Il piccolo regno notturno di Angela III è una piazzola, idonea peraltro alla nostra sosta, sulla rotonda che smista il traffico fra via Emilia, Binasca e l’abitato di Melegnano. Venendo da sud lungo la via Emilia sta a destra, dopo l’immissione in rotonda e dopo la nuova bretella ancora transennata, prima che la via Emilia riprenda il suo corso rettilineo verso S. Giuliano. Coordinate circa 45.36 52 13, 9.31 96 95, considerando che le visioni satellitari e “street” del cantiere non sono aggiornate.
È ex Carpianese, rotonda del Roadhouse, ma non l’ho trovata recensita in quella sede. Non è né l’Angela dei nostalgici sogni melegnanesi di Cunny e El Tanca, né quella da me recensita in altra stazione melegnanese, donde la numerazione “da regina” del titolo.
È una mora di 24 anni, se non mi confondo per il fatto che li ha compiuti pochi giorni fa, moderatamente in carne, sull’1,65 per una sessantina di chili più o meno: viso ovale paffutello carino, lineamenti dolci ed espressivi, capelli adesso lisci lunghi, forse la prima volta che ci siamo visti erano mossi. Forme nel complesso armoniose che sovrabbondano un po’ su cosce e culo, con qualche inestetismo della pelle in particolare sulla pancia. Magliette corte che scoprono l’ombelico, shorts jeans senza collant, mutandine sexy, mettono bene in mostra, adesso che è arrivata la bella stagione, ciò che c’è di buono e di meno buono. Il seno invece era sempre coperto e ho raggiunto i capezzoli da sotto il reggiseno durante la presa a pecora: stimo una misura fra seconda/terza.
Nazionalità: albanese patriottica, come testimonia la custodia del cellulare, con l’aquila bicipite nera su fondo rosso.
Lavora solo coperto, pompino a 20, boccafiga a 30, niente anale, albergo a 70 per la “cosa veloce” e 100 per l’ora che promette reale. Le ho pagato un pompino e un boccafiga in macchina.
Imbosco abbastanza lontano, un gomito a lato di una via minore, senza transito, presso una cancellata che dà su edifici da dove non sembrano poter venire, a quell’ora, minacce d’indiscrezione. Il problema è la condivisione, con una trans e una collega di colore. Durante il primo pompino mi sono visto la trans fuori dalla macchina che ispezionava la situazione; quando siamo andati via ci ha avvicinato, precisando che non ce l’aveva con me ma voleva parlare con la mia compagna, che non le ha prestato attenzione e io ovviamente non mi sono fermato. Nella seconda occasione ho chiesto come si erano evoluti i rapporti, mi ha fatto intendere che si erano chiariti e se non altro è filato tutto liscio.
Tecnicamente è modesta. La prima volta le dispute territoriali fra colleghe non hanno certo giovato alla distensione. Io mi ritrovo nel buio, a sinistra del mio finestrino, l'apparizione surreale della trans che guarda. Lei, saggiando il reagente che aveva fra mani e bocca, mi chiede: “cosa c’è?”. Indovina un po’, penso, sono così rilassato… Invece le dico, pragmaticamente, “dai, fai un po’ di mano”, con il risultato che il preservativo si riempie d’aria e anche quando me lo riprende in bocca non sento niente. Vengo nel nulla. La seconda volta lo svolgimento è stato più lineare, ma il suo pompino resta un su e giù senza fantasie, periodicamente interrotto da lavorazioni di mano. Per la scopata mi dice che a venir su lei si stanca, non insisto e facciamo la pecorina fra i sedili anteriori reclinati. Come sempre dobbiamo trovare la posizione, ma poi, ben sistemati, procediamo con ritmo, anche perché lei contro-spinge efficacemente, fino alla venuta.
Accetta di usare i miei preservativi, ma mi ha fatto vedere che era dotata di Durex.
Di norma, dopo un incontro come il primo non torno. Se l’ho fatto è perché ho trovato Angela di un’ineffabile affabilità, una di quelle sintonie non so quanto spiegabili: o che siamo dello stesso segno zodiacale, o che l’ho percepita come non incalzante sui tempi, distesa e non indifferente nella semplicità della conversazione, attenta alle piccole cose (le ho fornito il lubrificante che tengo in macchina al posto della saliva, visto che l’aveva dimenticato a casa ed è stata attenta a non sporcare in giro). Fatto sta che almeno una seconda volta l’ho cercata, non è stato il caso o l’indisponibilità di altre.
Interessante il momento dello smaltimento dei rifiuti. Serafica, infatti, trilla: “Butti tu dal finestrino?” Cioè, nel suo orizzonte mentale non c’è nemmeno spazio per un’alternativa allo sbattere per terra lo squallido involtino, in compagnia di un già consistente strato di immondizia post-coitale; il dilemma era solo a chi toccasse il gesto. Le ho risposto che buttavo io ma altrove, e mi sono fermato per fruire del cestino della prima stazione di servizio.
Spergiura che le forze dell’ordine girano, controllano ma non multano, perché, sostiene, “ormai tutti vogliono scopare con le ragazze”: come interpretazione sociologica mi pare debole, ma come auspicio si può condividere.