Dedico il presente aggiornamento esclusivamente alla prestazione in camera, l’unico elemento dell’offerta di Valeria che mi restava da esplorare, senza tornare su aspetti estetici, tecnici e attitudinali su cui credo di aver detto abbastanza, insieme a chi mi ha preceduto.
Se l’è procurata e domanda 50 per la sveltina (“una cosa veloce&rdquo
e 70 per “una cosa tranquilla”, di cui promette la dilatazione fino alla mezz’ora, lasso di tempo che in effetti rende nervose molte professioniste del “50 a casa”, motivo per cui giudico questa doppia articolazione un espediente pretenzioso ma non privo di interesse (mancherebbero solo i 60 per “una cosa normale”!). Parlando mi dice che si fa dare uno o due deca in meno per il solo pompino fra quattro mura, peraltro a seconda che il cliente la voglia vedere tutta nuda, che a me parrebbero richieste piuttosto particolari ma che evidentemente lei ha ritenuto di contemplare. D’altro canto devo sottolineare che l’offerta conserva serie limitazioni: ribadisce con insistenza che restano indisponibili l’anale e qualsiasi tipo di scoperto, anche solo l’orale preliminare.
Tutte e due le volte, ovviamente (!), l’ho ingaggiata per 50, ma tutte e due le volte le ho poi chiesto di espandere i tempi, pagandole i 20 restanti. È stata una mia iniziativa, senza rilanci suoi, ma sono sicuro che la sagace Valeria non se ne è sorpresa. Il mio desiderio è nato nel corso delle operazioni, ma per motivi opposti. La prima volta una visione e un’intimità non esposte alla precarietà del parcheggio mi ha coinvolto molto, quindi ho cercato degli “intercalari” (già, come si chiamano? Quelle pratiche soft di contatto reciproco, vellicazione di unghie e polpastrelli o palme, baci sulla pelle, che se si fanno prima sono dei preliminari, se si fanno dopo dei postliminari, ma se si fanno in mezzo, come abbiamo fatto noi, sospendendo la serie delle posizioni? Non mi verrebbe che da definirle così, visto che non sono sul limen, ma inter). La seconda volta io ero più provato (dal programma piuttosto intenso degli incontri di quei giorni di vacanza) e mi sono presto accorto, già durante il pompino, che nei tempi della “cosa veloce” non sarei venuto… a capo di nulla.
È singolare che durante tutto il viaggio d’andata e ritorno del secondo incontro, ispirato dal suo reiterato auto-identificarsi come ragazza “semplice”, che si ritiene apprezzata da clienti che cercano la spontaneità, che non se la tira da strafiga, tutto vero senz’altro, e pur non essendo io, a mia volta, un libertino con una concezione agonistica della relazione erotica, l’ho invitata a non dimenticare la manifestazione della sensualità come potenza, facendole ascoltare un paio di brani musicali che a mio parere esprimono bene il concetto. Lei ha convenuto di avvertire questa (sua) specifica forza. E mi sa che è toccato a me farne le spese (in senso non metaforico).
La casa si trova oltre corso Lodi, nella stessa palazzina vecchia Milano, ma non fatiscente, che molti di noi conoscono come quella che ospita (o ospitava?) l’alcova di Anna di viale Umbria e non solo. Si parcheggia facilmente, anche se non a norma di codice della strada, sotto casa. Su un lato c’è la filiale di una banca eventualmente utile, ahimè, al fluido scorrere del denaro di anello in anello dell’inesorabile catena prelievo-consegna che avvince l’amor venale. Sull’altro lato un locale, che ai tempi della mia frequentazione di Anna ricordavo sempre gremito di gente e di sguardi che stavolta, però in giorni feriali, non ho percepito. Si entra, si percorre una corte interna tranquilla e si sale al piano con ascensore, che una sera condividiamo con un uomo piuttosto attempato in giacca e cravatta (vedendolo assai serioso interpellerò anche Valeria: “chissà se ha capito che tipo di fidanzati siamo&rdquo
.
L’appartamentino è spartano, ma lindo e adeguato allo scopo: consta di una cameretta con alla sinistra (guardando la finestra) la cucina, a destra un letto pratico incastonato in un armadio, sul lato opposto alla finestra un tavolino e due sedie per riporre abiti e oggetti. Valeria prevede, un po’ alla volta, di rendere più caldi i toni delle pareti, ma per ora rimette ad una lampada che proietta sui muri una insolita iridescenza di colori il compito di creare un’atmosfera più intima. Ho visto che il bagno è fornito degli accessori sanitari che occorrono, bidet compreso, anche se non li ho messi alla prova perché venivo direttamente dalle abluzioni domestiche.
I soldi li lascio sul tavolo e lei non li ritira sino alla fine (e solo alla fine aggiungerò l’integrazione pattuita nel corso delle operazioni).
