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Silent84
Sr. Member (351 post)
K+ 78 | K- 110
Si può avere un link funzionante oppure un modo per reperire una bozza di ricorso a riguardo?
Francostars
KING (2750 post)
K+ 469 | K- 566
Silent84:

Si può avere un link funzionante oppure un modo per reperire una bozza di ricorso a riguardo?

Puoi trovare le spiegazioni in merito sul mio sito, da cui prendere spunto.
Franco
O.I.O.P.
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K+ 8 | K- 17
Sai qual'è il problema Francostar, che molti pizzicati da queste ordinanze hanno famiglia e preferiscono pagare all'oscuro senza far saper alla consorte ciò che è successo, e capirai rovinare una famiglia...
Francostars
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O.I.O.P.:

Sai qual'è il problema Francostar, che molti pizzicati da queste ordinanze hanno famiglia e preferiscono pagare all'oscuro senza far saper alla consorte ciò che è successo, e capirai rovinare una famiglia...

Lo so benissimo. Però, chi non ha questi problemi ha il dovere di ribellarsi.
Franco
O.I.O.P.
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K+ 8 | K- 17
Francostars:

O.I.O.P.:

Sai qual'è il problema Francostar, che molti pizzicati da queste ordinanze hanno famiglia e preferiscono pagare all'oscuro senza far saper alla consorte ciò che è successo, e capirai rovinare una famiglia...

Lo so benissimo. Però, chi non ha questi problemi ha il dovere di ribellarsi.

Sono d'accordo con te!
newscopator
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K+ 24 | K- 5
Eccomi qua ragazzi, è vero, almeno noi che non abbiamo famiglia dobbiamo contestare queste multe.
La sentenza del Giudice di pace che ha sancito l'illeittimità di questi regolamenti comunali è la numero 1980 del 24 settembre 2014, Giudice dr.ssa Edi Maria Neri.
Non è in ogni caso isolata.

