Gnocca forum
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durodritto
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OOOOOOOddio che m'hai ricordato...
24 anni orsono, poco più ventenne, avevo come dirimpettaia una studentessa calabrese che era la personificazione della fica! 22 anni, bellissima, perfetta. modello vitina stretta tette grandi culo rotondo e sodo e garrese alto, occhi neri grandi e profondi, labbra carnose... avete capito. Come se non bastasse anche simpatica e intelligente.
vivevo con amici, lei con altre studentesse (ciccione), è stato un attimo fare amicizia.
Un bel giorno questa apparizione incarnata mi guarda con l'aria furbetto-maliziosa (con immediato effetto arizzamento) e mi fa: 'sai, pensavo di fare il test dell' HIV'.
La cosa sembrava interessante, quindi ho mentito: 'ma dai, ci pensavo anche io. andiamo insieme'.
Quando ha pronunciato queste parole: 'ma si, volentieri. Poi, se viene negativo festeggiamo, ok ?', io ho creduto per la prima volta in Dio.
Di corsa a fare il test, poi 15 gg di attesa per il risultato che mi sembra superfluo descrivere come ho passato.
Finalmente passati questi infiniti 1296000 secondi si va a ritirare il test io, lei, e dumbo nascosto nelle mie mutande.
Ci siamo, entra lei e esce dopo 5 minuti tranquilla sorridente e bella bella bella.
Chiamano me.

'ah si, buongiorno, lei è il numero 60... ecco guardi, non si deve preoccupare ma dobbiamo farle un altro prelievo , sa per approfondire...'

'APPROFONDIRE '

'eh si, sa, il suo risultato è venuto dubbio, succede eh, non c'è da preoccuparsi, ma insomma, va rifatto'

che ve lo dico a fare come sono uscito da li. e come ho passato i seguenti 1296000 secondi.
e a quante ho telefonato per saper come stavano. e come la dea della fica non abbia mai più neanche lontanamente sfiorato l'argomento.
Per la cronaca, tutto è risultato a posto. ma può qualcuno, fra voi, condannarmi per aver perso la fede ?
malkmus
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tra l'altro nella stanza 13 dello spallanzani ci sono stato pur'io diversi anni fa

e per gli stessi motivi tuoi ...

ricordo che quando mi dissero che dovevo andare li' per ritirare le analisi mi prese un mezzo colpo pensando che non fosse cosa comune, poi arrivato sul luogo e osservando che c'erano una decina di persona in attesa come me, mi tranquillai )
"Quanto e' sconvolgente il desiderio. E' un diavolo che non dorme mai." H.K.
malkmus
Sr. Member (265 post)
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bravo Lonely. k+

bel raccontino. un certo non so che di poetico
"Quanto e' sconvolgente il desiderio. E' un diavolo che non dorme mai." H.K.
Vincent Vega
Wannabe (4 post)
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Grazie Lupo Solitario.

VV
Lonely_Wolf
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Arrivo all’Ospedale Spallanzani da Via Folchi, dove c’è uno degli ingressi principali e mi dirigo verso l’accettazione, seguendo la segnaletica. Le strisce colorate poste sul pavimento mi aiutano a districarmi nel dedalo di corridoi, ma una volta arrivato nella sala, non vedo altre indicazioni, per cui sono costretto a rivolgermi allo sportello “Informazioni”.

«ov’è la stanza 13?» chiedo con discrezione. «Esca dalla porta di fronte; sulla destra troverà una rampa di accesso. Entri là e segua le indicazioni.»

Esco, individuo la rampa e dei fogli con su stampato “Stanza 13” ed una freccia mi guidano fino ad un ingresso d’emergenza. Entro nel corridoio scrutando la numerazione sulle porte. …Otto, nove… dieci.. undici… tredici … Un cartello sulla porta recita “QUESTA NON È LA STANZA 13” ed un pezzettino di carta con su scritto EMATOLOGIA è incollato sulla targhetta della numerazione.

Alla fine del corridoio, la stanza numero 18 ha sulla porta un foglio stampato con scritto “STANZA 13” Prendo il numero e mi siedo poco lontano, in paziente attesa. Poche persone sparse attendono il loro turno, i volti seri, spauriti, e le mani nervosamente in movimento tradiscono ansia e preoccupazione. Una ragazza fissa il vuoto, il viso grigio verdastro mi ricorda il viso dei laureandi che vidi tanti anni fa attendere il loro turno per discutere la tesi…

Infine un infermiere esce dalla porta e uno ad uno ci chiama per una breve e discreta conversazione. È un tipo calmo, tranquillo, con lunghi capelli ricci legati in quella che vorrebbe essere una coda di cavallo. Trasmette una tranquillizzante serenità.

