La vedo di notte, nell'estrema periferia di via Ripamonti, sempre più spettrale a mano a mano che si modernizza urbanisticamente, alla rotonda che dà accesso al Quintosole, sulla destra di chi esca da Milano verso sud, coordinate 45.40 3324, 9.20 8601.
È una mora con qualche accumulo, piacevole sul culotto invitante avvolto da leggings rossi, potenzialmente interessante sulle tette che non si è scoperta, meno sulla pancia di cui si vede la bombatura nonostante i vestiti pesanti. Con l’aiuto della giovane età, 19 anni dichiarati, si presenta come una di quelle ragazze, sull’1,60 o poco più, con percepibili ma ancora contenute abbondanze nei luoghi strategici che non alterano la proporzione complessiva del corpo, concretizzando una sensualità da terre del sud, confermata dal viso, questo senza rotondità: carnagione non opalescente anche se nemmeno veramente scura, lineamenti ben definiti e carini, capelli vaporosi, languidi occhi marroni, labbra carnose, un piercing sul naso e uno sotto la bocca.
È una sensualità, però, che al momento resta solo un’ispirazione a fior di labbra.
Il nome che credo d’aver capito è Arianna, ma non escludo il tocco di modo internazionale di Rihanna, immagino scelto in onore della sua cantante preferita. In generale non è stato facile intendersi: mi dice che è rumena, ma conosce solo la sua lingua, non comprende e non dice quasi nient’altro, a parte che è freddo, cercando il riscaldamento dell’auto. Si sforza comunque di essere gentile: ha imparato che a “grazie” si risponde “prego”; si gira per il bacio di saluto sulle guance prima di scendere dall’auto, piccoli segni che, nel silenzio assoluto, diventano eloquenti.
Anche intendersi sul tariffario non è stato immediato: 20 pompino coperto, 30 boccafiga, 50 culo, 100 albergo. Ma per esempio quando mi dice 50 per il pompino scoperto e le chiedo se consente la venuta in bocca non capisce la domanda. Immagino si debba ricorrere ad altro registro, che non è mai la mia prima opzione: “mi lasci sborrare?”. Ora, mio malgrado, tempo fa ho assistito alla preparazione linguistica di una novizia instradata in via Ripamonti, perché avvenne nella mia macchina durante un passaggio pomeridiano fra la residenza (un campo rom abusivo!) e il marciapiede: la veterana, fra i primi rudimenti, ritenne di dover insegnare alla sorella di primo pelo la parola magica, che la diligente scolaretta provò a compitare subito: “sbuorare”. Siamo all’ABC insomma. Invece Arianna non conosce nemmeno questa. Mi pare incredibile perché così è persino impossibile convenire la prestazione. Onde evitare di dilapidare i miei soldi peggio del solito, rinuncio alla contrattazione di questo pompino senza preservativo dal finale misterioso e mi attengo alla prova minima per 20.
Mi porta in un angolo a bordo di una strada interna al quartiere, luogo di passaggio a quell’ora solo teorico, lontano dal luogo di ingaggio, in cui nessuno ci disturba.
La comunicazione non è l’unico campo in cui l’uso della lingua difetta. Non si spoglia e, devo dire perlomeno con pazienza, inizia una stimolazione a sega. La aiuto anch’io, così intanto mi solletica i testicoli con le dita, a tratti anche troppo energicamente. Dirotto i suoi polpastrelli sul petto e lei raccoglie l’invito. Ad erezione quasi completa, sempre rispettando i tempi che le suggerisco, scarta il preservativo che le ho fornito e, dopo una perizia esageratamente accurata (fatta di osservazione ravvicinata e di prova del soffio per verificare che non sia bucato), me lo insacchetta. Io non sento letteralmente niente. Dopo tante esperienze e racconti di ferite inferte all’arte orale cui mi ha condotto la ricerca delle apprendiste della strada, Arianna riesce ancora a sorprendermi perché non avrei creduto che, senza un lungo studio, fosse possibile praticare un pompino così etereo. Poiché lei mi copre la visuale con le spalle e i capelli mi viene persino il dubbio che non lo tenga in bocca. Non è la prima volta che nutro questo sospetto ed effettuo un controllo con la mano risalendo lungo l’asta, verificando però che, per quanto assai superficiale, la presa c’è. Evidentemente si limita ad appoggiare la cappella fra le labbra, rinunciando del tutto all’uso della lingua. Lascio pertanto correre la sua mano, anzi devo incitarla a darci dentro, per un tratto usa solo quella. Le chiedo di tornare a imboccarlo alla fine quando, prodigiosamente, riesco a venire.
Il fazzolettino con cui si pulisce le mani lo getta lestamente fuori dal finestrino, gli altri rifiuti me li lascia in macchina.
Sintesi facile: deve ancora imparare tutto. Credo d’avere cominciato a vederla solo da qualche settimana, ma non posso accertare l’impressione che sia una principiante da poco arrivata in Italia se non con l’evidenza. Chiedendole infatti delle vacanze o da quanto è qui non si ottiene altra risposta: “io no capisce italiano”.