Da anni, nel nostro Paese, gli Amministratori locali cercano di arginare le manifestazioni del
degrado connesse al fenomeno della prostituzione per strada.
Le cronache sono zeppe di notizie di provvedimenti assunti dai Sindaci del Bel Paese
intenzionati a restituire ai propri concittadini aree cittadine acquisite dalla macro e micro criminalità e
dal sottobosco umano che fruisce, talora anche nelle ore diurne, dei favori di quelle che un’Italia
pudibonda chiamava mondane o passeggiatrici.
Il Giudice di Pace di Verona1 è recentemente intervenuto sulla legittimità d’una sanzione
amministrativa pecuniaria elevata ad un automobilista Scaligero per violazione delle previsioni
contenute nel Regolamento di Polizia Urbana del Comune di Verona, in toto recettivo del testo di
un’ordinanza Sindacale di un paio d’anni prima2, chiaramente finalizzate a contrastare il mortificante
fenomeno dell’offerta di prestazioni sessuali en plein air, sotto agli occhi di tutti, minori compresi, e del
diffondersi del contesto di degrado che ordinariamente contorna tutto ciò che è illecito.
Lo sventurato ricorrente era stato pizzicato dalla solerte Polizia Municipale, mentre, a bordo
della propria vettura, “concordava prestazioni sessuali con persona che per l’atteggiamento, ovvero per l’abbigliamento,
ovvero per le modalità comportamentali, esercitava l’attività di meretricio”.
Un caso del genere, ovviamente, soprattutto a chi sia un liberale ed abbia il senso dell’ironia,
risulta ghiotto.
1 Sentenza n. 19802014 del 2492014 Edi Maria Neri.
2 Ordinanza Sindacale 32009
2
Francamente, se è possibile in un commento a sentenza esprimere un rincrescimento
individuale, chi scrive rimpiange di non essere stato difensore del povero concittadino Veronese,
giacché è certo che la redazione del ricorso sarebbe stata fonte di particolare diletto: al Collega che ha
avuto la fortuna di ricevere quell’incarico va la più sincera invidia del sottoscritto.
Il ricorso dispiegato avverso il provvedimento irrogativo della sanzione contiene la più
immediata contestazione – che istintivamente si ha l’impulso di sollevare – circa la fondatezza
dell’accertamento, giacché viene da chiedersi in che modo l’attentissimo Vigile Urbano sia riuscito ad
identificare in una – presumibilmente rapida – conversazione tra un guidatore ed una signorina discinta
in piedi a bordo strada una contrattazione per un amplesso.
Occorre confessarlo: la tentazione di svolgere un’istruttoria sul punto sarebbe grande, poiché
sicuramente feconda, vuoi in un senso, vuoi in un altro.
Oltre che su questa prima censura, l’opposizione è stata incentrata su un altro aspetto: il
ricorrente, infatti, ha contestato la legittimità non già del provvedimento recante la sanzione, ma del
Regolamento di Polizia Urbana in sé, lamentando come questo non potesse essere assunto con un tale
contenuto.
In sostanza, la censura s’è appuntata in modo indiretto, per il tramite di quella che era una sua
derivazione, sulla delibera comunale che ha stabilito le sanzioni.
Il Giudice di Pace, in una sentenza assai ben argomentata e molto puntuale, ha accolto le
conclusioni del ricorrente, affrontando la tematica in maniera assai precisa, per cui vale la pena di
analizzare il provvedimento che ha reso.
Ebbene, la previsione posta dal Comune di Verona alla base della sanzione è rappresentata
dall’art. 28 ter del già citato Regolamento, rubricato Atti contrari al decoro urbano, il quale dispone che “In
tutto il territorio comunale e in particolare nei quartieri periferici densamente abitati e lungo le principali strade che
conducono al centro città, sulla pubblica via è vietato:
a) contattare soggetti che esercitano l’attività di meretricio su strada o che per
l’atteggiamento, ovvero per l’abbigliamento ovvero per le modalità comportamentali manifestano
3
comunque l’intenzione di esercitare l’attività consistente in prestazioni sessuali;
b) concordare con gli stessi prestazioni sessuali sulla pubblica via;
c) assumere atteggiamenti, modalità comportamentali ovvero indossare abbigliamenti
che manifestino inequivocabilmente l’intenzione di adescare o esercitare l’attività di meretricio,
occupando gli spazi pubblici, in particolare i marciapiedi, non consentendone la fruizione o
l’accesso”.
Nella propria sentenza, il Giudice Scaligero osserva preliminarmente come, nell’esame della
questione, si dovesse tenere in cale la pronuncia n. 1152011 resa dalla Corte Costituzionale.
In questa pronuncia, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 54 co. 4 del
d.lgs. 2672000 recante Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, così come sostituito dall’art. 6
del d.l. 922008 convertito con modifiche dalla l. 1252008 “nella parte in cui comprende la locuzione
«, anche» prima delle parole «contingibili e urgenti»”.
Il testo normativo su cui s’è pronunciata la Corte Costituzionale stabiliva che il Sindaco, “quale
ufficiale del Governo”, potesse adottare “con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti,
nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che
minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana”.
Correttamente, il Giudice di Pace di Verona rileva come, a seguito del pronunciamento del
Giudice delle Leggi, dunque, il potere per il Primo Cittadino di adottare provvedimenti utili a
scongiurare rischi per l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana sia ora limitato alla sola adozione di
provvedimenti “contingibili e urgenti”, cioè sussista solamente per i casi di urgenza indifferibile.
A seguito della sentenza che ha dichiarato la disposizione del TU sugli Enti Locali in contrasto
con la Costituzione – evidenzia il Giudice Veronese – è venuta meno, dunque, per il Sindaco la capacità
di assumere, in tema di incolumità pubblica e sicurezza urbana, deliberazioni “a contenuto normativo
ed efficacia a tempo indeterminato”.
Nella propria decisione, il Giudice di Pace di Verona compie, in primo luogo, un’approfondita
disamina della sentenza della Corte Costituzionale, pertanto rammenta come i limiti imposti alla potestà
4
dei Primi Cittadini del nostro Paese si giustifichino nelle previsioni contenute negli artt. 3, 23 e 97 della
Costituzione.
La disposizione che rendeva il Sindaco una sorta di legislatore cozzava in primo luogo con la
previsione contenuta all’art. 23 Cost., il quale prevede che nessuna prestazione personale o patrimoniale
possa essere imposta, “se non in base alla legge”.
La Corte Costituzionale, riferendosi ai provvedimenti assunti dai Sindaci sulla base della
disposizione sulla cui corrispondenza rispetto alla Costituzione è stata chiamata a pronunciarsi, ha
precisato come questi, “per la natura delle loro finalità (incolumità pubblica e sicurezza urbana) e per i
loro destinatari (le persone presenti in un dato territorio)”, incidano “sulla sfera generale di libertà dei
singoli e delle comunità amministrate, ponendo prescrizioni di comportamento, divieti, obblighi di fare
e di non fare, che, pur indirizzati alla tutela di beni pubblici importanti, impongono comunque, in
maggiore o minore misura, restrizioni ai soggetti considerati”.
Una volta evidenziato tale aspetto, il Giudice delle Leggi ha ricordato come la nostra Carta
Costituzionale sia “ispirata ai principi fondamentali della legalità e della democraticità”, così che,
dunque, si rivela impossibile imporre ad altri, se non mediante una legge, una qualsiasi prestazione,
personale o patrimoniale che sia.
L’assenza del predetto limite al potere dei Sindaci, pertanto, viola la chiara riserva di legge
prevista dalla Costituzione, dal momento che questa, ancorché certamente relativa, così che vengono
