccafiga protetto a 30, l’anale a 50, 100 per l’albergo, casa disponibile solo durante il giorno per i clienti affezionati.
La ingaggio cautamente per il pompino coperto a 20, poi in macchina comincia a lei.
“Per 50 te lo faccio bene senza”.
“50 non ce li ho”.
“Anche 30… Però non mi vieni in bocca”.
“Sììììììììì dai”.
“Va bene, faccio la brava”.
Beh, sono contento dell’accordo con lo sconto perché non mi ha offerto molto. Infatti non si spoglia e mi accontento di giochicchiare attorno al centimetrico perizoma, le chiedo di salire in ginocchio sul sedile e lei si limita a sollevare il culo mettendosi un po’ di traverso. Dà un’energica strofinata e comincia. Si tratta, in sostanza, di una sega con appoggio in bocca, quindi con contatto solo di cappella e senza nessuna variazione. Solo alla fine accoglie il suggerimento di usare le dita per una stimolazione delle balle. Al momento della venuta si irrigidisce e si lascia allagare, con l’eccezione di un’ultima goccia lasciata sull’uccello che flette sulla pancia.
Chiede a me di smaltire i resti.
Cristina è cordiale, aspetto tanto più apprezzato perché ero reduce da una irritante intervista sulla Paullese del seguente tenore:
“Come ti chiami?”.
“Trenta”.
&ldquoi dove sei?”
“Trenta boccafiga”. Sempre con un inespressivo viso piatto “delle steppe” su cui non pare posarsi il raggio dell’acume.
Certo, ho già capito abbastanza così come andrebbe a finire, marcia e via di volata verso la città.
Con lei invece ho sentito subito la differenza. Si presenta prima di salire: “Crrristina”. Origine? “Rrrumena”, sempre con la sua morbida R albanese. Quando poi entra in macchina dà la mano. È educata, distesa, anche se non si sbottona certo con una conversazione personale, ma il tempo è scarso.
Imbosco poco rassicurante, una sorta di vicolo cieco non molto lontano dal luogo di ingaggio, troppo vicino al transito della strada, ma a suo modo suggestivo, passaggio repentino dalle gelidi geometrie di un’arteria a rapido scorrimento della periferia metropolitana ad un angolino sopravvissuto delle campagne che furono.
È una ragazza che supera l’1,65, non obesa ma ben piantata, culo pieno, cosce tornite, dalla pelle purtroppo non levigata, in vista grazie alla mini rossa e senza collant, del resto invece non ho visto quasi niente, capelli castani ricci, occhi marroni, viso dai lineamenti angolari. 25 anni dichiarati.
Fa il pompino protetto a 20, la venuta in bocca a 50, il boccafiga protetto a 30, l’anale a 50, 100 per l’albergo, casa disponibile solo durante il giorno per i clienti affezionati.
La ingaggio cautamente per il pompino coperto a 20, poi in macchina comincia a lei.
“Per 50 te lo faccio bene senza”.
“50 non ce li ho”.
“Anche 30… Però non mi vieni in bocca”.
“Sììììììììì dai”.
“Va bene, faccio la brava”.
Beh, sono contento dell’accordo con lo sconto perché non mi ha offerto molto. Infatti non si spoglia e mi accontento di giochicchiare attorno al centimetrico perizoma, le chiedo di salire in ginocchio sul sedile e lei si limita a sollevare il culo mettendosi un po’ di traverso. Dà un’energica strofinata e comincia. Si tratta, in sostanza, di una sega con appoggio in bocca, quindi con contatto solo di cappella e senza nessuna variazione. Solo alla fine accoglie il suggerimento di usare le dita per una stimolazione delle balle. Al momento della venuta si irrigidisce e si lascia allagare, con l’eccezione di un’ultima goccia lasciata sull’uccello che flette sulla pancia.
Chiede a me di smaltire i resti.
Cristina è cordiale, aspetto tanto più apprezzato perché ero reduce da una irritante intervista sulla Paullese del seguente tenore:
“Come ti chiami?”.
“Trenta”.
&ldquoi dove sei?”
“Trenta boccafiga”. Sempre con un inespressivo viso piatto “delle steppe” su cui non pare posarsi il raggio dell’acume.
Certo, ho già capito abbastanza così come andrebbe a finire, marcia e via di volata verso la città.
Con lei invece ho sentito subito la differenza. Si presenta prima di salire: “Crrristina”. Origine? “Rrrumena”, sempre con la sua morbida R albanese. Quando poi entra in macchina dà la mano. È educata, distesa, anche se non si sbottona certo con una conversazione personale, ma il tempo è scarso.
Imbosco poco rassicurante, una sorta di vicolo cieco non molto lontano dal luogo di ingaggio, troppo vicino al transito della strada, ma a suo modo suggestivo, passaggio repentino dalle gelidi geometrie di un’arteria a rapido scorrimento della periferia metropolitana ad un angolino sopravvissuto delle campagne che furono.