Ancora una volta sulle stesse tracce di Autoctono, da bravi esploratori del sud Milano, in questo caso ad essere precisi già nei confini del Lodigiano, ho conosciuto Maria.
Specifico per i forestieri il luogo di attesa. Sulla via Emilia, all’altezza delle coordinate 4 5 . 3 4 3 0 5, 9 . 3 5 8 9 4, nelle corsie di un’area di smistamento del traffico per la zona industriale di Sordio, a sinistra per chi viene da Melegnano, a destra per chi viene da Lodi.
Ha uno di quei corpi giovani (dice 23 anni, se non ho capito male) con proporzioni smaglianti, tra l’1,60 65 di statura per un peso fra i 50 55 chili, quindi snella ma non anoressica, curva bene, soprattutto le tette (lei corregge in terza la mia impressione di una seconda abbondante), bianche ed elastiche, ma anche la sezione di cosce fra stivali e minigonna faceva il suo bell’effetto. Adesso i capelli sono sempre lisci ma schiariti da una tintura sul ramato, occhi verdi ad addolcire un viso tondo e carino.
Tariffario come già riportato, nega esplicitamente di fare l’anale, chiede 100 per l’ora d’albergo. Io le ho dato 30 per il boccafiga protetto.
L’imbosco è condiviso con la collega bionda, non appiccicato al luogo di ingaggio, ma vicino alla statale, aperto alla vista (secondo me non molto tranquillizzante per le posizioni all’aperto), ma senza traffico. Per tutto il tempo della nostra intimità non c’è anima viva, ma solo un’anima morta fra la nebbiolina leggera della notte: una macchina vuota che vedo sempre fissa lì, forse fino a quando non diventerà uno scheletro di lamiera.
Si spoglia solo al momento di passare alla scopata, però mi basta farle capire che le vorrei vedere le tette e lei le estrae da un reggiseno rosa e una maglietta nera la cui bombatura faceva pensare ad una dotazione ancora maggiore.
Il pompino è migliore della media stradale: quasi senza uso di mano, con presa non superficiale e qualche meritevole interruzione del saliscendi per pennellate di lingua lungo l’asta, mi fa reagire subito bene. Per quanto riguarda la scopata ho potuto apprezzare il dinamismo: ci sta a salirmi sopra lei sul sedile guidatore reclinato senza menate, prende posizione con disinvoltura e ci dà dentro, prima pompando su e giù, mi eccita la forza che esprimono quelle belle cosce, poi, mentre vengo, roteando il bacino orizzontalmente. Simula più del necessario.
I resti li ritira lei.
È una persona attenta: mi chiede se mi ha fatto male infilandomi il preservativo e si sincera che qualche mio sospiro non sia un lamento. È simpatica, ma non comunicativa al massimo, nel senso che ha un sorriso aperto ma un po’ stampato, con cui accompagna ogni risposta senza mai tirare fuori molto, considerando però i tempi brevi del tragitto. Comunque, senza elevarsi oltre il piano dell’ovvietà, meglio un sorriso stampato che una smorfia di apatia che non si cancella mai, come sul viso di molte sue colleghe. Prima di scendere dalla macchina offre di sua iniziativa la guancia a un bacetto di saluto.
Specifico per i forestieri il luogo di attesa. Sulla via Emilia, all’altezza delle coordinate 4 5 . 3 4 3 0 5, 9 . 3 5 8 9 4, nelle corsie di un’area di smistamento del traffico per la zona industriale di Sordio, a sinistra per chi viene da Melegnano, a destra per chi viene da Lodi.
Ha uno di quei corpi giovani (dice 23 anni, se non ho capito male) con proporzioni smaglianti, tra l’1,60 65 di statura per un peso fra i 50 55 chili, quindi snella ma non anoressica, curva bene, soprattutto le tette (lei corregge in terza la mia impressione di una seconda abbondante), bianche ed elastiche, ma anche la sezione di cosce fra stivali e minigonna faceva il suo bell’effetto. Adesso i capelli sono sempre lisci ma schiariti da una tintura sul ramato, occhi verdi ad addolcire un viso tondo e carino.
Tariffario come già riportato, nega esplicitamente di fare l’anale, chiede 100 per l’ora d’albergo. Io le ho dato 30 per il boccafiga protetto.
L’imbosco è condiviso con la collega bionda, non appiccicato al luogo di ingaggio, ma vicino alla statale, aperto alla vista (secondo me non molto tranquillizzante per le posizioni all’aperto), ma senza traffico. Per tutto il tempo della nostra intimità non c’è anima viva, ma solo un’anima morta fra la nebbiolina leggera della notte: una macchina vuota che vedo sempre fissa lì, forse fino a quando non diventerà uno scheletro di lamiera.
Si spoglia solo al momento di passare alla scopata, però mi basta farle capire che le vorrei vedere le tette e lei le estrae da un reggiseno rosa e una maglietta nera la cui bombatura faceva pensare ad una dotazione ancora maggiore.
Il pompino è migliore della media stradale: quasi senza uso di mano, con presa non superficiale e qualche meritevole interruzione del saliscendi per pennellate di lingua lungo l’asta, mi fa reagire subito bene. Per quanto riguarda la scopata ho potuto apprezzare il dinamismo: ci sta a salirmi sopra lei sul sedile guidatore reclinato senza menate, prende posizione con disinvoltura e ci dà dentro, prima pompando su e giù, mi eccita la forza che esprimono quelle belle cosce, poi, mentre vengo, roteando il bacino orizzontalmente. Simula più del necessario.
I resti li ritira lei.
È una persona attenta: mi chiede se mi ha fatto male infilandomi il preservativo e si sincera che qualche mio sospiro non sia un lamento. È simpatica, ma non comunicativa al massimo, nel senso che ha un sorriso aperto ma un po’ stampato, con cui accompagna ogni risposta senza mai tirare fuori molto, considerando però i tempi brevi del tragitto. Comunque, senza elevarsi oltre il piano dell’ovvietà, meglio un sorriso stampato che una smorfia di apatia che non si cancella mai, come sul viso di molte sue colleghe. Prima di scendere dalla macchina offre di sua iniziativa la guancia a un bacetto di saluto.