lasciati all'autorità amministrativa “consistenti margini di regolazione delle fattispecie in tutti gli ambiti
non coperti dalle riserve di legge assolute”, comunque “non relega tuttavia la legge sullo sfondo, né può
costituire giustificazione sufficiente per un rapporto con gli atti amministrativi concreti ridotto al mero
newscopator
Full Member (67 post)
K+ 24 | K- 5
che offra un “fondamento, formale e contenutistico” al potere sindacale di ordinanza, si verifica una
cesura nella “linea di continuità” espressiva del sistema di checks and balances che anima e sorregge
l’impianto Costituzionale Italiano, rappresentativo dei principi illuministici e liberali della divisione dei
poteri risalenti al pensiero di Montesquieu e degli altri teorici della democrazia moderna.
Rileva la Consulta come “l’assenza di limiti, che non siano genericamente finalistici, non
consente che l'imparzialità dell'agire amministrativo trovi, in via generale e preventiva, fondamento
effettivo, ancorché non dettagliato, nella legge”, con derivante violazione della disciplina stabilita
dall’art. 97 Cost.
Da ultimo, la previsione legislativa di cui all’art. 54 co. 4 del d.lgs. 2672000 che a ha generato il
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provvedimento contestato dinanzi al Giudice di Pace contrasta, pure, con l’art. 3 della Carta
Costituzionale della Repubblica, poiché “l'assenza di una valida base legislativa, riscontrabile nel potere
conferito ai Sindaci dalla norma censurata, così come incide negativamente sulla garanzia di imparzialità
della Pubblica Amministrazione, a fortiori lede il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge,
giacché gli stessi comportamenti potrebbero essere ritenuti variamente leciti o illeciti, a seconda delle
numerose frazioni del territorio nazionale rappresentate dagli ambiti di competenza dei Sindaci”.
Un simile risultato – ammoniva la Corte Costituzionale – non potrebbe essere ritenuto come
una manifestazione “di adattamenti o modulazioni di precetti legislativi generali in vista di concrete
situazioni locali, ma di vere e proprie disparità di trattamento tra cittadini, incidenti sulla loro sfera
generale di libertà, che possono consistere in fattispecie nuove ed inedite, liberamente configurabili dai
Sindaci, senza base legislativa”.
Mancando un riferimento normativo comune, i Primi Cittadini, con le proprie diverse
ordinanze, potrebbero, “come la prassi sinora realizzatasi ha ampiamente dimostrato”, generare
“restrizioni diverse e variegate, frutto di valutazioni molteplici”, le quali, proprio per il fatto di patire il
difetto di non derivare da “una matrice legislativa unitaria”, non riescono ad essere assoggettate ad un
giudizio sul rispetto del principio di eguaglianza, proprio perché tale carenza fa sì che non si possa
“verificare se le diversità di trattamento giuridico siano giustificate dalla eterogeneità delle situazioni
locali”.
Insomma, il messaggio è chiaro: il potere esecutivo, nelle sue articolazioni tutte, è tenuto a dare
contenuto alle scelte politiche della legislazione, la quale risale, direttamente od indirettamente, al
Parlamento, che è l’organo espressivo della sovranità popolare.
I Sindaci, dunque, facciano i Sindaci, ed, il Legislatore, lo faccia il Legislatore, così che non
esiste per il Primo Cittadino il potere di adottare provvedimenti a contenuto latamente legislativo.
Una volta fissato ed esplicitato tale principio, il Giudice di Pace di Verona correttamente rileva
come la norma posta dal Comune alla base della pretesa punitiva nei confronti del cittadino, tuttavia,
non fosse un’ordinanza del Sindaco, sulla cui illegittimità – evidentemente – non era in alcun modo
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consentito nutrire dubbi, bensì, per l’appunto, un Regolamento comunale.
Quid juris? La soluzione balza agli occhi e consiste nel ritenere il rilievo come del tutto
inconferente: l’attività riservata al Giurista è quella sopraffina dell’ermeneutica, così che occorre,
ovviamente, ricavare una regola dalle decisioni dei Giudici. La Corte Costituzionale ha chiaramente
posto le basi per rintuzzare un’eccezione come quella in esame, giacché non si riesce a comprendere
come potrebbe ritenersi legittimo per il Consiglio Comunale di ergersi a concorrente del Parlamento,
laddove chiaramente ciò è proibito al Sindaco.
Se la Consulta ha precisato come il potere esecutivo – al di fuori dei casi di urgenza – sia
vincolato a dare seguito ad un indirizzo fornito dal potere legislativo, è evidente come non possa certo
essere un gioco di prestigio a mettere in crisi o solo scalfire una regola così chiaramente espressa.
Il Giudice Veronese, invece, ovviamente, accoglie il ricorso dell’automobilista, ma lo fa, sia
fondandosi sul rilievo qui esposto – che, peraltro, onde fornire un quadro normativo il più possibile
articolato e complesso, integra altresì con un richiamo a quanto previsto dalla l. 6891981 all’art. 1, co.
1, ove è stabilito che “nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una
legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione” – sia evidenziando un aspetto
diverso ed ulteriore: nel proprio provvedimento, il Giudice di Pace, richiamando quanto chiarito dalla
Corte di Cassazione3, secondo cui “i regolamenti disciplinano in astratto tipi di rapporti giuridici
mediante una regolazione attuativa o integrativa della legge”, ricorda come l’art. 4 delle Preleggi,
rubricato Limiti della disciplina regolamentare, al co. 1, stabilisca come i regolamenti non possano
“contenere norme contrarie alle disposizioni delle leggi”.
Oltre al principio per cui il sistema dei poteri dello Stato è tale per cui le scelte di campo
fondamentali competono a quelle sedi che sono in grado di risalire al depositario della sovranità che è il
Popolo, ne viene esplicitato un altro, che è quello per cui, laddove il legislatore si sia espresso, il potere
esecutivo non può, nell’esercizio della potestà normativa subprimaria, andare contro le scelte da quello
compiute, dovendo, al contrario, dare a quelle esecuzione e seguito.
3 Cass. SSUU, IDX142ff257dbd619894fff6ef509d878d9
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Dopo tale premessa, il Giudice Veronese, prima evidenzia come la norma contestata al
ricorrente “non regola né attua alcuna legge, bensì innova direttamente lo stesso ordinamento, in palese
e grave spregio al vincolo di subordinazione della potestà regolamentare rispetto a quella legislativa”,
poi, richiamando dei precedenti giurisprudenziali4, ricorda come, nel nostro Paese, la prostituzione in
sé, ovverosia il mercimonio delle prestazioni sessuali, sia attività lecita.
Vale la pena di chiarirlo: la l. 751958 la notissima legge Merlin, punisce con pena “l’esercizio
delle case prostituzione”, quindi espone a sanzione penale lo sfruttamento della prostituzione e
l’agevolazione di questa attività, ma non impedisce in sé e per sé l’attività del meretricio.
Chi si prostituisca viene sanzionato in via amministrativa, secondo le previsioni di cui all’art. 5,
laddove, “in luogo pubblico od aperto al pubblico”, inviti “al libertinaggio in modo scandaloso o
molesto”, oppure segua “per via le persone, invitandole con atti o parole al libertinaggio”.
Il Giudice Scaligero, dunque, non solo rileva come il Comune di Verona abbia agito al di fuori
del proprio raggio d’azione, sconfinando nell’ambito di pertinenza d’altro potere dello Stato, ma, pure,
censura l’introduzione d’una previsione che crea impedimento allo svolgimento ed alla fruizione di
un’attività riconosciuta dall’ordinamento giuridico come lecita.
