Mi rendo conto di avere espresso un pensiero parziale e fraintendibile.
Quello che intendevo dire era che trovo profondamente sbagliata la presunzione di superiorità culturale di cui ci ammantiamo, e non mi sto riferendo a nessuno di questo forum, sto parlando genericamente della cosìddetta opinione pubblica italiana, ogni qualvolta parliamo di questi fatti, quando avvengono distanti da noi. Che poi, se proprio vogliamo dirla tutta, se viene usata violenza ad uan donna in africa è perchè son primitivi, nei paesi arabi è perchè son mussulmani,in puglia son terroni, e quindi questo metro si rivela buono per ogni occasione. Il mio intento non era di giustificare nessuno, solo di sbattere giù dal piedestallo la nostra presunzione tricolore.
Detto questo, non concordo col fatto che "si debbano rispettare" le leggi di un paese "si è costretto a rispettarle" la differenza sembra sottile, ma è sostanziale.
Rispetto , cioè "provo rispetto" per le leggi di un paese migliore del mio , dove il grado di civiltà si misura in leggi sane e rispettabili, non solo da un punto di vista procedurale o giuridico, ma da un punto di vista morale ed etico.
La nostra legislatura è superiore a quella di alcuni paesi (e sottolineo alcuni) perchè figlia di una civiltà superiore, che ci viene dall'illuminismo, dalla rivoluzione francese, dai grandi filosofi del secolo scorso, dal fatto che , fortunatamente, l'alfabetizzazione, non sia passata attraverso l'insegnamento di un unico libro, ma che l'alfabetizzazione sia stato lo strumento per accedere a tutti i libri.
Che poi non si sia raggiunto un livello paragonabile alle armi intellettuali disponibili è altro conto ancora.
Ritengo che non sia affatto sbagliato riconoscere la superiorità della nostra civiltà proprio in nome del fatto che le nostre radici più antiche sono in una società non molto diversa da quella nella quale le donne valgono meno di niente, e da quello stato, con enormi sforzi, ci siamo affrancati.
Ritengo che la parola "tolleranza" usata a vagonate proprio dalla parte politica cui io stesso appartengo, sia una dichiarazione di viltà di cui la storia ci chiederà conto.