Scusate, ma oggi è una giornata fiacca quindi ho maggior tempo per cazzeggiare!!!
Vi ricordate la Vostra “prima volta” ?
Il primo innamoramento, il primo bacio, la prima volta che avete fatto sesso?
Il mio primo “amore” non credo abbia mai saputo della mia esistenza: era molto più grande di me, giovane tredicenne con gli ormoni in subbuglio, ed io passavo i pomeriggi di primavera ed estate ad ammirarla di nascosto dalla finestra della mia cameretta mentre, con le sue compagne del liceo, studiava seduta nel giardino di fronte a casa. Ora è madre di un ragazzo di circa 15 anni, credo, e quando la incontro ancora mi scappa un sorrisino a pensare a quel periodo.
Il primo bacio è stato letteralmente rubato due anni dopo, come pegno di una scommessa persa (posta in gioco volutamente stabilita da me, sicuro della vittoria), nel sottoscala di un oratorio (guai se ci avessero beccati!). Quello fu il primo di una serie… molto più seria… che scambiai con quella ragazza nel boschetto dietro al nostro bar. Un boschetto che ormai non c’è più: sostituito da un parcheggio libero dove le giovani nuove coppiette si appartano la sera per simili effusioni (se non altro ha mantenuto il suo ruolo originale).
Ed il sesso? Ci sono intere generazioni (passate e presenti) che romanticamente hanno voluto e vogliono conservare quella “prima volta” per il “vero amore” (o almeno quello che in quel momento è tale ai loro occhi). Un dono sicuramente “unico” nel suo genere che, in questi casi, assume un altissimo valore emotivo e spirituale, e vi garantisco che il gentilsesso rimarrebbe stupito nello scoprire quanti maschietti di varie generazioni l’hanno vissuta così (molti più di quanto si possa lontanamente immaginare).
Personalmente rimpiango un po’ di non averla vissuta in questo modo: diciamo che nella “lista delle cose da fare nella vita” … purtroppo, oramai, questa cosa manca.
Ulteriore rammarico mi viene al pensare che dove la mia “prima volta” fu consumata sono più di 26 anni che non ritorno.
Il posto in sé era estremamente romantico: notte stellata d’estate, spiaggia di sassi ancora caldi del sole pomeridiano, il rumore della risacca di un mare nero, quasi invisibile visto che non c’erano lampioni vicini, la fresca brezza, il moletto turistico in lontananza. Diciamo un quadro quasi perfetto (sorvolerò sulle problematiche tecniche legate ai sassi aguzzi della spiaggia che hanno squarciato la mia camicia e qualche strato di pelle direttamente connesso), ma le romanticherie, purtroppo si fermano qui.
Il posto era la mitica spiaggia di Brighton a metà degli anni ’80, a qualche centinaia di metri dal Palace Pier: il moletto turistico che, a quanto mi è dato di capire, ormai non c’è più (non so se semplicemente smontato o distrutto da un incendio).
Vacanza studio in un posto della mia fantasia cinematografica: il mitico Quadrophenia sulla storica battaglia tra Rockers e Mods con un giovanissimo Sting che ballava proprio nella discoteca (anch’essa ormai sparita) Top Rank dove avevo appunto incontrato questa algida e bella svedese (o danese, o finlandese… sinceramente non ricordo) che ha tolto gli ultimi barlumi di adolescenza alla mia vita.
Andiamo per ordine e provo a spiegare meglio la situazione: come fosse possibile che un ragazzino di 16 anni (che a vederlo ne dimostrava anche di meno), neanche tanto carino (de gustibus&hellip , che al massimo aveva appoggiato una timida mano sul seno di una sua coetanea solo qualche mese prima (ovviamente, rigorosamente SOPRA la camicetta!), di colpo si ritrovi alle 11 e 30 di sera sulla spiaggia con una bellissima ragazza (il classico stereotipo della bionda nordica altamente disinibita) a fare sesso… INVITATO ESPRESSAMENTE DA LEI??
L’unico anno delle superiori dove non sono stato rimandato a settembre in alcuna materia, i miei genitori decisero di “regalarmi” quasi 3 mesi di vacanza studio, da solo, in Inghilterra.
