Sara la mora, ho precisato nel titolo, per non confonderla con la famosissima omonima bionda attiva nella stessa via, sempre presente e provocante come sappiamo.
Sara la mora è invece al lavoro da un mese ed è stata notata, mi pare, solo da Fan, che chiedeva di lei nella sezione informazioni, http://gnoccaforum.com/esco…
Staziona durante il turno notturno all’altezza 18 di via Teodosio, dunque a destra, procedendo da via Pacini verso piazza Sire Raul, 45 . 48 43 26 , 9 . 23 01 12.
È alta una e sessanta o poco più: in strada si aiuta con scarpe nere basse e taccate, ma in macchina le cambia con quelle da passeggio che la restituiscono alla sua reale statura. Ha capelli neri a caschetto con riga laterale, occhi marroni, carnagione scura, rossetto molto evidenziato, viso carino dalla linea quadrangolare con un dolce tratto più europeo orientale rispetto alla sua origine albanese. Ha appena una prima di seno comunque molto elastica e con capezzolo scuro consistente. I figologi più rigorosi non la classificherebbe come una velina, per una leggera carenza di flessuosità di gambe e culo, che però, sia ben chiaro, sono armoniosi e autenticamente femminili, il secondo reso più arrapante nella circostanza dalla minigonna nera che lo fascia.
Offre il boccafiga a casa per cinquanta euri, il culo per cento, niente da fare per l’orale senza preservativo (il boccasenza), cento per passare insieme mezzora e duecento un’ora. Direi che per conoscerci la prestazione base può bastare. Non ho capito (come spiegherò non si comunicava facilmente) se lavora anche in macchina, perché mi ha ribadito due volte “a casa” e ho lasciato perdere.
Si consuma in un palazzo di ringhiera, non lontanissimo ma da raggiungere necessariamente in auto, salendo a scale al primo piano. In cortile bighellona alla brezza della sera primaverile un gruppetto di persone, Sara le conosce e le saluta: a me piace farmi identificare come puttaniere, chi invece è disturbato da queste situazioni tenga conto che il passaggio è parzialmente esposto alla visione (al giudizio? Ai commenti?) di una comunità di cortile da vecchia Milano.
La tecnica pare proprio quella di una ragazza al lavoro da un mese. Lascia fare mitemente, come quando le abbasso la lampo che le chiude la giacca nera e poi le titillo i capezzoli. Però di suo si toglie l’intimo, il reggiseno leopardato, le mutandine nere e i collant chiari, senza mediazioni provocanti. Come preliminare mi manipola l’uccello e solo su mio suggerimento mi stuzzica il petto, anche se poi sa cercare i capezzoli. Il pompino, durante il quale io resto in piedi e lei si siede sul lato del letto, consiste a tratti nel saliscendi delle labbra, a tratti nel serrare nella bocca ferma l’uccello facendo scorrere la mano lungo l’asta; devo muovermi io avanti e indietro, mentre lei ancora una volta mi asseconda, per provare una sensazione più intensa. Quindi scopiamo in due posizioni, la pecorina, io resto in piedi lei, sul letto, si sostiene sulle ginocchia, poi la missionaria, quando le bacio il collo e la porto ad accarezzarmi il petto prima dell’orgasmo. Lei è disponibile, anatomicamente accogliente e simula così discretamente da dare l’illusione che il mestiere non le abbia ancora del tutto sottratto il piacere dell’amplesso.
Prima di uscire si dà una rinfrescata con il profumo, opportunamente devo dire per dovere di cronaca, perché è pulita, non ne faccio una critica alla professionalità con cui si porge al cliente, però, come è naturale che capiti, con la giacca di pelle aveva sudato un po’. Aggiungo pure che si depila la potta ma non farebbe male ad estendere la ceretta alla leggera lanugine della schiena.
La caratteristica più intrigante dell’esperienza è che Sara in italiano sa presentarsi, comunicare il tariffario, dare le indicazioni per arrivare all’alcova, dirti che non ha amici italiani e quindi non si esercita mai con la lingua, ma “poco poco” vuole migliorare. E basta. Anzi, già questo livello di comunicazione le richiede grande fatica. Le domando se cinquanta euri sono cinquanta veri, cioè non che poi diventano sessanta per togliersi il reggiseno, settanta per toccare ecc., e lei mi ripete “bocafiga”. Va beh. Le chiedo di che città è; lei mi guarda in silenzio e sorride. Sotto casa mi vorrebbe far parcheggiare in un posto dove non entrerebbe una Smart, quindi le domando se sa guidare; lei mi guarda in silenzio e sorride. Passiamo davanti alla polacca, le dico che si fa chiamare con il suo stesso nome; lei mi guarda in silenzio e sorride.