In proposito, si legge nella sentenza qui in commento: “nessuna legge vieta – e per converso,
quindi, ammette – l’attività di meretricio; di contro, nessuna legge autorizza l’Autorità amministrativa a
poter disporre della sessualità dei singoli e nessuna legge conferisce ad essa il potere di regolamentare la
prostituzione”.
In sostanza, la sentenza in commento evidenzia come il Regolamento adottato dal Comune di
Verona fosse invalido per due ordini di ragioni: per un verso mancava la capacità per un organo diverso
dal Parlamento di innovare il sistema con l’introduzione d’una nuova disciplina, giacché solo all’Organo
depositario della sovranità popolare compete di poter fornire degli indirizzi di tipo politico nel senso
più alto del termine, per altro, quindi, – sotto un profilo eminentemente tecnico –un ulteriore vizio nel
provvedimento della città di Verona derivava dal fatto che ad una norma secondaria è proibito di
4 Inter alias, Cass. Civ., Sez. Trib., IDXc8910075f19d56b891a55e4dbd5bd042
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contrastare con una di tipo primario.
Laddove la prostituzione è un’attività lecita, quindi, è preclusa la possibilità di porre delle regole
che, fondamentalmente, creino ostacolo od intralcio allo svolgimento di tale libertà, così conculcando
un diritto.
Stante, dunque, l’invalidità del Regolamento Comunale, il Giudice di Pace dispone di
disapplicarlo e di annullare il provvedimenti sanzionatorio irrogato in base ad esso, pervenendo anche –
prassi, invero, quasi sconosciuta ai Giudici di Pace del Bel Paese – alla condanna dell’Amministrazione
rea di aver adottato un atto invalido a rifondere al ricorrente le spese del giudizio.
Tutto ciò ci costringe a guardarci allo specchio ed a domandarci come mai, in un Paese che,
evidentemente, della prostituzione fruisce – altrimenti il fenomeno, per la basilare legge della domanda
e dell’offerta, non vi sarebbe – ma che vorrebbe – giustamente – che la stessa non avvenisse per strada,
si debba demandare il compito di risolvere la questione ai Sindaci, i quali si debbono impegnare in una
guerra, nella quale vengono inviati con armi spuntate.
La Corte Costituzionale, nel tirare le orecchie agli incolpevoli Primi Cittadini che, cercando di
rispondere alle richieste dei propri amministrati, tentano di sopperire alle mancanze d’un Legislatore
ignavo, ricordando loro che è il Parlamento a dover agire, pare aver parlato a suocera, affinché nuora
intenda.
Il fatto è che le Camere paiono non aver affatto recepito il messaggio ed ognuno di noi, quando
gli va dritta, è costretto a vedere nelle periferie cittadine avvilenti spettacoli, mentre, quando è
sfortunato, rischia pure di trovarsi sanzionato per aver approcciato una lucciola, quando, magari,
invece, s’era solo perso per strada e stava chiedendo come tornarsene a casa propria.
Non va sottovalutato, poi, un altro aspetto rilevante: quanti sono i cittadini che, raggiunti da un
verbale come quello che ha colpito il cittadino che ha adito il Giudice di Pace di Verona, hanno poi il
coraggio di impugnarlo?
Chi scrive, visto che è stato sincero in principio, non può che esserlo anche in chiusura,
pertanto confessa liberamente che, se capitasse a lui, proprio malgrado, pur di evitare l’imbarazzo di
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vivere le occhiatine maliziose dei Colleghi che si danno di gomito, metterebbe mano al portafoglio e
pagherebbe, moneta sonante, la sanzione.
Il sincero auspicio è che il Legislatore riscopra il proprio ruolo e divenga espressivo d’una
volontà popolare che oramai è palese, giacché sono ben pochi in realtà coloro che possono considerare
l’attuale situazione come quella migliore.
La riapertura delle case d’appuntamento viene avvertita oggi come una scelta capace di
provocare la fine del degrado che vivono le aree dove si esercita la prostituzione clandestina.
L’emersione del fenomeno, infatti, consentirebbe di ridurre gli introiti per la malavita che
domina il fenomeno, sarebbe in grado di consentire un controllo sanitario su chi si prostituisce e
certamente assicurerebbe a queste persone delle condizioni migliori.
Nel libro Lettere dalle case chiuse, un’opera scritta a quattro mani da Lina Merlin e Carla Voltolina,
in una lettera inviata alla Parlamentare Italiana, una prostituta così sintetizza la propria vita nel 1955:
«Centoventi uomini al giorno, centoventi bidet. È così da tutta la vita».
Il dramma umano che si esprime in tali parole è evidente e tocca nel profondo. Le donne che,
all’epoca dell’entrata in vigore della legge Merlin, si prostituivano nelle case di tolleranza erano schiave
in un sistema che osservava e non interveniva: tollerava, appunto.
Oggi, malgrado i buoni propositi, la situazione non è, forse, molto diversa.
Se vogliamo essere cinici, possiamo osservare come, nei parcheggi e nelle strade secondarie, il
bidet certamente non ci sia.
Le donne e gli uomini che stanno sul marciapiede vivono nella clandestinità, pertanto eventuali
condizioni di sopruso e violenza di cui fossero vittime non hanno modo di emergere con facilità.
L’insopportabile immobilismo del Parlamento, dunque, è connivenza con una situazione di
decadenza ed avvilimento che la cittadinanza non ammette, tant’è vero che pretende delle risposte da
soggetti facilmente identificabili come i Sindaci, i quali agiscono non per velleità di onnipotenza, ma
come responsabili destinatari di istanze che provengono da parte dei cittadini.
È giunto il tempo, pertanto, per il Legislatore di raccogliere il monito lanciato dalla Corte
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Costituzionale e dalla popolazione, rinnovando un ambito legislativo che oggi non sa offrire risultati.
Su La Repubblica del 2 aprile 1998, in un articolo dal titolo La crociata di Merlina la “rossa”,
commentando come, a distanza – allora – di quarant’anni dall’introduzione della legge Merlin, si fossero
susseguite diverse iniziative volte a superare i divieti da quella introdotti, Gianni Corbi, scriveva: “Le
varianti sono numerose, ma non si sfugge alla sensazione che dietro questi propositi ci sia la tentazione di ripristinare, tali
e quali, quei "mirabili casini" di cui molti sembrano avere ancora oggi una struggente nostalgia”.
Considerando come, ai quei tempi, la maggiore età si raggiungeva a 21 anni5, onde poter avere
nostalgia dei bordelli, dunque, occorrerebbe avere almeno un’ottantina d’anni. Il sottoscritto corre per
le trentatré primavere, pertanto è evidente come possano esservi altre ragioni per ritenere che sia giunto
il tempo per cui il Legislatore affronti in modo maturo e moderno la disciplina d’un fenomeno che non
interessa più la moralità pubblica, la quale – a Dio piacendo – è oramai un residuato del passato, un
inservibile lascito del tempo che fu, relegato in soffitta, rimpiazzato dal convincimento interiore di
ciascuno, da idee proprie e maturate da parte di ognun
Silent84
Sr. Member (351 post)
K+ 78 | K- 110
Interessante. Bisogna prendere spunto per un eventuale ricorso! Non si sa mai!!!
O.I.O.P.
Full Member (25 post)
K+ 8 | K- 17
È cmq un percorso lungo non così semplice, non è detto si vinca, se non si ha nulla da perdere intendo famiglia giusto farlo
newscopator
Full Member (67 post)
K+ 24 | K- 5
articolo 7 L. 75 / 1958: è fatto divieto agli agenti di p.s. di procedere ad alcuna forma diretta od indiretta di registrazione di donne che esercitano o siano sospettate di esercitare le prostituzione: non si capisce dunque come gli agenti intervenuti possano affermare che si trattasse di una “nota meretrice”;