«Come mai è qui?» Mi chiede «Beh, il primo test l’ho fatto trenta anni fa e qualche “incidente di percorso” in un periodo così lungo può essere capitato.» Sorride mentre annota qualcosa. «Aspetti fuori e verrà chiamato dalla dottoressa, sempre con questo numero.»

Mi siedo accanto alla porta indicata ed aspetto. Un ragazzo, con un foglietto in mano, scruta nervoso le porte. Arrivato alla “Stanza 13” si ferma ed aspetta un po’. Poi, vedendo uscire una persona dalla porta vicina a me, arriva rapido, ma non fa in tempo e la porta si richiude. Bussa nervosamente… Nessuna risposta. Quando finalmente la porta si riapre per lasciare uscire il paziente, lui entra rapido, sorprendendo la dottoressa, la quale non può fare altro che lasciarlo entrare.

Dopo un tempo interminabile, finalmente la porta si riapre e la dottoressa mi invita ad entrare.

«E lei se ne sta qui calmo, calmo, mentre qualcuno le passa avanti?» «Beh… mi sono reso conto che il ragazzo era piuttosto agitato e l’ho lasciato passare.» Mi osserva con curiosità professionale. È una tipa magrolina, acqua e sapone, biondina. «Ha mai fatto il test HIV?» «Circa trenta anni fa» le rispondo «…avevo una vita un po’ più turbolenta in quell’epoca.» «Uno dei primi test, quindi.». «Ha un compagno, una compagna? È sposato?» Un leggero imbarazzo le dona un colorito rosa confetto alle guance, rivelando tutto il suo disagio nel dover chiedere informazioni così private ad un perfetto sconosciuto. Le sorrido, tranquillo. «Sono sposato, si, ed ho pensato di ripetere il test perché qualche “incidente di percorso” è capitato.» «Quando è capitato?» Mi chiede senza scomporsi. «Circa un anno fa le rispondo.» «Quindi oltre la finestra dei tre mesi.» «Ma a proposito del contagio» le chiedo «ho sentito tante leggende metropolitane… Per esempio se uno si punge con una siringa raccolta per strada, o se il dentista non ha disinfettato bene i suoi strumenti, cosa c’è di vero? » «Sono leggende metropolitane.» «Ormai abbiamo un’ampia casistica e le uniche forme di contagio di questo tipo sono avvenute o perché un infermiere si è punto mentre faceva un prelievo, o attraverso una trasfusione. Se qualcuno viene e mi racconta che si è contagiato pungendosi con un ago, personalmente non ci credo.»

«Il test è assolutamente gratuito. Lo vuole fare anonimo o a suo nome?» «Metta pure il mio nome, non è un problema.» Dopodichè, compilato e firmato il modulo, mi accompagna attraverso un percorso interno fino davanti a una porta dicendomi di aspettare lì. La saluto ed aspetto.

Dopo qualche minuto la porta si apre e riappare l’infermiere che ci aveva accolti all’inizio. Sempre con un fare tranquillo e professionale mi fa il prelievo, compila qualcosa al computer e, infine, stampa la necessaria ricevuta per il ritiro.

Dopo alcuni giorni, di primo mattino ritorno davanti alla “Stanza 13” È presto e non hanno ancora inserito il rotolo dei numeri. Alcune persone, meno ansiose delle altre incontrate la volta precedente, sono già in attesa. Dopo un tempo che sembra un’eternità, dalla porta si affacciano due donne dai capelli corti, mesciati di biondo, piuttosto rustiche e rotondette. Stanno discutendo animosamente a proposito della numerazione e sulla possibilità di aggiungere un altro numeratore. Distribuiscono i numeri in base all’ordine di arrivo e ci chiedono di aspettare.

Arriva il mio turno e il solito infermiere, un po’ innervosito dalla discussione avuta con le due donne, mi riceve. Dopo aver chiesto il mio nome, cerca in un archivio le analisi, le osserva e mi dice: «Tutto a posto, sono negative.» Lo ringrazio, prendo le analisi e lo saluto stringendogli la mano… Cammino nei labirintici corridoi dell’ospedale, cercando l’uscita. Appena fuori, respiro la frizzante aria dicembrina mentre un raggio di sole mi accarezza il viso… La vita è bella…