Eva aspetta di giorno in una postazione classica di Carpiano: venendo da Siziano e procedendo verso Melegnano, poco prima della rotonda di svincolo Binasca/Valtidone, nella piazzola antistante all’albergo-ristorante abbandonato, alla stessa altezza del distributore di benzina che invece ci si ritrova a sinistra, coordinate 45.33 48 65, 9.24 54 56.
Nonostante l’omonimia e la quasi identità di posizione, non la identifico con un’Eva già nota
http://gnoccaforum.com/esco…
che ricordo come più giovane, fresca e fisicamente più vistosa, descritta come loquace e padrona della lingua, tutto il contrario di quella che ho conosciuto io e che focalizzo in situ da poco tempo a questa parte. Ma attendo eventuali correzioni di chi la conosce meglio.
Questa Eva dichiara 30 anni, fisicamente si presenta bene, almeno vestita: cascata di capelli neri ricci, occhi marroni, alta 1,65, snella, minigonna viola, e collant chiaro, che mette in mostra un culo proporzionato ma consistente e delle belle cosce; assume, quando sta in piedi e non seduta, un bel portamento. Avvicinata, si scopre un viso non all’altezza delle aspettative (a parte gli occhi scuri intensi): lineamenti segnati, malgrado il fondotinta pesante, dentatura non bella, naso pronunciato.
Fa il pompino coperto a 20, scoperto ma senza venuta in bocca a 40, il boccafiga coperto a 30, con preliminare orale scoperto sempre a 40, 100 in albergo per un tempo su cui è evasiva (“fino a quando abbiamo finito”, prospettiva che non mi pare promettente), l’anale è escluso. Opto per la soluzione minima.
Porta nell’imbosco solito della zona, dunque non proprio appiccicato a dove la si preleva e al riparo dalla provinciale, ma molto battuto e non gradevole da un punto di vista ambientale.
Il pompino è di stretta scuola locale, si situa cioè in una ben riconoscibile tradizione, che si è sviluppata e si consolida nel tempo in quella stazione, su cui mi permetto di rinviare a studi del sottoscritto e del collega Porcellinus, una tradizione che consiste nel rovinare tutto nel finale, a questo punto, suppongono, scientemente. Eva rifiuta diffidente il mio preservativo, ma usa un goldone “Lulù” che non interrompe il flusso delle sensazioni. Non si spoglia, non offre preliminari, ma il trattamento all’inizio è valido. La presa è sensibile e convinta, la ripetitività del saliscendi è arricchita di tanto in tanto dalle percussioni di lingua sulla cappella. Soprattutto l’irrorazione è notevole: vedo i goccioloni di saliva staccarsi dalle sue labbra aperte e solcare l’asta. Sul finale, invece, annichilisce il lavoro preparatorio fatto, dando un ultimo colpo di mano e in sostanza guardando insieme a me i fiotti della venuta, semplicemente con qualche pennellata, in schizzinosa punta di lingua, della cappella.
Ha un approccio tranquillo e malinconico, nonostante non sappia, o forse proprio perché non sa comunicare quasi nulla in italiano, tanto che fatica a comprendere le domande più banali (verifico anche a proposito dell’eventualità della venuta in bocca). Dice che è albanese, scivola presto sull’abusato copione del poco lavoro, del marito scomparso e del figlio malato, ma d’altra canto alla fine ringrazia e (curiosamente proprio come l’ultima ragazza albanese che ho recensito prima di lei) mi usa la non comune cortesia di salutarmi con il mio nome, ricordato dal momento delle rapide presentazioni.