Ancora preda della mia pigrizia invernale, cercavo una novità semi-stradale all’interno dell’offerta notturna della circonvallazione. In viale Cassala avevo già notato qualche sostituzione. Allo Shell che si incontra procedendo da Romolo verso piazza Napoli (la postazione storica della Natalia) stazionano da qualche tempo due bionde, già avvicinate (45.445582, 9.161365). La ragazza che, della coppia, mi piace di più la rivedo anche dalla parte opposta, sul marciapiede dopo lo Shell quasi speculare, cioè quello che si incontra procedendo da piazza Napoli verso Romolo, subito dopo il cavalcavia, vale a dire quella che molti conosceranno come la postazione di Angela.
La ragazza si fa chiamare Silvia, dice di avere 25 anni e di essere albanese.
Vuole 60 per andare a casa, 100 se volessimo contemplare anche il culo, niente da fare circa l’orale scoperto. Tiene il puntiglio sui 60 e allora non insistito io, non conoscendola, per evitare la sotto-prestazione. Non ho chiesto il tariffario automobilistico.
Vestita è subito evidente che è una ragazza formosa, mi attirano le cosce tornite, lasciate scoperte, e il culo pieno inguainato dalla minigonna scura. Meno affascinante il gambaletto nero sotto il ginocchio. Considerato che sarà alta circa 1,70, confidavo di godere della visione e del contatto con della buona carne umana. A casa, però, vedrò che non è tonica come pensavo, né nel seno (può essere una terza), né soprattutto nella pancia, con qualche rotolino. Figa rasata ma con ricrescita sensibile che già disegna qualche sottile arabesco di pelo. Resta carino il viso, a base quadrangolare, dai lineamenti fini, occhi marroni e, come dicevo, capelli biondi lisci lunghi sulle spalle. Però insomma, se fossero 25 anni reali sarebbe lecito aspettarsi di più.
La sistemazione domestica è discreta. C’è il problema della condivisione dello stesso spazio con l’amica, che complica lo scambio: può essere necessario aspettare un momento, perché la casa è occupata, devono girarsi le chiavi, vogliono evitare che i clienti si incrocino (attenzione che da parte loro dimostra un apprezzabile tatto, anche se ormai la mia maggiore preoccupazione in questi casi, non essendo codificati dal galateo, è solo se fra puttanieri che non si conoscono ci si debba salutare in modo formale o confidenziale). Come quasi sempre, il parcheggio reperibile non è regolamentare. L’appartamento si trova direi al primo piano, abbiamo fatto le scale ma ho visto l’ascensore. Il condominio è di buon livello, tanto che mentre entravo, al seguito della ragazza, una anziana truce dai capelli corvini che usciva mi ha lanciato un’occhiata severissima, altra situazione che non mi imbarazza più, anzi di cui mi compiaccio. La stanza in cui abbiamo consumato è linda, ma non comunica suggestioni d’alcova. È illuminata da una luce bianca impietosamente fredda. Inoltre è allestita con un letto matrimoniale e due letti singoli, direi più come un dormitorio che come un laboratorio per orge, nonostante il piccolo specchio che moltiplicherebbe tutto per due.
Lei si spoglia di volata, si lascia toccare, ma come preliminare si arresta a qualche stimolazione di polpastrello e unghie del petto e dei capezzoli; a mia volta sento la sua pelle non fragrante e non mi coinvolgo, però approfitto delle tette. Raggiunto un livello diciamo di pre-erezione, copre l’uccello e comincia un pompino scialbo, posizionandosi come le chiedo (io in piedi, lei seduta sul letto), ogni tanto interrotto da una scrollata di mano, ma che in ogni caso raggiunge il suo scopo-base di stimolo. Per la scopata la faccio mettere a pecora, restando io in piedi, così che mi offra il suo lato migliore (cosce-culo) e tambureggio a ritmo crescente fino a venire, mentre lei mi incita, simula e a tratti, passandosi la mano dietro, mi solletica lo scroto.