Anche la legge 75 del 1958 vieta di indentificare le prostitute: sono gli agenti di polizia locale a commettere un illecito nel momento in cui mettono a verbale che la meretrice era "nota agli operatori": non esiste un albo delle prostitute, schedarle è vietato dalla legge.
Inoltre la legge 75 del 1958 vieta le case di appuntamenti, ma non la prostituazione, che è dunque ammessa.
Capite dunque che i Comuni hanno messo su un bel business con queste sanzioni, ben consapevoli che pochissimi fanno ricorso per pudore, vergogna etc..
newscopator
Full Member (67 post)
K+ 24 | K- 5
in poche parole la sentenza dice che nessuna legge vieta (e per converso, quindi, ammette) l’attività di meretricio; di contro, nessuna legge autorizza l’Autorità amministrativa a poter disporre della sessualità dei singoli e nessuna legge conferisce a essa il potere di regolamentare la prostituzione.

E' un percorso non brevissimo ma neppure troppo lungo e soprattutto ben supportato dalla giurisprudenza e dalle norme di legge vigenti, stravolte dai Comuni con l'intento di fare cassa facile.
Per prima cosa viene notificato subito un verbale in cui viene annotata la sanzione: QUESTO NON SI PUò IMPUGNARE, ma si possono solo presentare entro 30 giorni memorie al sindaco.
La maggior parte si caga addosso e paga il giorno dopo.
In realtà anche la stessa somma di 500 euro è contraria alla legge, in particolare alla legge 689 del 1981, violando il principio di proporzionalità dell'azione amministrativa: il Comune ha scelto di affibbiare questa sanzione senza prevedere nè un minimo nè un massimo, dunque in maniera del tutto arbitrario.
Solo dopo viene notificata l'ordinanza ingiunzione, che si impugna, anche senza avvocato, al Giudice di pace.
Già il fatto che la polizia locale dica che era una prostituta non sta nè in cielo nè in terra: come fanno a dirlo, se non esiste un albo delle prostitute? Ma soprattutto, come fa ad essere una "meretrice nota agli operatori" se è vietato schedarle, ai sensi di legge??
E poi... chi mi dice che quella non è la figlia o la moglie del sindaco :-)
Francostars
KING (2750 post)
K+ 469 | K- 566
newscopator:

