Visitato questo
Centro Benessere Japanese
A seguire il racconto della mia visita «atipica».
INDEX: IDX51c9a52413f76df6497e72e91ff4bd4c
ZONA: Naviglio Grande, Via Lodovico il Moro
PARCHEGGIO: Normalmente non particolarmente problematico.
22:35 di una serata che non promette bene. Tentativo di prendere sonno che proprio non vuole saperne di arrivare e di portarmi via. Da tempo i disturbi del sonno sono i miei compagni di vita: sonnolenza durante il giorno e, ovviamente, quando è l'ora della nanna non se ne parla proprio. Dunque, complice il sonnellino pomeridiano in cui mi sono potuto rifugiare per meno di un'ora, finisce come al solito: insonnia 1, io 0.
E dopo un po' di osservazione del soffitto decido che tanto vale fare due passi per tentare di conciliare il sonno.
Hai visto mai?
Ma l'uomo nasce con parte del DNA probabilmente condiviso col maiale per cui inizia ad instillarsi nella mia mente l'ideona: esco, faccio quattro passi (che comunque mi fa bene) e magari mi infilo in uno di quei centri cinesi che ho intravisto più volte lungo il Naviglio.
Mi do una rinfrescata e parto a piedi, complice la serata meteorologicamente gradevole.
Si è fatta quasi mezzanotte quando dopo una passeggiata di 3 km e rotti, incappo in questo centro «massaggi» con questa scritta «OPEN» con luci di un bel «rosa violetto» che si riflettono sul marciapiede! Come se l'insegna mi guardasse per dirmi «Ma si! E' quasi mezzanotte... ma che te frega? Entra e vedi come va a finire!»
E allora Mambo, come cantava il grande Vinicio Capossela!
Cazzomene?
Non c'è in giro nessuno, mi si abbattono le barriere «psicologiche» del farmi vedere da chissà poi chi, e parte il colpo di campanello.
30 o 40 secondi che sembrano eterni.
Poi si apre la porta e una «ben fatta» signorina in «borghese» (jeans, camicia, maglioncino e mascherina d'ordinanza!) mi apre e mi invita ad entrare.
Luce rossa soffusa.
Traduzione: non si vede un cazzo!
Classico ambiente con pareti a 3/4 in altezza.
Non so perchè ma mi viene istintivo saltare il preambolo: alla domanda di rito il cui precipitato politico è «chetteserve?» io rispondo senza indugio: «Un pompino!»
La «mamasan», o la di lei sostituta data la giovane età e, devo dire, anche il bel culo, non fa una piega e nemmeno un plisset. Mi invita ad accomodarmi in una delle stanzine.
E, come volevasi dimostrare, non ha capito un cazzo.
E infatti mi chiede che massaggio voglio.
E io, fermo nella mia convenzione e parlandole praticamente all'orecchio perchè nelle varie stanzine si lavora, mica si pettinano le bambole, le ribadisco il concetto sillabando e mimando con le mani: «Voglio un pompino!»
Al che mi dice che ha capito e mi fa il prezzo: 1VU. Io ribatto 1VU-20 sarebbe più che sufficiente ma, va bene, gliene do 1VU-10, se li vuole! 1 millisecondo dopo mi dice che va bene e mi chiede di stare li.
Per cui mi appoggio su questa sorta di brandina, immerso in questa atmosfera «rosseggiante» mentre s'odono dei bisbigli provenire dalle stanzette.
Daje e daje passano un bel 10 minuti prima che mi venga a riprendere per portarmi nella stanzetta adiacente.
Dove c'è una brandina, si, ma questa volta matrimoniale e una vasca da bagno!
Mi accomodo di pizzo alla brandina e aspetto.
Altri 10 minuti nei quali il «paziente», diciamo così, si accomiata e porta via i coglioni, quando ritorna la mamasan che con aria sorridente mi fa capire la sua perplessità nel trovarmi ancora vestito.
Al che le ribadisco (e tre!!!) che «voglio vedere la merce»
Altro giro, altro regalo: la porta della stanzetta si richiude e passano altri 5 minuti.
Dopo i quali, finalmente, si palesa l'attrice deputata alla «facitura» del lavoro!
Capelli lunghi setosi, bel culo, belle tette e anche un bel visino, in fondo.
Insomma, capiamoci: la genesi dell'operazione l'avete capita e quindi non è che ogni volta che mi viene voglia di un pompino in tarda serata mi aspetto che me lo faccia una da premio Oscar.
E' caruccia. Al mio occhio va bene!
Le chiedo di tirarsi giù il vestito nella parte di sopra e mi mostra queste due, devo dire, belle tette con bei capezzoli.
Ok. Affare fatto.
Mi chiede se le vado bene ed io confermo.
Mi chiede i dindi e le do il VU-10.
E via: chiude porta e sparisce. Altri 5 minuti.
Sembrava la scena di Karate Kid: «metti la cera, togli la cera» solo che qui era «apri la porta, chiudi la porta»
Finalmente rientra.
A questo punto è ora di levarsi i vestiti per agevolare l'esecuzione del contratto.
Mi chiede di andare a bordo vasca e li procede a lavarmi le pudenda di persona.
Peraltro inondandomi i calzini con il getto della doccia ma tant'è...
A questo punto mi metto seduto sulla brandina a due piazze di cui sopra, sopra uno di quei teli di carta usa e getta che mi ha cambiato davanti agli occhi, e lei si mette in ginocchio per iniziare un gradevole lavoro di suzione.
Una volta arrivato ad una decente consistenza le chiedo di passare ai gioielli e a questo punto mi sdraio, lei si posiziona adeguatamente e inizia a suggere anche le mie balle con sconfinamenti gradevoli al bdc! (Si: il bucio de culo!)
La cosa mi inizia a piacere.
Continua così alternando palle, asta e cappella in un crescendo fino a che le chiedo di fermarsi per evitare di sparare il mio colpo prima del tempo.
Lei riprende allora con calma ripartendo dal ball liking ma, questa volta, iniziando a far passare un dito sempre sul summenzionato bdc!
E mi chiede «ti piace culo!»
«Si, mi piace, continua»
Al che mi massaggia l'orifizio col ditino e mi succhia la cappella inondandola di saliva.
La cosa continua per un po' fino a che non resisto. Le prendo la testa, la avvicino con le mani e lei si ingoia tutto il mio piselletto turgido ed io esplodo completamente nella sua boccuccia.
Lei si fa inondare, poi sputa via tutto e mi offre la vasca per un lavaggio conclusivo.
Mentre io eseguo e mi ricompongo lei si va a rimettere in senso in qualche stanzetta dedicata alle lavoranti del centro, suppongo.
Esco, mi avvicino al bancone dove trovo, sempre irrorato di rosso irreale, la «mamasan» e la «lavorante» che mi salutano con un sorriso, mi offrono una caramella e dell'acqua.
Ringrazio, bacetto alla lavorante che mi accompagna alla porta e me ne esco nella frizzante aria del Naviglio.
Mi aspettano altri 3km a piedi per tornare a casa ma ho come l'impressione che, una volta arrivato, potrei anche sperare di essere colto dal sonno.
Ognuno tragga le proprie conclusioni da questo racconto.
Non è il mio genere, in senso assoluto, ma se uno ha la pazienza di vedere come va a finire a volte capita che l'esperienza può rivelarsi non malvagia.
P.S.: nella concitazione degli eventi mi sono evidentemente dimenticato di chiedere alla lavorante come si chiama.
Stay Tuned
The Small One
When you look into the abyss, also abyss looks into you.