Ora, si dà il caso che proprio quando l’ho incontrata io stavo covando l’idea di presentarmi da una delle amiche della zona Loreto, caricarla e dirle convinto: ciao, stai bene vero?, sono contento, ma da adesso fino alla fine dell’incontro non diciamoci più neanche una parola. Proviamo, una volta tanto, non sempre ovviamente, a vivere la scopata nella sua solitudine e unicità relazionale, socializzazione bastante a se stessa, facendole il deserto attorno, senza sommergerci di convenevoli e informazioni più o meno insincere! In fondo ciò che a distanza di quarant’anni resta più eroticamente sperimentale di Ultimo tango a Parigi, a mio avviso, non è l’abusata scena della sodomizzazione al burro, ma la tensione di una coppia improvvisata che fa sesso nel nulla, senza presentarsi, senza raccontarsi; possibilmente, aggiungerei, dissipando tutta quella asprezza problematica così datata a quel decennio angoscioso. Con Sara, dunque, lasciato solo dalle amiche già impegnate con altri, è stato in qualche modo l’appuntamento fantasticato.
Lei peraltro è capace di dissipare l’ombra di imbarazzo in agguato grazie alla sua gentilezza. In macchina ci accompagna il sottofondo discreto della musica del mio CD, ma sulle scale e in casa bisogna fronteggiare il mutismo e non farlo diventare gelo. Ma non possiamo far uso che delle espressioni del viso e dell’avvicinamento fisico. Sara già durante i due passaggi di ronda nella via effettuati prima di ingaggiarla mi ha indirizzato il suo sguardo espressivo. Inoltre sorride con garbo. In macchina io le passo delicatamente la mano fra i capelli, in modo già più predatorio le appoggio la mano sulla coscia mentre la sua mano la devo cercare io, perché lei resta un po’ bloccata. A casa ha il merito di capire da sola che non voglio che la televisione resti accesa e la spegne. Peraltro si tratta di uno spoglio bilocale, la stanza in cui si ciula è arredata con un letto, due sedie e un comodino, le pareti nude, un’atmosfera coerente con questa ricerca dell’essenziale. I nomi delle posizioni sessuali li conosce, ma ormai sintonizzati reciprocamente anche nelle fasi operative ci siamo indirizzati mediante i contatti e i movimenti del corpo, nella grazia del silenzio.
Sara la mora è invece al lavoro da un mese ed è stata notata, mi pare, solo da Fan, che chiedeva di lei nella sezione informazioni, http://gnoccaforum.com/esco…
Staziona durante il turno notturno all’altezza 18 di via Teodosio, dunque a destra, procedendo da via Pacini verso piazza Sire Raul, 45 . 48 43 26 , 9 . 23 01 12.
È alta una e sessanta o poco più: in strada si aiuta con scarpe nere basse e taccate, ma in macchina le cambia con quelle da passeggio che la restituiscono alla sua reale statura. Ha capelli neri a caschetto con riga laterale, occhi marroni, carnagione scura, rossetto molto evidenziato, viso carino dalla linea quadrangolare con un dolce tratto più europeo orientale rispetto alla sua origine albanese. Ha appena una prima di seno comunque molto elastica e con capezzolo scuro consistente. I figologi più rigorosi non la classificherebbe come una velina, per una leggera carenza di flessuosità di gambe e culo, che però, sia ben chiaro, sono armoniosi e autenticamente femminili, il secondo reso più arrapante nella circostanza dalla minigonna nera che lo fascia.
Offre il boccafiga a casa per cinquanta euri, il culo per cento, niente da fare per l’orale senza preservativo (il boccasenza), cento per passare insieme mezzora e duecento un’ora. Direi che per conoscerci la prestazione base può bastare. Non ho capito (come spiegherò non si comunicava facilmente) se lavora anche in macchina, perché mi ha ribadito due volte “a casa” e ho lasciato perdere.
Si consuma in un palazzo di ringhiera, non lontanissimo ma da raggiungere necessariamente in auto, salendo a scale al primo piano. In cortile bighellona alla brezza della sera primaverile un gruppetto di persone, Sara le conosce e le saluta: a me piace farmi identificare come puttaniere, chi invece è disturbato da queste situazioni tenga conto che il passaggio è parzialmente esposto alla visione (al giudizio? Ai commenti?) di una comunità di cortile da vecchia Milano.