in poche parole la sentenza dice che nessuna legge vieta (e per converso, quindi, ammette) l’attività di meretricio; di contro, nessuna legge autorizza l’Autorità amministrativa a poter disporre della sessualità dei singoli e nessuna legge conferisce a essa il potere di regolamentare la prostituzione.

E' un percorso non brevissimo ma neppure troppo lungo e soprattutto ben supportato dalla giurisprudenza e dalle norme di legge vigenti, stravolte dai Comuni con l'intento di fare cassa facile.
Per prima cosa viene notificato subito un verbale in cui viene annotata la sanzione: QUESTO NON SI PUò IMPUGNARE, ma si possono solo presentare entro 30 giorni memorie al sindaco.
La maggior parte si caga addosso e paga il giorno dopo.
In realtà anche la stessa somma di 500 euro è contraria alla legge, in particolare alla legge 689 del 1981, violando il principio di proporzionalità dell'azione amministrativa: il Comune ha scelto di affibbiare questa sanzione senza prevedere nè un minimo nè un massimo, dunque in maniera del tutto arbitrario.
Solo dopo viene notificata l'ordinanza ingiunzione, che si impugna, anche senza avvocato, al Giudice di pace.
Già il fatto che la polizia locale dica che era una prostituta non sta nè in cielo nè in terra: come fanno a dirlo, se non esiste un albo delle prostitute? Ma soprattutto, come fa ad essere una "meretrice nota agli operatori" se è vietato schedarle, ai sensi di legge??
E poi... chi mi dice che quella non è la figlia o la moglie del sindaco :-)

