In piena notte in viale Monte Ceneri, a destra, provenendo da Lotto e procedendo verso piazzale Lugano, appena prima del semaforo di via Monte Generoso, vedo una bella ragazza. Con le coordinate 45.492269, 9.155286 localizzate e visualizzate il suo incrocio (non fermatevi però a Google, perché sballa, entrate in Google maps) .
In giacca a vento bianca, jeans e stivali neri, alta circa 1,70 (senza considerare i tacchi), capelli biondi lisci oltre le spalle, schiena robusta, culo che tende adeguatamente i pantaloni che lo fasciano, è al contempo snella. Si nota insomma. In macchina, poi, farò caso anche agli occhi marroni, il viso carino, con un’impressione che avverto come marcatamente europeo-orientale nel suo profilo un po’ schiacciato e relativamente paffutello, lo sguardo vivo, la bocca espressiva sottolineata dal rossetto carico.
Interrompo il suo ascolto in cuffia della musica, che asseconda con un discreto movimento del corpo. Mi chiede 30 euri per il boccafiga coperto in parcheggio, 70 per farlo a casa. Mi mostro perplesso sull’entità e lei contropropone subito 50 a casa. Non ho indagato su altri servizi perché in questi casi li concepisco come evoluzioni della prestazione base e stavolta, come dirò, non ho intravisto spazi di espansione per il nostro amore.
Non parla molto perché difetta della conoscenza della lingua. Si presenta: Andrea, 25 anni, origine rumena. Cerca di chiederti qualcosa di te (lavoro, famiglia), ma la conversazione resta elementare. Non assume però atteggiamenti indisponenti, come piantarsi al telefono con l’amica. E quando non capisce o non sa cosa dire ci guardiamo e lei fa un bel sorriso che le illumina anche gli occhi. Non raccoglie il suggerimento della mano appoggiata sulla coscia, anche se lascia fare. Nel complesso, il raggiungimento della casa, molto lontana, risulta noioso.
Non rilevo difficoltà di parcheggio o assembramenti imbarazzanti sotto casa. Saliamo ad un primo piano con due rampe di scale. Lì mi introduce nella cucina di un appartamento più grande, adibita mediante divano-letto a spoglio ciulatorio. L’atmosfera dell’ambiente è fredda: illuminazione bianca di servizio, arredamento normale ma che trasmette subito un’impressione di disordine e trasandatezza.
La sensazione più inquietante la avverto già con le scarpe e a maggior ragione quando resto con le sole calze. Non la provavo da più di una dozzina d’anni, dai tempi in cui andavo a trovare una mia zia. A questa anziana faceva compagnia una gatta vecchia e dispettosa che beveva il latte finché le andava, poi rovesciava la ciotola con una zampata, la padrona non si accorgeva o ormai non aveva voglia di rimediare allo sversamento del latte che si rapprendeva sulle piastrelle, sicché il pavimento della cucina diventava un appiccicume stomachevole. Anche a casa di Andrea mi sento aderire con i piedi al pavimento, tanto è unto. Girandoci mi immaginavo in una scena ricorrente negli scadenti film d’avventura trasmessi quand’ero piccolo, tanto che Verdone ne fece la parodia in “Troppo forte”, con il racconto de “La palude del caimano”, quando cioè il malcapitato cadeva nelle sabbie mobili e poco alla volta sprofondava senza speranza. Dire che avevo paura di essere risucchiato da quel pavimento sarebbe troppo, ma sentivo di invischiarmi le calze e le spiccicavo con fastidio. Mi affretto quindi a sdraiarmi sul divano letto, che a sua volta non dà proprio l’idea di un ambiente sterile.
Lei mi raggiunge a, in ginocchio, attacca il pompino impermeabilizzato non solo saltando qualsiasi preliminare, ma senza nemmeno denudarsi! Ancora ancora le calze nere traforate in latex danno un tocco feticistico. Ma non si sfila le mutandine fino a quando non sarà inevitabile, né il reggiseno. Forse l’ultimo accorgimento evita di scoprire quella che non può essere più di una seconda magari già segnata dalla o dalle maternità cui mi ha accennato, mentre su cosce e culo non ho rilevato inestetismi. Se invece fosse una manfrina per tornare ai 70 euri di partenza era una tecnica molto goffa, perché la richiesta di rilancio non l’ha mai formulata e soprattutto perché, quando ho aperto il portafoglio, ha visto anche lei che veramente non avevo con me più dei 50 che le davo. Arrivo a innervosirmi dicendole che, insomma, se si vuole scopare bisogna pur spogliarsi, ma mostra di sentirci poco. Le palpo energicamente le tette infilandomi sotto il reggiseno e mi dice che ho la mano fredda! Per di più il pompino è inespressivo, non ricordo particolari note di demerito (denti, mano), ma neanche di merito. È persino tarda a comprendere il suggerimento di usare una delle mani per una stimolazione tattile del petto. Così faremmo l’alba! Devo necessariamente guadagnare una posizione più attiva nell’orale, dunque mi alzo, riaffronto le sabbie mobili, la raggiungo su un diverso angolo del divano-letto e mi pianto in piedi davanti a lei seduta. Riprende l’uccello in bocca, ma adesso sono io a dettare i tempi e finalmente il trattamento fa effetto. Quando si tratta di passare alla scopata mi offre piena disponibilità per le posizioni. Opto per una missionaria e lei mi sorprende: viste le premesse, infatti, mi preparavo a starle sopra martellandola “a cadavere”; invece no, mi accompagna roteando bene il bacino, sicché la cosa risulta particolarmente piacevole e sono indotto a conservare questa postura fino alla fine, mentre lei ansima discretamente.
Al momento di rivestirmi, avverto come una puntura sotto la pianta del piede. Non è una specie vegetale carnivora né un insetto tropicale proliferati nel limaccioso micro-ambiente favorevole, ma le sue cuffiette auricolari cadute per terra e che lei non era stata nemmeno a raccogliere.
È l’ennesima ragazza che non pare intimamente una stronza con la vocazione di esserlo, lo si intuisce da come si porge nei momenti non strettamente operativi, ma che non ha la minima idea di cosa sia un’esperienza erotica. Se crede, peraltro, di lucrare così i pochi secondi richiesti dal vestirsi e rivestirsi, cerca un risparmio inutile, considerando i minuti che si sprecano per raggiungere il laboratorio così lontano dal suo marciapiede. Poi mi dice pure che soffre il freddo e non ci sono clienti! Mi sono limitato a consigliarla molto seriamente di spogliarsi integralmente e credo non abbia capito il mio ragionamento. Ma intanto pensavo: ragazza mia, comincia a ramazzare la casa una volta ogni tanto. Già che ci sei prova a toglierti l’intimo, che magari a scopare è, non oso dire necessario, ma utile, e farlo con arte è una bella provocazione per il maschio. Se puoi cerca di spompinare in modo un po’ più brillante… Ecco, poi stai sicura che con il corpo che hai, pardon: che pare tu abbia, qualche cliente cominci a vederlo e pure a rivederlo.