Pubblico uno studio di cinetica pompinaria dedicato a quei colleghi, talvolta se ne è parlato esplicitamente nel forum, interessati a sperimentare l’orale in situazioni dinamiche.
La galleria dell’autolavaggio ha esercitato su di me, sin dall’infanzia, uno strano fascino. Da anni ne sento anche la singolare sensualità: la luce che cala, il sapone che schiuma, i rulli avvolgenti che accarezzano la carrozzeria, sensibile epidermide di quella creatura femminile sui generis che è l’automobile. Si aggiunge il mio impulso a sottrarre l’erotismo alle riserve chiuse e buie in cui la morale borghese l’ha seppellito per lasciare che esso torni a fluire in tutti gli interstizi della vita quotidiana. Date queste premesse, una volta, tornando da una spedizione diurna e approfittandone per fare lavare l’auto, mi sono proprio detto: prima di addormentarmi nella pace dei sensi, devo riuscire ad ambientare qui dentro un bel pompino. Considerando poi che io l’auto la sporco soprattutto sulle sterrate delle camporelle diurne, l’erotizzazione anche della fase della sua pulizia era la perfetta chiusura del cerchio.
Per realizzare questa fantasia erotica, o comico-erotica, coltivata a lungo nella mente, sarei stato disposto non dico a pagare qualsiasi cifra, però a dilapidare fino ai 100 euri che riservo, di tanto in tanto, per i “bisogni erotici speciali” (diagnosticati clinicamente come BES).
Mi sono messo al lavoro con il metodo che la scienza e l’arte dell’amor stradale esigono. Mediante sopralluoghi sul terreno a vasto raggio nel sud Milano, riverificati grazie alle immagini satellitari, e la rielaborazione dei relativi dati mediante i rudimenti del calcolo trigonometrico, ho identificato tre autolavaggi che servono utilmente altrettante aree calde: quello di via Ferrari a Milano, quello sulla Binasca presso l’incrocio con la Valtidone e il Tamoil di Peschiera, sulla Paullese. Nel primo mi hanno detto esplicitamente che esigono che il cliente scenda dall’auto durante la pulizia per motivi di sicurezza; nel secondo credo che la prassi sia identica (e ho avuto anche l’impressione che la galleria sia corta ed esposta); nel terzo ho visto che lasciano fare ad ognuno quello che crede. Ho quindi realizzato un collaudo generale per la sincronizzazione cronometrica del desiderio: avevo tre minuti a disposizione!
L’altro problema da risolvere era il reperimento in situ della compagna. Sulla Binasca e in via Ripamonti avrei avuto a disposizione più ampia scelta e a minore distanza. Da Peschiera invece le postazioni sono relativamente lontane. In perlustrazione preliminare, peraltro, rilevo che i vigili urbani hanno avvicinato un cliente e le ragazze della rotonda di intersezione fra la Paullese e la Cerca e le hanno allontanate, a Paullo non c’è anima viva, a Colturano l’attraente bionda che si metteva dopo la rotonda, verso Dresano, è stata sostituita. Stringi stringi, resta Anna, che rivedo nello stesso posto di aprile, seduta sotto un ombrellino per ripararsi dal sole.
Sapevo che sarebbe stata una fatica convincerla e che avrebbe cercato di estorcermi la somma più alta possibile. Poi, mi dicevo, magari vado all’autolavaggio e per qualche ragione lo trovo chiuso. Insomma, mi butto o no? Mentre sono preda del dubbio, mi raggiunge un segno dal cielo. All’incrocio dove faccio inversione, vedo su un palo la locandina di una festa organizzata per domani dalla Proloco di Colturano, intitolata “Sogno di un Carnevale di mezza estate”. . L’ho recuperata in rete:
https://colturanoproloco.fi… Mi sembra un'iniziativa culturalmente inconsistente, degna di un'amministrazione comunale che, per il solo fatto di perseguitare i puttanieri, ha tutta la mia disistima, perché l’essenza del Carnevale, per ragioni storiche e antropologiche, è quella di una festa invernale. Però con quella scritta mi pare che dall’alto incoraggino la mia identità puttanizia a non rinunciare a tradurre in realtà un sogno d’estate! Per di più con la soddisfazione di violare per la seconda volta il terreno ostile di Colturano.
Avvicino Anna. Già lei con l’italiano se la cava così così, e mi ci vuole un bel momento per spiegarle cos’è un autolavaggio. Poi ha mille paure: “Solo se non c’è gente!”. Io: “La gente c’è ma non ci può vedere”. Mento intenzionalmente, assicurandole che disponiamo di cinque minuti buoni d’intimità. “Però se c’è la polizia no!”. Va bene: in fondo trovo toccante il modo in cui anche le ragazze di strada interpretano il ruolo femminile della prudenza di fronte alle temerarietà maschili. Rompe invece con un puntiglio eccessivo sul tempo che impiegheremmo ad andare e tornare. Alla fine le metto sul piano i 100 euri disponibili, prendere o lasciare, per un tempo più o meno corrispettivo alla prestazione d’albergo, però molto meno impegnativa per lei e a rischio quasi nullo, e ovviamente accetta.
