Ho incontrato due volte Consuelo, la prima volta a fine novembre nella postazione di viale Tibaldi e la seconda, adesso, in quella di viale Umbria, lato parco Marinai d’Italia, direzione da corso XXII marzo a piazzale Lodi. Entrambe sono già state identificate sopra analiticamente, ma giusto per la comodità di inquadrare subito l’ubicazione vigente riporto le coordinate 45.46 1675, 9.21 7210.
In viale Tibaldi aveva un tariffario più interessante, perché era dotata di casa, quindi faceva, oltre alle prestazioni in macchina ai prezzi indicati sopra, anche il boccafiga coperto fra quattro mura a 50, che diventavano 70 per l’orale scoperto, mentre l’anale restava indisponibile. Adesso, in largo Marinai d’Italia, fa invece solo l’auto, dice che il mantenimento della casa in rapporto al giro d’affari non era conveniente, e non ha accesso da sola all’appartamento dell’amica Alessandra, a tal fine è possibile solo un abbinamento a 100 (50 per ciascuna) che non mi interessa. In alternativa c’è l’albergo ed eventualmente la casa del cliente (non mi pare restia a questa ipotesi) a 100. Le ho pagato la prima volta 50 per il boccafiga coperto a casa e la seconda 20 per il pompino protetto in macchina.
La casa era la stessa da me visitata ai tempi della Rossana di viale Tibaldi, solo sono spariti i puffi, in senso buono, cioè i pupazzi-guardoni che affollavano gli scaffali del mobile in sala. L’imbosco che usa in zona viale Umbria è un budello polveroso d’abbandono e cantieri, un paesaggio urbano di cui io non sospettavo nemmeno l’esistenza in una zona dove ho sempre privilegiato la consumazione casalinga, direi abbastanza protetto, ma in cui temo di aver rimediato la foratura di una ruota, ennesima cicatrice di queste avventure.
Fisicamente la trovo una ragazza molto carina. Senza tacchi non raggiunge l’1,60, minuta, con culetto in scala e prima di seno, dal capezzolo bello e reattivo alla ciucciata. Ha una pelle fresca, bel visino pulito, aperto dal sorriso, con fronte lasciata sgombra dai capelli scuri tirati indietro, occhioni azzurri si è detto sopra, verdi per me, dipende dai riflessi di luce risolve lei. È tatuata sul braccio. L’ho vista sempre vestita provocante, anche se con misura: minigonna o pantaloni aderenti di pelle nera.
È intuitiva e molto comunicativa. La prima volta, dopo gli immancabili commenti sul tempo, ci siamo un po’ stuzzicati per indovinelli.
“Quanti anni hai?”. “Indovina”. “22” “Esatto”. Ora, io non ricordavo l’età indicata in questa discussione, è vero che di fronte a tale piccola civetteria applico, come ho detto altrove, una funzione cavalleresca che diminuisce di una percentuale fissa l’età percepita, ma certo non ne dimostra molti di più.
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i che segno zodiacale sei?”. “Indovina”. Mi pare una complessione a tema dominante d’acqua e sparo: “Cancro”. “Pesci”. Non male! (dunque adesso gli anni dovrebbero essere 23.)
Invertiamo i ruoli. “Cos’è questa musica?”. La stazione radio trasmetteva l’aria di Verdi “Libiamo nei lieti calici”. “Mozart”. Va beh, approssimazione meno brillante, penso d’avere vinto io, però già notevole, visto il livello medio delle colleghe, che sappia che Mozart è esistito.
Il suo appartamento si trovava ad un piano intermedio: sulle scale mi invita a non fare rumore ma poi lei fa un casino bestiale lasciando cadere le chiavi e il paradosso le strappa un commento autoironico e un sorriso in cui ho trovato molto del suo modo di porsi.
In casa offre preliminari veloci ma non insipienti, tipo che si spoglia ma fa togliere a me il reggiseno (era un bell’abbinato rosso), si lascia leccare le tette ecc.
Il pompino è tecnicamente valido. A casa fa presa profonda e tamburallamenti di lingua; accovacciata davanti a me seduto sul divano che mi guarda mentre cerca di farselo sparire in bocca è molto coinvolgente. In macchina è più sbrigativa, però variazioni e tamburallamenti di lingua non li nega, anche se usa la mano a intervalli, non a segone, ma a massaggio, con finale intensa stimolazione della venuta.
Con le scopate siamo stati meno fortunati. A casa sua innanzitutto aveva abbattuto la soglia della mia sensibilità con lo sciagurato goldone rosso, di cui adesso fortunatamente ha abbandonato l’uso a favore di un profilattico meno separante. Poi penso che l’appartamento, spoglio ma spazioso, ben tenuto e pulito, pure profumato mediante un erogatore, non fosse attrezzato al meglio. Si restava in sala e, mancando il letto, si impiegavano due divani non molto larghi. Un po’ la scomodità, un po’ che lei è più piccolina di quanto mi paresse, ma la prima posizione da dietro, io in piedi e lei a quattro zampe sul divano, non ci riesce molto bene. A quel punto anche quando passiamo alla missionaria non mi coinvolgo più di tanto e finisco di mano aiutato da lei.
In macchina rifiuta apriori di venirmi sopra lei, eppure con la sua corporatura non dovrebbe avere difficoltà in questa posizione, e allora tanto vale andare sul sicuro fermandomi al solo pompino.
Non usa metodi intimidatori, ma la clessidra è strettamente organica al suo approccio. Mi fa venire in mente un passaggio del romanzo dedicato da Dino Buzzati agli (ai suoi) amori mercenari, quando, fra le altre esperienze da cliente cui dà voce, ironizza su quella del tempo misurato. “Ricomparve alle una e trentasette … Alle due meno diciotto tutto era già finito. Mica che questo si potesse dire far l’amore. Ma c’era il treno da prendere”. Ecco, in entrambe le situazioni la percezione più sgradevole è stata quella di trovarsi fra le 13,37 e le 13,42 senza che nemmeno ci fosse un treno in partenza. Quando siamo andati a casa, infatti, ero io l’ultimo treno, non era programmato il ritorno al marciapiede (così ai saluti ho avuto l’occasione di vederla avvolta in un accappatoio leopardato), nonostante dunque non dovesse avere il timore di rosicchiare intervalli utili ad un altro possibile cliente, mi ha fatto notare che non si poteva stare molto. In macchina non si spoglia nemmeno della giacca; inoltre, sebbene di nuovo non mi pare di essere andato troppo per le lunghe, squilla inevitabile la romantica sollecitazione “amore sborra!”, stavolta perché deve raggiungere l’amica-collega in un angolo della strada, tanto da lasciarmi con frettolosi saluti e la pattumiera in macchina.