Tre mesi, da solo per la prima volta in vita mia, a tentare di prendere un “first certificate” studiando 4-6 ore al giorno presso il British Polytechnic e spendendo i miei Travel cheque in bibite, fish&chips, videogiochi e DISCOTECHE!
Grazie al fatto che avevo iniziato a studiare inglese con le colleghe americane di mia madre sin da quando avevo sei anni, mi sono trovato subito a mio agio in quella babele di nazionalità dove l’unico punto comune era appunto “il provare a parlare inglese”.
Aggiungiamo il fatto che quando arrivai a metà giugno, il mio era l’unico gruppo di “italiani” a Brighton, poi c’era una gruppo studio di Spagnoli, qualche tedesco ed una folla di studenti e studentesse dei paesi nordici!
Danesi, Svedesi, Finlandesi, tutte alte, belle, formose, con una carnagione quasi alabastro e gelidi occhi azzurro ghiaccio che con un solo sguardo riuscivano a scioglierti.
Con mio stupore mi accorsi subito che in quelle comitive nordiche c’erano pochi ragazzi, ma quei pochi riuscivano a provocare la gelosia di ogni “maschio latino” presente: erano consapevoli della loro innegabile bellezza (diciamo, per fare un esempio concreto, che erano gli antesignani di bellezze stile A-ha o Europe). A loro bastava avvicinarsi in discoteca ad una delle nostre ragazze latine , accennare un sorriso, accarezzarle la guancia delicatamente con un dito e dire “Hi baby..” con un tono molto basso e suadente “.. do you wanna dance with me?” per vedere le nostre amiche sciogliersi come neve al sole (magra consolazione era la consapevolezza che le nostre “Caste” amiche non avrebbero concesso più di tanto).
E noi maschietti? Ecco la prima nota positiva: per il solo fatto di avere tratti tipicamente “latini” (carnagione leggermente scura o abbronzata, capelli castani, occhi scuri&hellip risultavamo, agli occhi nordici, come degli adoni, delle divinità greche come Apollo e Marte (poco importava il filetto di bava che scendeva modello “cane affamato” al solo passare vicino a tali bellezze bionde!).
Fu così che la mia prima serata al Top Rank divenne LA SERATA.
Appena scese le scale che dall’ingresso protavano in basso verso la pista da ballo , insieme al mio caro amico bolognese Marco, veniamo sfrontatamente avvicinati da queste due stupende creature: un bellissimo sorriso, un corpo da favola racchiuso in un abitino estivo provocante. Prima ancora di parlare, ci prendono per mano, poi chiedono “Hi! Are you Italian?”, un po’ titubanti, e spiazzati da una intraprendenza assolutamente atipica rispetto allo standard femminile italiano dell’epoca, rispondiamo all’unisono “Yes!”. La risposta, se possibile, illuminò ancora di più il loro sguardo e la ragazza che teneva per mano me (che successivamente scoprirò chiamarsi Merete) mi trascinò verso la pista con un “C’mon: let’s dance!”.
Da lì è stata tutta una discesa ripida senza freni: ammetto che la mia conoscenza della lingua mi ha sicuramente aiutato tanto, ed i modi “cortesi” che all’epoca contraddistinguevano il “maschio italiano” fecero il resto.
La ragazza era ammaliata e per tutta la serata fu un misto di balli, chiacchierate su futili argomenti e baci… baci… tantissimi baci alternati a bicchieri di coca cola e Schweppes al pompelmo (ricordo che in Inghilterra sotto i 18 anni non si possono bere alcolici).
Si arriva quindi alle undici, quando le allora discoteche inglesi chiudevano i battenti e ti segnalavano la cosa iniziando a mettere balli lenti e luci bassissime.
Io ero vampiristicamente immerso nel suo collo, coperto dai suoi lunghi capelli biondi, ormai soddisfatto della conquista (e ammetto che , seppur con l’ormone allegro, non stavo minimamente contemplando ulteriori evoluzioni), quando lei mi allontana e mi porge una moneta da 50 pence (costo di un bicchiere di Schweppes), sempre pronto a “servire la dama” le chiesi “Coke, Lemon or grapefruit?”, ma lei si limitò a fare no con la testa ed ad indicarmi una strana direzione: i bagni del locale.
Con espressione un po’ ebete in volto, e la monetina in mano, mi diressi verso i bagni non avendo ben chiaro il perché dovessi entrare nel bagno dei ragazzi con una moneta .