Facciamo il tragitto in macchina e alla rotonda di Peschiera, a due passi dalla stazione di servizio, una pattuglia di vigili si sta occupando della rimozione di un veicolo guasto, ma Anna, per fortuna, non la vede. A destinazione, opto per il solo lavaggio esterno (6 euri di aggravio). C’è la coda e la facciamo, impiegando l’intervallo per un’adeguata preparazione. Anna, congruentemente pagata a tempo, non si lagna. Io la lascio giochicchiare con il cellulare, tanto non è certo la ragazza più comunicativa che conosco, ma intanto le tocco quella pelle così scura e liscia, anche se sulle gambe, che piega ad angolo verso di me, sento già la ricrescita. Lei non vuole che io sia troppo impudico. Io: “Possiamo sembrare due fidanzati”. “I fidanzati non fanno queste cose”. “Eh già. Adesso i giovani scopano nelle piazze, si riprendono con il cellulare e caricano i filmati in rete”. Anzi, siccome è vestita così corta, con monopezzo estivo e sgargiante, che ogni minimo movimento le scopre le mutandine, tiene la borsa sulle cosce. Quando però il ragazzo in fila subito davanti a noi, che Anna tiene d’occhio, finalmente abbandona la tipica postura estiva di attesa (fuori dall’abitacolo, appoggiato a braccia incrociate sulla portiera aperta) riprendendo posto nella sua auto, lei mi manipola il pacco attraverso il pantalone in un modo rustico e malizioso che lancia definitivamente la mia eccitazione. Io intanto mi faccio dare il fazzolettino umido e anticipo la solita disinfettazione preliminare.
Finalmente tocca a noi. Fila tutto liscio e non ci chiedono di scendere. Io, in caso disperato, mi ero già preparato l’ultima carta da giocare per strappare una benevola eccezione: è una giornata veramente torrida, io e… la mia gentile signora preferiremmo rimanere in auto con l’aria condizionata piuttosto che cuocere sull’asfalto. Anna però torna più casta durante il trattamento della carrozzeria e degli pneumatici da parte dell’addetto con la lancia. Io tento di rassicurarla: “Non guarda”, anche perché i vetri sono già schizzati di detersivo. Ma lei è decisa: “Come non guarda?!”. E stavolta forse ha ragione lei. Quindi ci limitiamo a tenerci candidamente per mano, mentre le do qualche bacio sul collo.
Viene il momento decisivo. Mi fanno mettere le ruote sui due binari per entrare in galleria. Non appena valutiamo che le grosse spazzole e la pioggia di spruzzi ci rendono invisibili al mondo, estraggo l’uccello senza abbassarmi i pantaloni (sempre per risparmiare attimi preziosi) e lo consegno alla sua bocca. Lei si accovaccia cominciando una super-stimolazione, non frenata anzi incoraggiata da me a metterci la massima energia: le delizie del libertinismo saranno per un’altra occasione. Tuttavia tre minuti proprio non mi sono sufficienti. Non c’è da scherzare con le mie solite battute di celebrazione dell’eiaculatio precox, non basta essere arrivato bello carico, già ben preparato da Anna e concentrato con il pensiero fisso sui miti erotici della mia giovinezza. Con questi tempi, che attaccato alla bocca di una donna mi paiono ancora più brevi di quelli misurati in anticipo, di pompino puro, ahimè, non riusciremmo a concludere. Nelle fasi finali lascio dunque libero corso alla sua mano, sicché Anna, già allarmata perché l’auto avanza a scatti inesorabili nel tunnel, per non essere vista piegata sul mio uccello all’uscita si raddrizza nuovamente sul sedile, stendendo il braccio verso il mio pube; poi, per gli ultimi colpi, faccio sentire là sotto al co-protagonista dell’avventura la mano del padrone, che lui riconosce sempre. E, per grazia di Cupido, vengo (in un fazzolettino, risparmiando il pantalone, almeno al 99%) quando l’asta orizzontale che emette l’aria erogata per asciugare la carrozzeria si sta già alzando, come un sipario che si riapre sul mondo esterno “per bene”, riconsegnandoci a relative convenzioni e tabù.
Per avere dovuto sbrigare con la massima fretta le operazioni finali, l’involtino dei fazzolettini risulta un po’ più ripugnante del solito, fortunatamente senza però che, ultimata la pulizia esterna, sia subito costretto a provvedere a quella interna dell’abitacolo. Sull’area di sbocco, comunque, non c’è nessuno a intercettare i nostri ultimi movimenti. Guardandosi intorno rassicurata, finalmente anche la mia timorosa e un po’ legnosa compagna si rilassa, ce l’abbiamo fatta, e se la ride della nostra riemersione alla luce come persone rispettabili, non più imputabili di lesa moralità: “Non abbiamo fatto niente”.