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I ventenni di oggi fanno meno sesso e hanno paura di amare. Come intervenire? No alle ricette facili e ai consigli di pseudo-esperti che affollano i social. Sì, invece, alla coscienza di sé e alla formazione rigorosa, sin dalle scuole: sono queste le uniche risposte all’ansia da prestazione, al perfezionismo, financo alla necessità di prevenire la violenza. Perché «la sessualità appartiene all’essere di ognuno di noi, non al fare», dice Valeria Randone, psicologa e sessuologa clinica, che spiega come guardare in faccia questo «problema enorme».
Dottoressa Randone, i ventenni oggi fanno meno sesso? Effetto dei social, della pandemia?
«È vero, fanno meno sesso, ma soprattutto hanno una vita sessuale più zoppicante. La causa non è la pandemia, che ha solo amplificato quello che già c’era: le persone sole sono ancora più sole, chi usava i social li usa ancora di più, chi non aveva rapporti sessuali ha continuato a non averne».
Allora quali sono le cause?
«Sono varie. Innanzitutto, c’è una fortissima ansia da prestazione. Nelle ragazze c’è un bisogno di perfezionismo estetico, di postare e di ostentare bellezza e opulenza. I ragazzi, invece, hanno come contraltare i modelli del porno».
Modelli sbagliati?
«Sì, hanno il mito della durata. Ne incontro tantissimi che mi dicono di soffrire di eiaculazione precoce, in realtà sono solo precoci rispetto alla durata dei film porno. Poi c’è il mito della dimensione degli organi genitali. Non sa quanti si sentono insicuri rispetto alla loro genitalità perché navigano in un mare magnum di disinformazione. E poi c’è la paura, ovviamente associata, dell’amore. Una sessualità vissuta in maniera ginnica, circense è molto più semplice dell’amore, del graduale coinvolgimento, di un rapporto sessuale scaldato dall’affettività. Oggi i ragazzi hanno difficoltà a modulare le emozioni, o solo sesso o amori platonici. È come se mancasse una graduatoria emotiva che rende capaci di gestire le situazioni in corso. Questo è un altro problema enorme».
Però l’amore fa paura da sempre, a tutti. O ci sta avvertendo che la situazione è peggiorata?
«La situazione è indubbiamente peggiorata. I ragazzi oggi già fanno uso di psicofarmaci, per di più senza fare psicoterapia, sono fragili, non si ascoltano e sono atterriti dall’idea di coniugare l’affettività con la sessualità. Mi confronto spesso con ventenni che vanno su internet a cercare soluzioni in consulenti online o pagine social qualunque dove il più delle volte non c’è un professionista o un clinico. Anzi. Su Tik Tok si trovano pure professionisti che in un minuto dipanano discorsi troppo complessi. “Erezione: tre mosse per risolvere”. La verità è che è una giungla».
Cosa dire a chi affronta il tema dell’asessualità, o del non bisogno di sesso?
«Se una persona smette di mangiare, noi ci preoccupiamo. Se una persona mi dice che non ha desiderio sessuale io mi chiedo qual è il motivo. C’è una psiche ma c’è anche un corpo. Se una persona viene da me e mi dice “sono asessuale” io cerco di capire, di fare una diagnosi. C’è paura? C’è angoscia? Ogni persona va studiata. Ma lascerei perdere le etichette perché dietro c’è una persona. E nell’ambito della sessualità c’è molto da capire».
C’è bisogno di educazione all’affettività nelle scuole?
«Sì. L’Italia è l’unico Paese dove non è obbligatoria l’educazione sessuale. Occorre potenziare la figura dello psicologo e introdurre un professionista come il sessuologo clinico che possa fare formazione. Già questo sarebbe un primo screening ed anche una forma di prevenzione della violenza».
I ventenni di oggi fanno meno sesso e hanno paura di amare. Come intervenire? No alle ricette facili e ai consigli di pseudo-esperti che affollano i social. Sì, invece, alla coscienza di sé e alla formazione rigorosa, sin dalle scuole: sono queste le uniche risposte all’ansia da prestazione, al perfezionismo, financo alla necessità di prevenire la violenza. Perché «la sessualità appartiene all’essere di ognuno di noi, non al fare», dice Valeria Randone, psicologa e sessuologa clinica, che spiega come guardare in faccia questo «problema enorme».
Dottoressa Randone, i ventenni oggi fanno meno sesso? Effetto dei social, della pandemia?
«È vero, fanno meno sesso, ma soprattutto hanno una vita sessuale più zoppicante. La causa non è la pandemia, che ha solo amplificato quello che già c’era: le persone sole sono ancora più sole, chi usava i social li usa ancora di più, chi non aveva rapporti sessuali ha continuato a non averne».
Allora quali sono le cause?
«Sono varie. Innanzitutto, c’è una fortissima ansia da prestazione. Nelle ragazze c’è un bisogno di perfezionismo estetico, di postare e di ostentare bellezza e opulenza. I ragazzi, invece, hanno come contraltare i modelli del porno».
Modelli sbagliati?
«Sì, hanno il mito della durata. Ne incontro tantissimi che mi dicono di soffrire di eiaculazione precoce, in realtà sono solo precoci rispetto alla durata dei film porno. Poi c’è il mito della dimensione degli organi genitali. Non sa quanti si sentono insicuri rispetto alla loro genitalità perché navigano in un mare magnum di disinformazione. E poi c’è la paura, ovviamente associata, dell’amore. Una sessualità vissuta in maniera ginnica, circense è molto più semplice dell’amore, del graduale coinvolgimento, di un rapporto sessuale scaldato dall’affettività. Oggi i ragazzi hanno difficoltà a modulare le emozioni, o solo sesso o amori platonici. È come se mancasse una graduatoria emotiva che rende capaci di gestire le situazioni in corso. Questo è un altro problema enorme».
Però l’amore fa paura da sempre, a tutti. O ci sta avvertendo che la situazione è peggiorata?
«La situazione è indubbiamente peggiorata. I ragazzi oggi già fanno uso di psicofarmaci, per di più senza fare psicoterapia, sono fragili, non si ascoltano e sono atterriti dall’idea di coniugare l’affettività con la sessualità. Mi confronto spesso con ventenni che vanno su internet a cercare soluzioni in consulenti online o pagine social qualunque dove il più delle volte non c’è un professionista o un clinico. Anzi. Su Tik Tok si trovano pure professionisti che in un minuto dipanano discorsi troppo complessi. “Erezione: tre mosse per risolvere”. La verità è che è una giungla».
Cosa dire a chi affronta il tema dell’asessualità, o del non bisogno di sesso?
«Se una persona smette di mangiare, noi ci preoccupiamo. Se una persona mi dice che non ha desiderio sessuale io mi chiedo qual è il motivo. C’è una psiche ma c’è anche un corpo. Se una persona viene da me e mi dice “sono asessuale” io cerco di capire, di fare una diagnosi. C’è paura? C’è angoscia? Ogni persona va studiata. Ma lascerei perdere le etichette perché dietro c’è una persona. E nell’ambito della sessualità c’è molto da capire».
C’è bisogno di educazione all’affettività nelle scuole?
«Sì. L’Italia è l’unico Paese dove non è obbligatoria l’educazione sessuale. Occorre potenziare la figura dello psicologo e introdurre un professionista come il sessuologo clinico che possa fare formazione. Già questo sarebbe un primo screening ed anche una forma di prevenzione della violenza».