È tranquilla, gentile (mi offre una cicca quando la prende per sé e sorridente, ma di suo non è particolarmente chiacchierona.
In sintesi, cadute le mie aspettative sul suo corpo e non essendo scattata la scintilla erotica, né una speciale intesa comunicativa, l’incontro ha assunto il tono di un adempimento burocratico, per quanto condotto diligentemente al termine desiderato.
La ragazza si fa chiamare Silvia, dice di avere 25 anni e di essere albanese.
Vuole 60 per andare a casa, 100 se volessimo contemplare anche il culo, niente da fare circa l’orale scoperto. Tiene il puntiglio sui 60 e allora non insistito io, non conoscendola, per evitare la sotto-prestazione. Non ho chiesto il tariffario automobilistico.
Vestita è subito evidente che è una ragazza formosa, mi attirano le cosce tornite, lasciate scoperte, e il culo pieno inguainato dalla minigonna scura. Meno affascinante il gambaletto nero sotto il ginocchio. Considerato che sarà alta circa 1,70, confidavo di godere della visione e del contatto con della buona carne umana. A casa, però, vedrò che non è tonica come pensavo, né nel seno (può essere una terza), né soprattutto nella pancia, con qualche rotolino. Figa rasata ma con ricrescita sensibile che già disegna qualche sottile arabesco di pelo. Resta carino il viso, a base quadrangolare, dai lineamenti fini, occhi marroni e, come dicevo, capelli biondi lisci lunghi sulle spalle. Però insomma, se fossero 25 anni reali sarebbe lecito aspettarsi di più.
La sistemazione domestica è discreta. C’è il problema della condivisione dello stesso spazio con l’amica, che complica lo scambio: può essere necessario aspettare un momento, perché la casa è occupata, devono girarsi le chiavi, vogliono evitare che i clienti si incrocino (attenzione che da parte loro dimostra un apprezzabile tatto, anche se ormai la mia maggiore preoccupazione in questi casi, non essendo codificati dal galateo, è solo se fra puttanieri che non si conoscono ci si debba salutare in modo formale o confidenziale). Come quasi sempre, il parcheggio reperibile non è regolamentare. L’appartamento si trova direi al primo piano, abbiamo fatto le scale ma ho visto l’ascensore. Il condominio è di buon livello, tanto che mentre entravo, al seguito della ragazza, una anziana truce dai capelli corvini che usciva mi ha lanciato un’occhiata severissima, altra situazione che non mi imbarazza più, anzi di cui mi compiaccio. La stanza in cui abbiamo consumato è linda, ma non comunica suggestioni d’alcova. È illuminata da una luce bianca impietosamente fredda. Inoltre è allestita con un letto matrimoniale e due letti singoli, direi più come un dormitorio che come un laboratorio per orge, nonostante il piccolo specchio che moltiplicherebbe tutto per due.
Lei si spoglia di volata, si lascia toccare, ma come preliminare si arresta a qualche stimolazione di polpastrello e unghie del petto e dei capezzoli; a mia volta sento la sua pelle non fragrante e non mi coinvolgo, però approfitto delle tette. Raggiunto un livello diciamo di pre-erezione, copre l’uccello e comincia un pompino scialbo, posizionandosi come le chiedo (io in piedi, lei seduta sul letto), ogni tanto interrotto da una scrollata di mano, ma che in ogni caso raggiunge il suo scopo-base di stimolo. Per la scopata la faccio mettere a pecora, restando io in piedi, così che mi offra il suo lato migliore (cosce-culo) e tambureggio a ritmo crescente fino a venire, mentre lei mi incita, simula e a tratti, passandosi la mano dietro, mi solletica lo scroto.
È tranquilla, gentile (mi offre una cicca quando la prende per sé e sorridente, ma di suo non è particolarmente chiacchierona.
In sintesi, cadute le mie aspettative sul suo corpo e non essendo scattata la scintilla erotica, né una speciale intesa comunicativa, l’incontro ha assunto il tono di un adempimento burocratico, per quanto condotto diligentemente al termine desiderato.