È una mora con qualche accumulo, piacevole sul culotto invitante avvolto da leggings rossi, potenzialmente interessante sulle tette che non si è scoperta, meno sulla pancia di cui si vede la bombatura nonostante i vestiti pesanti. Con l’aiuto della giovane età, 19 anni dichiarati, si presenta come una di quelle ragazze, sull’1,60 o poco più, con percepibili ma ancora contenute abbondanze nei luoghi strategici che non alterano la proporzione complessiva del corpo, concretizzando una sensualità da terre del sud, confermata dal viso, questo senza rotondità: carnagione non opalescente anche se nemmeno veramente scura, lineamenti ben definiti e carini, capelli vaporosi, languidi occhi marroni, labbra carnose, un piercing sul naso e uno sotto la bocca.
È una sensualità, però, che al momento resta solo un’ispirazione a fior di labbra.
Il nome che credo d’aver capito è Arianna, ma non escludo il tocco di modo internazionale di Rihanna, immagino scelto in onore della sua cantante preferita. In generale non è stato facile intendersi: mi dice che è rumena, ma conosce solo la sua lingua, non comprende e non dice quasi nient’altro, a parte che è freddo, cercando il riscaldamento dell’auto. Si sforza comunque di essere gentile: ha imparato che a “grazie” si risponde “prego”; si gira per il bacio di saluto sulle guance prima di scendere dall’auto, piccoli segni che, nel silenzio assoluto, diventano eloquenti.
Anche intendersi sul tariffario non è stato immediato: 20 pompino coperto, 30 boccafiga, 50 culo, 100 albergo. Ma per esempio quando mi dice 50 per il pompino scoperto e le chiedo se consente la venuta in bocca non capisce la domanda. Immagino si debba ricorrere ad altro registro, che non è mai la mia prima opzione: “mi lasci sborrare?”. Ora, mio malgrado, tempo fa ho assistito alla preparazione linguistica di una novizia instradata in via Ripamonti, perché avvenne nella mia macchina durante un passaggio pomeridiano fra la residenza (un campo rom abusivo!) e il marciapiede: la veterana, fra i primi rudimenti, ritenne di dover insegnare alla sorella di primo pelo la parola magica, che la diligente scolaretta provò a compitare subito: “sbuorare”. Siamo all’ABC insomma. Invece Arianna non conosce nemmeno questa. Mi pare incredibile perché così è persino impossibile convenire la prestazione. Onde evitare di dilapidare i miei soldi peggio del solito, rinuncio alla contrattazione di questo pompino senza preservativo dal finale misterioso e mi attengo alla prova minima per 20.
Mi porta in un angolo a bordo di una strada interna al quartiere, luogo di passaggio a quell’ora solo teorico, lontano dal luogo di ingaggio, in cui nessuno ci disturba.
La comunicazione non è l’unico campo in cui l’uso della lingua difetta. Non si spoglia e, devo dire perlomeno con pazienza, inizia una stimolazione a sega. La aiuto anch’io, così intanto mi solletica i testicoli con le dita, a tratti anche troppo energicamente. Dirotto i suoi polpastrelli sul petto e lei raccoglie l’invito. Ad erezione quasi completa, sempre rispettando i tempi che le suggerisco, scarta il preservativo che le ho fornito e, dopo una perizia esageratamente accurata (fatta di osservazione ravvicinata e di prova del soffio per verificare che non sia bucato), me lo insacchetta. Io non sento letteralmente niente. Dopo tante esperienze e racconti di ferite inferte all’arte orale cui mi ha condotto la ricerca delle apprendiste della strada, Arianna riesce ancora a sorprendermi perché non avrei creduto che, senza un lungo studio, fosse possibile praticare un pompino così etereo. Poiché lei mi copre la visuale con le spalle e i capelli mi viene persino il dubbio che non lo tenga in bocca. Non è la prima volta che nutro questo sospetto ed effettuo un controllo con la mano risalendo lungo l’asta, verificando però che, per quanto assai superficiale, la presa c’è. Evidentemente si limita ad appoggiare la cappella fra le labbra, rinunciando del tutto all’uso della lingua. Lascio pertanto correre la sua mano, anzi devo incitarla a darci dentro, per un tratto usa solo quella. Le chiedo di tornare a imboccarlo alla fine quando, prodigiosamente, riesco a venire.
Il fazzolettino con cui si pulisce le mani lo getta lestamente fuori dal finestrino, gli altri rifiuti me li lascia in macchina.
Sintesi facile: deve ancora imparare tutto. Credo d’avere cominciato a vederla solo da qualche settimana, ma non posso accertare l’impressione che sia una principiante da poco arrivata in Italia se non con l’evidenza. Chiedendole infatti delle vacanze o da quanto è qui non si ottiene altra risposta: “io no capisce italiano”.