È una di quelle serate estenuanti che di tanto in tanto capitano al puttaniere di strada: fra primi freddi e notte di punta non c’è in situ neanche una delle ragazze da cui vorrei tornare o che vorrei provare, da altre non voglio più ripassare, intravedo una biondina ma i vigili sono fermi non lontano da lei, faccio un giro, torno sui miei passi, una volta, due volte, e non si muovono. Prima che i circuiti automobilistici diventino gorghi nevrotici vedo nella postazione all’angolo piazzale Lotto/viale E. Elia, 45.48 0664, 9.14 3442, presso l’accesso del benzinaio Eni, la collega di una ragazza della quale ricordo una prestazione perlomeno decente. Si fa chiamare Anna, rumena, e dichiara 20 anni, che se possono essere calati lo sono di poco. Sarà alta sull’1 e 65, viso quadrato asciutto carino, capelli mori sulle spalle divisi in due dalla riga, occhi, se naturali, azzurrissimi, carnagione chiara, snella; carina insomma, anche se mostra solo le belle cosce, grazie alla minigonna.
La ingaggio per il pompino coperto a 20 euri. Non desideravo altro e al momento non ho chiesto di più, mi riproponevo di approfondire in seguito l’offerta, ma lei mi ha fatto passare completamente la voglia di parlare di pratiche e tariffe, esasperandomi tutto il tempo con richieste di supplemento. 50 per il pompino scoperto, contrattabili ma fino a un certo punto: per 30 non si farebbe venire in bocca. Poi vorrebbe scopare, immagino per raggranellarne almeno 30. Chiede altri soldi per mostrare il seno. Un arrotondamento per stare più tempo, perché con 20 sono solo dieci minuti. Fortunatamente mi sono tenuto stretto al danno minimo, perché soldi buttati erano e soldi buttati sarebbero stati.
L’imbosco non è tale, come sanno anche molti altri colleghi, diciamo che farlo direttamente in piazzale Lotto sarebbe più o meno la stessa cosa. È tardi ma il passaggio di macchine non è azzerato, di tanto in tanto qualcuno manovra dietro di noi. Per di più ci scruta dall’alto, in vantaggiosa posizione frontale, una videocamera di sicurezza. Il filmato che immagino a breve sarà caricato su Youtube dall’addetto alla vigilanza non è un porno, ahimè, ma, grazie all’opportunità mimetica offerta dal bianco e nero e dall’assenza del sonoro, una credibilissima comica dei tempi del muto. Interpreti: Buster Keaton dalla maschera imperturbabile; una cocciuta e capricciosa giovane donna di stile Charleston.
Provo a descrivere ordinatamente le sequenze del cortometraggio (molto corto) che più divertiranno lo spettatore, seguendo il ritmo incalzante tipico dei primordi della cinematografia. Anna cerca di aprire la busta del preservativo e non ci riesce! La passa al cliente perché provveda lui. L’uomo ha la faccia di uno cui per la prima volta una ragazza che dovrebbe essere del mestiere fa questa richiesta, ma riesce nella non complicatissima operazione. Restituisce busta e preservativo alla ragazza, che li fa subito cadere. Cliente e giovine si tuffano con la testa di sotto, perché per sventura l’involucro è caduto in un pertugio tra i sedili, dove cercano di infilare le mani, ma non è facile. Solo dopo un po’ Anna riemerge con il goldone. Inutile dire che è il rosso-Serena, che infiammerebbe anche l’austera fotografia in bianco e nero. Lei appoggia la busta sul cruscotto in modo che il lubrificante lo macchi colando. Siccome è convinta che non si copre l’uccello prima della completa erezione tenta di rivitalizzarlo con una sega del tutto insignificante, fino a quando il cliente sembra spiegarle che un pompino a regola d’arte farebbe più effetto. Il cliente cerca anche le tette della compagna, tuttavia coperte a prova di contorsionista. Anna allora incappuccia senza troppa destrezza e si butta a capofitto sull’inguine del cliente, iniziando un movimento i cui tempi a prima vista si potrebbero attribuire ad un’anomala accelerazione dello scorrimento della pellicola, così frequente in questi vecchi film. O forse è una citazione, voluta dal regista, delle scene surreali anni Venti in cui la corporeità degli attori sembrava decomporsi in movimenti da marionette, proiettate con l’accompagnamento in sala di musiche briose al pianoforte? No: la centrifuga di mano e di bocca, frenetico e contemporaneo movimento a sega e su e giù delle labbra, è ciò che la ragazza intende essere il pompino. Inutilmente, a parole e gesti, il cliente cerca di chiedere almeno di non impiegare la mano. Anna reagisce, con un nervoso scatto d’orgoglio, a questo crimine di lesa maestà: lo sa lei come si fanno i pompini! Allora siamo a posto! Sul viso del cliente si legge l’assoluta assenza di piacere, neanche una grinza di godimento increspa la sua espressione, tranne per qualche istante in cui Anna gli solletica, più energicamente che delicatamente, i testicoli. Quando lei gli fa capire che il tempo sta scadendo, l’uomo, consapevole che, in questo luogo per nulla appartato, in un incontro la cui atmosfera erotica è stata deviata da tutta quella goffaggine verso altre sfumature, un trattamento di tale insensibilità non gli procurerà mai l’orgasmo, congeda la giovane, che non prende con sé i residui dell’incontro.
Ripristino adesso il sonoro per non trascurare qualche dettaglio della personalità di Anna. È ciarliera, pone domande dirette (tipo: cosa hai fatto stasera?) e la cosa costituirebbe anche un piacevole intrattenimento se fosse il preludio di una situazione erotica e non del nulla. Più disturbante è che sia anche molto sfacciata e curiosa. Essendo attaccata come è ai soldi, si può immaginare in quale modo indirizza le sue attenzioni: che lavoro fai? Quanto guadagni? Come è fastidiosa la sua abitudine di guardarsi intorno sfrontatamente, ma anche in questo in realtà con molta imperizia: sopravvaluta il modello della mia macchina come segnale di tenore di vita che le ha fatto sperare chissà quale bottino; mi chiede cosa ci sia dentro una custodia che la attira e che ospita semplicemente vecchi e graffiati occhiali di riserva per la guida.