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zena54
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Una decina le persone convocate in questura. Ora rischiano di essere accusate di violenza sessuale

TOMMASO FREGATTI
08 NOVEMBRE 2021
Genova – Tremano in dieci, almeno. Tutti clienti assidui di due baby prostitute sfruttate e costrette a prostituirsi dalla madre attraverso annunci sui siti on line, persone che ora rischiano una denuncia penale. La vicenda ha visto nelle scorse settimane finire in manette una quarantenne romena arrestata dalla squadra mobile di Genova con l’accusa di prostituzione minorile. Capo d’imputazione diventato ancora più pesante nei giorni scorsi durante un drammatico interrogatorio in questura della sorella della quindicenne che, per prima, aveva denunciato alla polizia gli abusi sessuali subiti dalla madre.

La ragazza, oggi ventiduenne, sentita dalla polizia come testimone dei fatti, ha vuotato il sacco. E in lacrime ha raccontato agli agenti come la madre abbia fatto lo stesso con lei. «a quando avevo quattordici anni fino ai diciotto», ha spiegato agli agenti. E quindi la ventiduenne che oggi si è ricostruita una vita ed è stata accolta in una comunità protetta è passata ad essere da testimone a vittima. Assistita dall’avvocato Nadia Calafato che rappresenta il centro anti-violenza “Mascherona” al quale si è rivolta, ha raccontato per filo e per segno l’incubo vissuto nel corso di un incidente probatorio che si è svolto in Procura in gran segreto.

Ma ora l’attenzione degli inquirenti diretti dal primo dirigente Stefano Signoretti è sui clienti che hanno consumato rapporti con le due minorenni. Nel mirino delle indagini, coordinate dal pm Valentina Grosso, ci sono appunto circa dieci persone convocate in questura o nella lista di quelli da sentire nei prossimi giorni. Si tratta di professionisti, imprenditori e studenti che hanno frequentato e hanno abusato delle due ragazzine. La loro posizione è al vaglio dell’autorità giudiziaria. Se dalle indagini dovesse essere confermato che erano a conoscenza non solo della minore età, ma anche e soprattutto dello sfruttamento che la mamma esercitava nei confronti delle due figlie, potrebbero rischiare una denuncia per violenza sessuale.

Ovviamente i primi testimoni hanno negato di aver mai saputo di aver consumato rapporti sessuali con ragazzine minorenni. «Ci hanno detto che avevano più di vent’anni», la spiegazione alla polizia. Una versione ovviamente al vaglio. E che andrà incrociata con le dichiarazioni delle due ragazzine. La quindicenne che ha sollevato il caso è rappresentata dall’avvocato Paolo Scovazzi, mentre la madre (che si trova in carcere a Pontedecimo) è difesa dagli avvocati Giovanni Roffo e Marco Marino. L’indagine che si sviluppa a Sampierdarena coinvolge sia la Procura del Tribunale che la Procura dei minori.
Dopo aver raccolto una prima segnalazione, gli investigatori della Mobile scoprono che alcuni numeri di telefono su siti di incontri ed escort fanno riferimento alla donna e alla ragazza. Quest’ultima (la sorella più piccola di quindici anni), negli annunci, viene presentata come ventenne. Scattano intercettazioni e appostamenti, il quadro si chiarisce. La donna «induce e talvolta obbliga la figlia minore a prostituirsi accusandola di non attivarsi a sufficienza nella ricerca dei clienti», scriverà il giudice nell’ordinanza che ha portato la madre in carcere. «Non sa come procurarsi nuovi clienti», si lamenta la quarantenne con un amico.

La ragazzina riceve in due immobili che i poliziotti scoprono essere riconducibili alla madre. Ma al telefono si dice anche disponibile ad andare a casa dei clienti o in albergo. Gli incontri avvengono anche più volte al giorno. Ma gli inquirenti capiscono che per la donna non basta. «I preservativi li ho contati. Quindi devono uscire i soldi. Stai attenta. Non vieni a casa finché non hai quelli», intima la madre alla figlia. Per la polizia il significato di queste parole è chiaro: a ogni preservativo utilizzato deve corrispondere il pagamento di una prestazione. Un modo per verificare l’impegno della ragazzina.