La rotondona di Vizzolo Predabissi, sulla via Emilia all’altezza della diramazione per la TEEM, è una roulette degli incontri sorprendenti, dove il rosso e il nero consistono nei decisi colori degli abituali costumi da lavoro delle ragazze. L’esito della puntata è una combinazione quanto mai aleatoria: mi sono uscite, finora, una biondina alle prime armi che poi è diventata rapidamente una piccola principessa della prestazione standard, una mora mite ma incapace, una bionda capace ma antipatica. La puntata più recente, sul nero dell’abito intero corto dell'ultima arrivata, che sa che si abbina bene al colore dei suoi capelli, mi ha condotto ad una giovane simpatica ma di surreale impaccio (o, se vogliamo accordarle il beneficio del tempo, inesperienza).
Si chiama Annamaria, staziona di notte sullo spartitraffico della prima uscita a destra della rotonda per chi scenda da Milano: 45.34 39 46, 9.35 49 62. Ha una postazione alternativa: venendo da sud, a destra, sulla corsia di uscita per la TEEM, prima di arrivare in rotonda: 45.34 38 48, 9.3 565 92.
È una ragazzotta bionda, con un caschetto lungo alle spalle, alta sull'1 e 65 se non qualcosina di più, con un viso tondo dai bei lineamenti, gli occhi azzurri, un po’ di adipe sparso in modo abbastanza omogeneo sul corpo e un addensamento su culo e cosce, prominenza del ventre non in armonia con delle tette non mostrate che però non superano una seconda/terza scarsa.
Porta nell’area di parcheggio di regola usata in zona, senza passaggio con altre motivazioni a quell’ora, abbastanza ampia da evitare intralci reciproci fra utenze, non troppo vicina, ma nemmeno sinistramente isolata, certo molto aperta e forse non del tutto al riparo dagli sguardi eventualmente provenienti dalla sede di un’attività che di notte potrebbe essere presidiata.
Mi fa un pompino protetto preceduto da un lavoro di mano, senza spogliarsi. Alterna un saliscendi a presa blanda, che, incitata, intensifica almeno nel ritmo verso il finale, a momenti in cui torna a ricorrere alla mano, imprimendo piccoli scatti alla base dell’asta, con appoggio statico della cappella in bocca. Stacca subito alla venuta. In sostanza ne salverei solo l’energica e varia diteggiatura sullo scroto.
Smaltimento civile anche se anti-estetico dei rifiuti, in un sacchettino di plastica che porta con sé ed estrae alla fine.
È tranquilla, sorridente e si è mostrata cordiale anche una sera in cui non l’ho caricata. È invero assorbita da una dipendenza generazionale da connessione mobile, sebbene risponda esclusivamente ad una chiamata forse del principale a fine operazioni, ma soprattutto è bloccata da una conoscenza minimale dell’italiano solo parzialmente compensata dall’orecchio rumeno. Ad esempio solo dopo qualche numero un po’ casuale, sempre tipo roulette, ho capito che dovrebbe avere 20 anni.
Addirittura grottesco, però, è il dialogo sulla prestazione, che ho interrotto per sfinimento una volta acquisite le informazioni elementari. Lavora solo coperto. D’accordo e la ingaggio per un pompino a 20. Il culo? “È vergine” e lo stima, scherzando, 300 euri. Va beh, lo negano in tante. Raggiunge però il vertice dell’arte involontaria dell’assurdo quando, nonostante la povertà tecnica del trattamento orale, sentendomi a mio agio e vagheggiando una bella presa da dietro con vista sulle forme posteriori della vitellina, le propongo “scopiamo?” (con ovvia disponibilità al supplemento). Lei ripete incerta e interrogativa la parola: non l’ha compresa! Non posso crederci: come ha fatto con quelli che mi hanno preceduto? Cerco dei sinonimi sullo stesso registro, con il dubbio che un linguaggio più aulico possa non funzionare, ed emerge un’opzione ancora più singolare, circa un servizio diciamo non proprio accessorio rispetto alla sua attività, cioè che la scopata la vuole fare solo in albergo! Domando infatti: “la figa?”. “No, figa no”. Sbalordito immagino che abbia il ciclo e invece, faticosamente, spiega che in macchina “figa no mi piace”.