Una volta entrato, e realizzato che la coda dei ragazzi non era in direzione dei bagni, ma verso una macchinetta appesa alla parete, la mia “espressione ebete si trasformo in profondo sorriso ebete: 50 pence per due preservativi!”
Ritirate dalla macchinetta le due bustine sorvolai sull’aspetto tecnico del “come si mettono?”, le infilai nella tasca dei pantaloni e mi diressi, quasi correndo, nuovamente al centro della sala… con il timore che avesse aspettato troppo e se ne fosse andata via.
Fortunatamente era ancora lì ad aspettarmi, sorridente,, con la mano testa e quel, quasi timido, “let’s have fun!”
Cento metri di strada ed eravamo già avvolti nel buio della notte, la mia giacchetta sotto il suo sedere, per non farla sporcare sui sassi, e scambiarci effusioni sempre più spinte.
Incurante del freddo (non è che la costa sud dell’Inghilterra sia molto calda d’estate… figuriamoci la notte), eccoci seminudi: lei sicura, abile, ovviamente guidava lei. Io impacciato, col terrore di aver “messo male” quella cosa, con la schiena massacrata dai sassi e tutto il suo leggiadro peso sopra di me che si muoveva modello Lady Godiva al galoppo sopra il suo cavallo bianco.
La prima volta fu anche la prima ansia prestazionale : non avendolo mai fatto mi risultava davvero difficile, quasi impossibile, capire se stavo andando bene o no, se ci stavo impiegando troppo o troppo poco, se dovevo toccare, o baciare, o non fare niente.
A conti fatti temo che la “prima” non me la sono realmente goduta, ma 50 pence erano due preservativi e la seconda fu decisamente migliore e più rilassata.
Arriviamo all’una di notte, lei si riveste ed io realizzo che non ci sono pullman a quell’ora per riportarmi alla casa che mi ospitava in un quartiere periferico della città.
Accenno un saluto e le spiego che ora mi tocca fare dodici chilometri a piedi perché non ho neanche i soldi per pagarmi un taxi, ma lei, con sguardo quasi da mamma chioccia mi allunga una banconota da dieci sterline “Noo you can’t go home this way!”. Commosso accetto e faccio il mio primo errore da “romantico italiano” chiedendole di rivederla il pomeriggio successivo. Lei mi guardò stupita, come se le avessi chiesto chissà quale cosa strana, accennò un sorriso e chiese “Why?” (che tradotto letteralmente nella logica di quel posto, in quel periodo, di quelle ragazze, suonava pressappoco come “Perché vorresti rivedermi? Ci siamo divertiti, ora basta: domani voglio conoscere altra gente!&rdquo
La vidi allontanarsi nel suo taxi, e mi sentii quasi un prostituto, un uomo oggetto (ormai mi consideravo “uomo&rdquo. Feci spallucce e con quelle dieci sterline mi pagai un fish&chips ancora aperto (è da allora che dopo il sesso ho sempre fame!) ed il taxi per rientrare trionfalmente a casa e raccontare l’avventura al mio coinquilino svizzero.
La mattina dopo, in classe,mi presentai con una espressione da “uomo vissuto”: sigaretta non accesa in bocca, capello arruffato (quando ancora ne avevo tanti e lunghi!), magliettina a girocollo rosa salmone e spolverino crema: praticamente la copia comica di Don Johnson in Miami Vice.
Passai i seguenti due mesi a vivere quasi ogni sera avventure simili con ragazze sempre diverse (seguendo la filosofia “finché è caldo meglio battere il ferro!” ) e a studiare per quella certificazione che alla fine riuscii anche a prendere.
A distanza di anni tremo ancora all’impatto negativo che ebbi tornando in Italia: dopo tre mesi vissuti intensamente, al di sopra delle mie possibilità umane, tornare ad essere il sedicenne bruttino, che sembra più piccolo (ma sicuramente molto simpatico) che non batte chiodo… fu davvero un bruttissimo colpo.
Ora ripenso alla dolce Merete (che probabilmente aveva uno o due anni in più di me) e a quei momenti che hanno profondamente cambiato la mia vita, e mi domando se arrossirei a rincontrarla o semplicemente a passeggiare nuovamente in quei luoghi.