La tecnica pare proprio quella di una ragazza al lavoro da un mese. Lascia fare mitemente, come quando le abbasso la lampo che le chiude la giacca nera e poi le titillo i capezzoli. Però di suo si toglie l’intimo, il reggiseno leopardato, le mutandine nere e i collant chiari, senza mediazioni provocanti. Come preliminare mi manipola l’uccello e solo su mio suggerimento mi stuzzica il petto, anche se poi sa cercare i capezzoli. Il pompino, durante il quale io resto in piedi e lei si siede sul lato del letto, consiste a tratti nel saliscendi delle labbra, a tratti nel serrare nella bocca ferma l’uccello facendo scorrere la mano lungo l’asta; devo muovermi io avanti e indietro, mentre lei ancora una volta mi asseconda, per provare una sensazione più intensa. Quindi scopiamo in due posizioni, la pecorina, io resto in piedi lei, sul letto, si sostiene sulle ginocchia, poi la missionaria, quando le bacio il collo e la porto ad accarezzarmi il petto prima dell’orgasmo. Lei è disponibile, anatomicamente accogliente e simula così discretamente da dare l’illusione che il mestiere non le abbia ancora del tutto sottratto il piacere dell’amplesso.
Prima di uscire si dà una rinfrescata con il profumo, opportunamente devo dire per dovere di cronaca, perché è pulita, non ne faccio una critica alla professionalità con cui si porge al cliente, però, come è naturale che capiti, con la giacca di pelle aveva sudato un po’. Aggiungo pure che si depila la potta ma non farebbe male ad estendere la ceretta alla leggera lanugine della schiena.
La caratteristica più intrigante dell’esperienza è che Sara in italiano sa presentarsi, comunicare il tariffario, dare le indicazioni per arrivare all’alcova, dirti che non ha amici italiani e quindi non si esercita mai con la lingua, ma “poco poco” vuole migliorare. E basta. Anzi, già questo livello di comunicazione le richiede grande fatica. Le domando se cinquanta euri sono cinquanta veri, cioè non che poi diventano sessanta per togliersi il reggiseno, settanta per toccare ecc., e lei mi ripete “bocafiga”. Va beh. Le chiedo di che città è; lei mi guarda in silenzio e sorride. Sotto casa mi vorrebbe far parcheggiare in un posto dove non entrerebbe una Smart, quindi le domando se sa guidare; lei mi guarda in silenzio e sorride. Passiamo davanti alla polacca, le dico che si fa chiamare con il suo stesso nome; lei mi guarda in silenzio e sorride.
Ora, si dà il caso che proprio quando l’ho incontrata io stavo covando l’idea di presentarmi da una delle amiche della zona Loreto, caricarla e dirle convinto: ciao, stai bene vero?, sono contento, ma da adesso fino alla fine dell’incontro non diciamoci più neanche una parola. Proviamo, una volta tanto, non sempre ovviamente, a vivere la scopata nella sua solitudine e unicità relazionale, socializzazione bastante a se stessa, facendole il deserto attorno, senza sommergerci di convenevoli e informazioni più o meno insincere! In fondo ciò che a distanza di quarant’anni resta più eroticamente sperimentale di Ultimo tango a Parigi, a mio avviso, non è l’abusata scena della sodomizzazione al burro, ma la tensione di una coppia improvvisata che fa sesso nel nulla, senza presentarsi, senza raccontarsi; possibilmente, aggiungerei, dissipando tutta quella asprezza problematica così datata a quel decennio angoscioso. Con Sara, dunque, lasciato solo dalle amiche già impegnate con altri, è stato in qualche modo l’appuntamento fantasticato.
Lei peraltro è capace di dissipare l’ombra di imbarazzo in agguato grazie alla sua gentilezza. In macchina ci accompagna il sottofondo discreto della musica del mio CD, ma sulle scale e in casa bisogna fronteggiare il mutismo e non farlo diventare gelo. Ma non possiamo far uso che delle espressioni del viso e dell’avvicinamento fisico. Sara già durante i due passaggi di ronda nella via effettuati prima di ingaggiarla mi ha indirizzato il suo sguardo espressivo. Inoltre sorride con garbo. In macchina io le passo delicatamente la mano fra i capelli, in modo già più predatorio le appoggio la mano sulla coscia mentre la sua mano la devo cercare io, perché lei resta un po’ bloccata. A casa ha il merito di capire da sola che non voglio che la televisione resti accesa e la spegne. Peraltro si tratta di uno spoglio bilocale, la stanza in cui si ciula è arredata con un letto, due sedie e un comodino, le pareti nude, un’atmosfera coerente con questa ricerca dell’essenziale. I nomi delle posizioni sessuali li conosce, ma ormai sintonizzati reciprocamente anche nelle fasi operative ci siamo indirizzati mediante i contatti e i movimenti del corpo, nella grazia del silenzio.