Forse ne ho una io di storia che vi può divertire, vi voglio raccontare la volta che assistetti ad uno spettacolo del Piccolo Circo del Sesso di Budapest. Era la fine degli anni settanta, ero in Ungheria insieme ad una delegazione dei giovani comunisti, dopo un settimana di pallosissime riunioni politiche eravamo stremati e chiedemmo ad uno dei nostri ospiti, un giornalista della TV di stato che sembrava un po’ meno cadavere degli altri, se non c’era qualcosa di un po’ diverso da fare quella sera, qualcosa che non fosse tappa scontata di turisti o di compagni viaggiatori. Ci disse che forse aveva qualcosa che ci avrebbe divertito e ci diede appuntamento per la sera. Ci incontrammo a tarda sera come previsto e fummo introdotti, in un’aria di grande clandestinità, in un teatrino degli studi televisivi di stato. Era stato chiaramente riadattato a qualcosa che nulla aveva a che fare con le funeree trasmissione della TV ungherese: il palco sembrava quello delle Foliès Bergères in piccolo, tutto intorno una ventina di tavoli dove facoltosi clienti gustavano ostriche e champagne e sembravano attendere con gran curiosità l’inizio dello spettacolo. Il quale era in effetti una abbastanza scontata, ma divertente e ben costruita, parodia di un circo tradizionale. Credo di ricordare la maggior parte dei numeri: cominciò la mangiatrice di spade, un’avvenente brunetta con caschetto alla Valentina che si esibiva in gola profonda su una successione di quattro o cinque membri maschili in ordine progressivo di lunghezza; devo ammettere che l’ultimo era veramente impressionante, ed ancora adesso mi stupisco di come riuscisse ad ingoiarlo sino alla radice. Un altro numero era quello del lanciatore di sperma, una specie di mostro peloso e panciuto con un grande arnese che, ben riscaldato da una prima assistente, andava a far schizzare i flutti poderosi che ne sgorgavano sul culo della seconda, piazzata a più di due metri e con il popò pitturato da bersaglio per tiro con l’arco. C’era poi il numero di culo d’acciaio, un eunuco dall’aria orientaleggiante, che discendeva in scena sospeso per i quattro arti mostrando un inquietante pube completamente piatto e glabro. Sotto di lui due graziose assistenti ungevano un gran batacchio di bronzo che, come aveva appena spiegato il presentatore in uno stentato francese, era stato staccato dall’interno della campana e fuso sopra di esso come un cazzo in erezione. Molto lentamente, mentre le due assistenti gli divaricavano le natiche, l’eunuco veniva impalato sul batacchio: quando quei buoni trenta centimetri di bronzo erano inghiottiti dal suo capace retto, le carrucole invertivano il loro moto e cominciavano ad issare l’eunuco che, contraendo il suo poderoso, per l’appunto, culo di ferro, sollevava con sè la pesante campana di oltre trenta chili in un tripudio di applausi e di lazzi osceni. Una minuta cinesina, presentataci come una delle favorite di Mao, presentava poi il suo numero di fica giocoliera. Seduta o sdraiata sul suo panchetto imbottito, la sua vagina strabiliava il pubblico palleggiando con una racchetta da ping-pong, schioccando la frusta, schiacciando noci, fumando la pipa ed infine facendo roteare il classico piatto tenuto in equilibrio sull’asticella. Il numero finale, un po’ facile rispetto agli altri ma di grande effetto, suonava qualcosa come “venti lanciafiamme venti”. Durante la preparazione, il palco piombava in un buio assoluto: rullo di tamburi e venti fiammelle si accendevano, rivelando in controluce nel tenue chiarore venti siluette di altrettanti perfetti fondoschiena femminili ben proiettati verso l’altro. Dopo pochi istanti di silenzio assoluto, in perfetta sincronia, i venti ani ben preparati e sincronizzati mollarono venti peti fragorosi, che immediatamente s’incendiarono al contatto con la fiamma viva, rischiarando improvvisamente di luce infernale l’intero palcoscenico mentre il pubblico si sbellicava di risa, di applausi, di urla e di fischi. Ho saputo più tardi che la mangiatrice di spade è diventata una delle più apprezzate regine del cinema porno ungherese. Ripensandoci dopo, niente di così trascendentale, ma a quei tempi ed in quel luogo mi sembrò il massimo della trasgressione!
non pago per fare sesso: pago per essere libero un minuto dopo.