Ore 3.00. Periferia di Bologna. Questa notte dormirò sola. Strana la sensazione per un fatto così normale. E' appena terminato il mio ultimo appuntamento. Un uomo elegante, sposato, generoso. Mi ha lasciata qui, sotto l’appartamento di famiglia dove vive mio fratello.
Salgo le scale del palazzo, il marmo delle scale che per 20 anni ho percorso ogni giorno. Mi aggrappo lenta alle ringhiere verdeferro di pessimo gusto. Infilo la chiave nella serratura, col garbo di un chirurgo, nel timore di svegliare qualche sentinella vicina, insonne e pronta a cogliermi in fallo e trasformarmi in zimbello di cortile. In fondo, una giovane donna dovrebbe dormire a casa propria e non starsene a zonzo la notte. Mi sorprendo irritata da quanto il moralismo cattolico possa ancora influenzare, a distanza di anni, una psiche debole come la mia.
Una manciata di secondi e sono in casa. La mia casa. La casa dei ricordi d'infanzia. Questa casa immutata da mode e noie. Questa casa non più mia, ma farò finta che lo sia, per una notte.
Tolgo vestiti, scarpe, ciondoli vari. Non ho sonno. E la cosa non mi dispiace.
Mi guardo attorno incuriosita. La mia casa. Mio fratello non c'è e non rientrerà. Penso a noi due bambini, mentre vago nel buio come una turista, a caccia di immagini sbiadite nella memoria.
Cammino a piedi nudi sul granito. Le pietre scricchiolano, tranne che in cucina. Qui furono sostituite anni fa da Kaled. Io ero una bimbetta allora, infatuata di questo rude muratore dalla pelle scura.
Vecchie enciclopedie riempiono ancora le librerie all'ingresso. Quanto amavo questi ciclopi verdi e rossi, il fascino della carta spessa e lucida che scivola tra le mani. Entro in cucina. Tutto è in ordine. Apro il frigorifero. Vuoto. Le ante della dispensa. Troppo vuote per me, che amo le cucine ricche e disordinate. Entro nella camera dei miei genitori. Una foto del loro matrimonio sul comò. Mio padre, così bello. Mia madre, sfiorita così in fretta. Chissà come invecchierò io? se troverò, prima o poi, una ragione di essere in ciò che la mia anima è...
Mobili scuri laccati e imbottiti di verde splendono nella vernice che pare fresca. Entro in bagno. Osservo la caldaia. Avrà secoli. Stanotte potrei morire asfissiata per un guasto, perché mio padre non si decide a cambiarla. Già vedo i titoli del Resto del Carlino: "Giovane prostituta muore asfissiata nel sonno, le ultime memorie sul suo blog".
Apro le vetrinette del bagno. Mi piace violare l'intimità altrui. Scoprire quali prodotti usa mio fratello, quale sapone, quale profumo. La cosa mi fa sentire una ladra in casa mia. Entro in camera, qui abbiamo dormito insieme per tanti anni. Sorrido pensando a quanto mi adorava Max. Noi così diversi: io inquieta e vivace, lui timido e introverso. Potevo gestirlo come volevo. Un pezzo di pane da modellare, con rabbia, con amore. Accendo il suo pc. Il suo stereo. Cerco tra i cd. Alex Baroni: "...aaamore... come posso fare... dovrò... cambiareee..." Devo perdere questo vizio di fare miei i testi delle canzoni. Mai come adesso 'Cambiare' sembra scritta per me...
Navigo a caso nel web. Le finestre sulla strada sono aperte, il rumore del traffico di notte è roba nuova per me e tutto sommato piacevole. Cerco nella cronologia del pc per scoprire qualche traccia di mio fratello: viaggi, locali, solite cose. Niente di interessante. Scrivo un paio di mail e poi decido di dormire le ore che restano prima del giorno. Buffo questo letto a una piazza e mezzo che ha inghiottito i lettini di ferro in cui dormivamo da bambini.
Mamma mi ha detto dove trovare lenzuolo pulito e federa. Ma non ho voglia di mettermi al lavoro. Sono stanca, e in un certo senso dormire in un letto straniero è cosa che mi intriga. Abbasso le lenzuola, mi sdraio. Statuarie donne seminude mi osservano dai muri, mentre odori sconosciuti penetrano le narici quando appoggio la testa sul cuscino.
"Sono una ladra, una ladra d'amore. Lo sono stata e lo sarò per sempre..." questo é il sound nella mia mente. Mentre un piacere sottile attraversa il mio corpo di ladra in un mondo perduto.