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TintoBrazzers
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carnevale - grazie per la testimonianza
carnevale
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Ricordate il classico della canzone sentimentale italiana primo Novecento, che poi si è prestato ad una miriade di reinterpretazioni e parodie? Beh, almeno la caricatura cabarettistica di quel lontano mondo di eleganze, affettazioni e languori fatta dai Gufi in una trasmissione cult primi anni Ottanta i milanesi dovrebbero conoscerla:
https://www.youtube.com/wat…

Anch’io non saprei dire molto di più che questo della straziante avventura con Michela: come pioveva! Come pioveva!

Una sera ci incontrammo per fatal combinazion sulla via Emilia, sotto il temporale, alla rotonda quasi al confine fra i territori di Melegnano e Vizzolo, dove si immette la Cerca, 45.35 78 46, 9.33 39 26. Nella piazzola a destra andando verso sud scorgo lei che, senza ombrello, stillava acqua, insieme a un motociclista fermo per montare l’assetto antipioggia.

È alta 1,65, snella ma non scheletrica, capelli biondi lunghi, carnagione chiara, viso fresco ma reso disarmonico da una mascella che accentua i tratti angolosi del suo profilo. Un bianco pantaloncino lascia le cosce al vento (senza collant), abbinato ad una maglietta morbida di identico colore: un insieme un po’ tennistico. Seno non scoperto: al tatto, sotto il reggiseno, direi una seconda dai capezzoli che acquistano consistenza.

Sotto le intemperie la contrattazione è stata brevissima, per il pompino coperto a 20 euri. E lei montò. Accerto in vettura che fa il boccafiga protetto a 30, l’anale no, fa motel, ma a questo punto ho interrotto l’interrogatorio perché lei sembrava voler parlare solo sotto tortura e ormai intuivo che non mi avrebbe convinto ad approfondimenti futuri.

Insieme riparammo in un parcheggio ampio, non troppo vicino, deserto a quell’ora, usato solo da qualche collega.

Prestazione strappalacrime degna della canzone di Armando Gill.
Non si spoglia.
Deforma paurosamente il preservativo all’atto di infilarmelo. A dire la verità, vista l’impugnatura, mi deformerebbe altrettanto paurosamente anche l’uccello se non la fermassi. “Allora fai tu”, si arrende stizzosa. Procedo io, però non è promettente che non sia padrona nemmeno di questa operazione. Attacca infatti un pompino mediocre, non pessimo ad essere sincero, fatto di un ripetitivo saliscendi e aiutato di mano quando lo ritiene, ma comunque dalla boccata convinta e, almeno nelle prime fasi, profonda, a suo modo, pur lentamente, efficace.
Mi verrebbe anche voglia di scopare a questo punto, ma mi offre solo la faticosissima posizione in cui lei rimane seduta e io dovrei inginocchiarmi davanti al sedile passeggero, non vuole venire su di me e nemmeno mettersi a pecora, perché le procura mal di schiena (!).
Allora niente, che continui con il pompino,

ma il modo in cui ha staccato
fu per me il più gran dolor,
nell’istante in cui ho versato
nel goldone il mio liquor.

I resti me li lascia in macchina.

Sempre mesto il suo visin, si combina bene alla lagna persistente in cui però non manca di emergere un fondo selvatico. Leitmotiv, a maggior ragione quando in parcheggio si intensificano gli scrosci sul parabrezza che si appanna: “Guarda che acqua viene giù”. D’accordo, me ne ero accorto! Ma si lamenta anche perché abita lontano, ha freddo, sulla strada del ritorno se la prende con la collega che ha occupato una postazione riparata da una pensilina su cui evidentemente aveva delle mire.
Ora, che potesse non essere di ottimo umore è più che comprensibile, meno tollerabile è la malagrazia verso il cliente che, se non altro, l’ha caricata invece di lasciarla dov’era. Al contrario, non solo risponde distratta e maldisposta alle domande di rito sull’età, l’origine (rumena), come stai, ma non manca, al momento buono, di sollecitare le operazioni, di ricordare il pagamento anticipato, quasi avesse fretta di tornare sotto la doccia. Come spesso succede, dietro l’asprezza emerge una disarmante mancanza di consapevolezza circa le abilità che potrebbero davvero fare la loro fortuna. Si sente troppo scoperta per le temperature, ma dice “altrimenti non lavoro”. Magari, invece, dando un po’ più di corda al cliente compenserebbe abbondantemente qualche centimetro di vestito in più. Esprime con franca ingenuità la speranza di lavorare con continuità per non bagnarsi nel prosieguo della serata, come se avere o non avere un giro di clienti dipendesse dalla Provvidenza e non da quanto ha seminato fino a quel momento.

Non ho con me un ombrello che avrei potuto anche lasciarle, tanto a casa io debbo andar. Ritornando in postazione, però, intravediamo un ombrello perso da qualcuno sulla strada, facciamo un paio di giri avanti e indietro fra le rotonde di Melegnano e Vizzolo inseguendolo, ma questo viene di volta in volta subito spostato dal traffico e alla fine distrutto dalle altre macchine o comunque scompare. L’inconcludente giostra è uno dei rarissimi momenti in cui si lascia andare ad un sorriso. Scende senza salutare perché è troppo occupata a imprecare che la lascio in mezzo ad una pozzanghera: ma per forza, visto che l’intera piazzola è allagata! Sicché il momento in cui finalmente la riconsegno alla tempesta che, per voto del cielo, s'inasprisce, non è il distacco che ognor rimpiangerò.
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