Ho consumato con Maria un ultimo incontro del ciclo carnevalesco, che ho introdotto nell’intervento di ieri (e approfitto qui per un ringraziamento karmico a tutti gli amici così gentilmente intervenuti in merito). La ragazza è già stata descritta bene: non è certo una tutte-sigle bollente, anzi, è molto misurata; d’altra parte è simpatica, premurosa e tecnicamente valida. Scrivo questo racconto, quindi, per dare un’idea delle potenzialità che comunque esprime sul versante della complicità. Avevo intuito qualche sua capacità di andare oltre la routine una volta che mi ha mostrato la frusta (non a flagello, ma da fantino) che usa per fare la padrona, in abbinamento con gli stivali d’ordinanza. L’ultima sera che sono andato a trovarla, così, le ho chiesto di vestirsi da uomo, esibirsi un momento prima di fare sesso. Naturalmente non si trattava di sperimentare chissà quale trasgressione, dal momento che io comunque resto un irredimibile devoto della figa; e, in caso contrario, in zona avrei potuto trovare ambivalenze ben più tangibili. Era più che altro il piacere di rivedere una ragazza che ho frequentato molto, non negli ultimi mesi però, eludendo la ripetitività che si annida anche nei rapporti mercenari. Lei ha accettato subito. Il compenso è stato il solito di 50 euri che chiede per la prestazione coperta a casa sua. Avrei voluto rendere partecipi dei lavori del nostro convegno anche passanti e residenti della via eventualmente interessati ad una sbirciatina, ma Maria mi ha detto che la persiana della camera è bloccata e non si può aprire.
Avevo con me un abbigliamento da uomo completo fresco di lavanderia. Era roba mia, quindi cose che le andavano grandi perché, nonostante la facessi più alta, lei supera di poco l’1,65. Pantaloni grigio canna di fucile, camicia bianca, giacca celeste, cravatta blu a pallini gialli (annodatale da me al collo, un gesto non privo di erotismo). Di sua iniziativa, ha anche calzato le mie scarpe. A mio parere stava benissimo, sono i colori che di norma lei veste, ben abbinati alla sua carnagione chiara, capelli castani, occhi marroni chiari/verdi. Per di più avendo raccolto i capelli, lasciando la fronte sgombra, ed essendo (come è solita) senza trucco, senza enfasi del colore naturale delle labbra fini, con l’eccezione di un po’ di ombretto sulle palpebre, con il suo corpo asciutto che si arrotonda su culo e cosce, assumeva quel fascino non ambiguo, ma invece autenticamente e al contempo misteriosamente femminile che possono emanare proprio certe posture androgine, quelle della donna in giacca e cravatta, appunto, o con il borsalino (che non avevo a disposizione) dal quale affiorano capelli biondi lunghi e mossi. Maria si è da subito divertita molto a calarsi nella parte.
Si è fatta guardare un po’, muovendosi con disinvoltura e gusto della burla, così da dare a quei centimetri di stoffa che avanzavano a causa del mio errore di calcolo, altrimenti buffi, una piega sport-casual (ad esempio con i polsini della camicia slacciati e le macchine rimboccate). Poi ci siamo messi davanti allo specchio collocato davanti al letto, io alle sue spalle, in un contatto immediatamente più intenso che ha subito riscaldato la temperatura della situazione. Le ho aperto la giacca, senza toglierla, le ho passato le mani sulla camicia bianca che rimodellava la sua linea maschile rigida arrotondandosi sulla consistenza del seno (una seconda ben fatta) e il rilievo del capezzolo, e, aderendovi strettamente, li lasciava in trasparenza. Poi le ho allentato la cravatta, sbottonato la camicia, cercando sotto la stoffa le sue tette e i suoi capezzoli che rispondevano. Intanto premevo il membro che si induriva sul suo culo, in rapporto alla corporatura di piena consistenza femminile, racchiuso dal paradossale pantalone da uomo. L’ho fatta accomodare su una sedia vicina, Maria ha spacchettato il goldone giallo della Serena, rivestito l’uccello e attaccato un pompino molto buono, che tanto ho sentito quanto visto, perché lei ha subito avuto l’intuizione di avvicinare la sedia allo specchio. Mi ha accordato un lungo trattamento: leccate, saliscendi, martellamento della lingua a bocca chiusa, disponibilità alla mia iniziativa alla ricerca di una maggiore profondità quando invece che accarezzarle il viso le appoggiavo la mano sulla nuca. Quindi le ho chiesto di alzarsi e di voltarmi di nuovo le spalle. Io l’ho liberata della giacca, lei si è abbassata i pantaloni ridottisi ad un mucchietto fra i suoi piedi, ha saputo trovare la posizione assecondando l’ingresso nonostante il divario di statura e abbiamo cominciato la pecorina. Nello specchio mi fissava con il suo sguardo malizioso e ridente, che il taglio elegante degli occhi e della bocca arricchiscono di erotismo. Le mie mani intanto avevano a disposizione, sotto la camicia slacciata e la cravatta lenta dalla mascolinità sempre più assurda, il suo seno, la sua schiena, la sua pelle fresca e ovviamente il suo culo. Così ho martellato fino a venire.
Maria si è mostrata, in tutti i momenti, partecipativa e autenticamente divertita, tanto che alla fine ripeteva che vestita da uomo ha scoperto un aspetto intrigante della sua immagine, si è fatta un selfie per ricordo, mentre due foto gliele ho scattate io ma con il suo cellulare, quindi le ha conservate solo lei. E, come potrei dire anche a proposito di quanto ho raccontato ieri, quando la ragazza ti risponde con tanta allegria, il risultato di gioia erotica di questi incontri viene di conseguenza.