Esattamente quello che ho sempre dichiarato; cioè il fatto che tali Regolamenti di Polizia Locale non sono conformi ai principi generali dell'Ordinamento, siccome prevedono un divieto in merito troppo vasto ed indiscriminato ed anche per il fatto che i relativi dettami considerano le donne come prostitute solo dall'abbigliamento e/o dall'atteggiamento, senza obbligatoriamente cogliere questi soggetti sul singolo fatto compiuto, considerando anche che la legislazione su ordine e sicurezza pubblica e' esclusiva dello Stato Centrale e non degli Enti locali, i quali possono tutelare l'igiene pubblica, ma unicamente con comportamenti specifici in merito, condizionati da situazioni del relativo luogo e non certo da quelle generiche estendibili su tutto il territorio nazionale ed oltre, come appunto il divieto vasto ed indiscriminato dell'OTR, il quale elimina il principio di sussidiarietà tra Stato e rispettivi Enti periferici.
Franco
Contadino
Super Hero (888 post)
K+ 185 | K- 21
collega newscopator,
per fare un pò di chiarezza sul tuo caso, giustissime le considerazioni fatte da te e ribadite da Francostars, ma la multa ti è stata annullata in seguito alla memoria difensiva fatta nei confronti del sindaco che ha emanato il provvedimento oppure respinta questa la ragione ti è stata data dalla giustizia civile (giudice di pace o prefetto che sia)?

Ciao e buone trombate!
newscopator
Full Member (67 post)
K+ 24 | K- 5
Presentata la memoria difensiva, a distanza di ormai 5 mesi dalla presentazione della memoria difensiva, non ho ricevuto più nulla!
Francostars
KING (2750 post)
K+ 469 | K- 566
newscopator:

Presentata la memoria difensiva, a distanza di ormai 5 mesi dalla presentazione della memoria difensiva, non ho ricevuto più nulla!

Ah! Quindi non hai ricevuto ancora nulla! Pensavo che la Polizia Locale della stessa città t'avesse inviato la lettera informativa dell'avvenuto storno della relativa sanzione.
Purtroppo, dovrebbe essere presto per cantare vittoria!
Prova a chiamare l'Ufficio della suddetta Autorità e chiedere informazioni in merito.
Naturalmente, lo stralcio del connesso verbale dipende dal Sindaco.
Posso dire che non e' obbligatoria la consegna della lettera suddetta.
Franco
newscopator
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K+ 24 | K- 5
Per me fanno prescrivere tutto, perchè hanno visto che il ricorso è fatto molto bene e temono che il giudice disapplichi il regolamento comunale, con gravi danno per le casse comunali.
Se ne guardano bene dal notificarmi il provvedimento di archiviazione perchè significherebbe ammettere di essere nell'illegittimità, dunque lasciano morire tutto cosi,con la prescrizione: per uno stronzo che ricorre, 100 coglioni pagano i 500 euro di multa.
Di solito l'ordinanza ingiunzione viene notifica entro poche settimane, qui non ha interesse il Comune a proseguire.
Contadino
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newscopator,
se come dicevi ti sei fatto aiutare da un legale nel fare il ricorso o almeno le memorie difensive, dovresti farti dire da lui quali sono i tempi di prescrizione per la sanzione. Comunque direi che è esatto dire "per uno con i coglioni e i controcoglioni che ricorre, 100 coglioni pagano!"

Buona gnocca e in culo al sindaco per il ricorso!
Francostars
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newscopator:

Per me fanno prescrivere tutto, perchè hanno visto che il ricorso è fatto molto bene e temono che il giudice disapplichi il regolamento comunale, con gravi danno per le casse comunali.
Se ne guardano bene dal notificarmi il provvedimento di archiviazione perchè significherebbe ammettere di essere nell'illegittimità, dunque lasciano morire tutto cosi,con la prescrizione: per uno stronzo che ricorre, 100 coglioni pagano i 500 euro di multa.
Di solito l'ordinanza ingiunzione viene notifica entro poche settimane, qui non ha interesse il Comune a proseguire.