Si spoglia rapidamente dei suoi abiti, abbinati al nero la seconda volta, al bianco, che le dona meno, la prima. La guardo con piacere. La descrizione sintetica ed esaustiva del suo corpo è stata apposta all’inizio della discussione dal magnificus dominus Porcellinus e non faccio che riprenderla: “sedere e cosce tornite ma tutt’altro che eccessive, terza di seno molto bello anche se un filo cascante per gravità”. Aggiungo solo un paio di particolari. Mi dice che rispetto a quest’estate, anche rispetto all’arcadia sovietista del sogno di Drdave quindi, ha perso qualche chilo, non saprei infatti se misurare ancora il seno come una terza piena. Mi permetto di invitarla a fermarsi qui, altrimenti le rotondità che rendono sensuale il suo corpo si svuoterebbero, il seno in particolare che di suo tende a rilassarsi, e lei ne conviene. Apprezzo un particolare oggi divenuto raro: non ha tatuaggi che tribalizzino il naturale candore della sua pelle.
Offre preliminari classici in cui usa bene la lingua, le labbra e le mani sul tuo corpo, e lascia che le usi tu sul suo, però con molte interdizioni. Niente baci in bocca (mi negherà persino un bacio asciutto sulle labbra che la posizione frontale della missionaria reclamava potentemente) né leccate di figa. Per farsi toccare dentro, dopo qualche malizia del mestiere (non tiene su le mutandine durante i preliminari, come in macchina, ma magari accompagna/ostacola i tuoi movimenti di risalita serrandoti la mano fra le cosce), mi prospetta l’amuchina che l’ha resa celebre, ma siccome non è pratica che mi coinvolga oltremodo non vado al di là della solleticazione dell’interno coscia. Più fluidi altri fronti: è reattiva alla vellicazione delle superfici sensibili e i capezzoli si inturgidiscono alla leccata, anche se la seconda volta mi ha chiesto di fare piano, non so se perché l’ho succhiata meno delicatamente o perché voleva mantenere il pieno auto-controllo. Si ritiene pure brava con i piedi, ma accidenti, fa vanto di queste abilità solo alla fine della seconda seduta, e non l’ho ancora messa alla prova.
Il suo pompino l’abbiamo già descritto, in casa è più agevole variare le posizioni, entrambi sul letto o lei seduta sul bordo del letto e io in piedi che la guardo dall’alto nelle sue proiezioni profonde.
Sperimentiamo le diverse posizioni canoniche da letto. La prima volta con maggiore varietà (pecorina, missionaria, smorzacandela e infine di nuovo missionaria), la seconda con durate maggiori delle cavalcate (pecorina, missionaria, pecorina prima sulle ginocchia e poi sdraiata sulla pancia).
Nelle posizioni non è passiva, e non mi riferisco tanto ai prevedibili e alquanto accessori mugolii di sottofondo, ma al fatto che non resta inerte lasciando a te tutta l’iniziativa. Nella smorzacandela è energica, niente a che vedere con le gatte morte che pensano basti dondolarsi pigramente sull’inguine del maschio, invece la vedi proprio saltare sull’uccello che sparisce nella sua pancia e ricompare ad ampia estensione. La missionaria e la pecorina riservano ovviamente ruoli più attivi al maschio. Lei comunque accompagna la prima con la sollecitazione del petto e della schiena con le unghie, un sorrisino compiaciuto, su richiesta l’attanagliamento del mio bacino con le sue gambe. La seconda volta, durante la lunga pecorina, sarebbe a suo dire la posizione che preferisce, lei cerca il mio corpo con i piedi e ho percepito con piacere il mio inguine inumidirsi della nostra fatica e della sua figa.
Valeria ha il polso del piacere maschile, anche se bisogna dire che non è difficile per una ragazza dotata di intuito erotico che ti sta tenendo in bocca o in mano o in corpo un reagente invero più sensibile del polso e abbia un pochino fatto esperienza della tua reattività. “Stasera non ci sei tanto”, mi fa infatti, con discrezione, durante il pompino la volta in cui fatico di più a coinvolgermi, premessa per l’apertura di un momento più effusivo che ha rilanciato al meglio il desiderio. Invece una fase eroticamente più tesa le ispira un diverso linguaggio, quello con cui le nostre giovani provano a gratificare la nostra mascolinità più primordiale: “ti è diventato lungo due metri”. Usa il lubrificante, anche più volte nel corso della seduta se le operazioni si protraggono, ma è consapevole che una copula non è un gioco sullo scivolo: avvertendo più attrito di quanto immaginassi nella smorzacandela, le chiedo se ritenga necessario dell’altro unguento e mi rassicura: “no, altrimenti tu non senti più niente”.