Probabile, come e' successo con il sottoscritto a riguardo del Comune di Carpiano (MI). Il relativo fatto e' avvenuto a settembre 2007 e non ho mai ricevuto nulla.
Comunque, da quello che so, alcune Ordinanze Ingiunzioni sono state recapitate anche dopo quattro anni e mezzo dalla rispettiva tesi difensiva.
Se entro cinque anni la suddetta notifica di pagamento non viene recapitata all'interessato, questa perde efficacia.
Franco
newscopator
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ho controllato la normativa, il temp di prescrizione è di 5 anni.
Ovvio che il Comune, appena vede che non hai pagato il verbale, ti notifica appena decorsi i 30 giorni.
I tempi si dilatano se presenti memorie difensive, specie se fatte bene.
Il Comune deve cioè valutare se il gioco vale a candela.
Per esempio a te, Contadino, il Comune di Verona abbassò la sanzione da 500 a 25.
Questo perchè la sanzione del comune viola il principio di proporzionalità.
Probabilmente tu - non essendo un legale - non hai fatto riferimento alle sentenze della Corte Costituzionale e della Cassazione che hanno sistematicamente demolito tali ordinanze, e neppure alla recentissima sentenza del gdp di verona che ovviamente è posteriore ai fatti da te commessi.
Ovvio che ricorso lo fa chi non ha problemi di familiari, mogli, genitori etc.. qualche tempo fa passando da mazzano notai una pattuglia di sfigatissimi vigili urbani che aveva fermato un ragazzo di 20 anni con una prostituta, e dal volto e dall'espressione si vedeva che era disperato: chissà cosa avrà detto ai genitori, perchè se non lavori e vivi coi genitori sono cazzi..
Io lavoro, vivo solo e non ho assolutamente problemi, tanto che mandai a quel paese i vigili urbani - educatamente si intende - quando mi hanno sorpreso con la gnocca, invitandoli a lasciarmi finire con la fanciulla ed andare via il prima possibile.
Loro mi dissero che mi inibivano... ulteriori condotte illecite!!!
AHAHAHA.
Appena andati via me la sono scopata giù dall'auto dietro un imbosco.
Quello si sarebbe stato reato, ma ormai pensavano di avere fatto cassa, perciò i 500 euro sono sicuramente più ghiotti di una notizia di reato per atti osceni.
Fatto il verbale,consegnatomelo, se ne sono andati.
So che il Comune continua a fare cassa in questo modo, credo che manderò una raccomandata sollecitando l'invio dell'ordinanza, questa storia delle ordinanze deve finire una volta per tutte, non esiste che se vedono uno che connosce la legge lasciano cadere il tutto ( tanto qualche altro coglione paga, questo pensano ) perchè il rischio che si rompa la macchina ingrassa casse comunali è troppo alto.

Per altro, da un po troppo temmpo non vedo Aida :-( speriamo ritorni presto alla sua postazione!
newscopator
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Trib. Palermo Sez. I, 03072012
Fr.Ma. c. Comune di Palermo

Quanto alla violazione del PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA' c è questa interessante sentenza del Trib. di Palermo che pur non essendo Cassazione e pur trattando un argomento diverso, cioè l inquinamento, spiega perchè non si possono dare sanzioni di 500 euro a cazzo di cane.

INQUINAMENTO
SANZIONI AMMINISTRATIVE E DEPENALIZZAZIONE
Sanzione amministrativa in genere
Merita accoglimento l'opposizione esperita avverso l'ordinanza ingiunzione con la quale sia irrogata una sanzione pecuniaria per violazione del regolamento di gestione dei rifiuti solidi urbani, laddove, l'importo della sanzione, appaia calcolato in maniera assolutamente farraginosa, arbitraria e di gran lunga superiore al massimo, senza alcuna motivazione valida. Orbene, detta sanzione deve ritenersi affetta da illegittimità in virtù della normativa vigente nell'ambito del nostro ordinamento ove, in assenza di una legge ordinaria, non è possibile introdurre sanzioni amministrative mediante fonti secondarie. La fonte primaria che stabilisce la sanzione minima, deve prevalere sul regolamento comunale che costituisce una fonte secondaria per cui i regolamenti devono necessariamente rispettare il limite massimo della sanzione irrogabile.

Nel tuo caso doveva essere annullata in toto la multa, contadino.
Però lo hai fatto da solo e non sei un avvocato, per cui non potevi sapere quali tasti toccare.
Ma questa storia dei regolamenti anti prostituzione deve finire.
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