Il nome che ho capito io è Alicia (che pronuncia Aliscia), ma sono persuaso di aver conosciuto la stessa ragazza. Aspetta al punto 45.446350, 9.191134. È una ventenne con un viso ovale carino e un po’ svagato, ma qualche traccia di acne, capelli castani lunghi con riga in mezzo, occhiali tondi, minuta (statura 1,55-1,60; gambe, culo e seno, che potrebbe essere una seconda, nella circostanza del nostro breve incontro erano copertissimi, quindi non valutabili).
Lavora a tariffario standard, come già si è detto, che diventa un po’ esoso per il pompino senza preservativo, proposto a 50 euri senza nemmeno la possibilità di concludere in bocca.
Io comunque mi sono accontentato del pompino coperto. La sua tecnica è elementare. Non del tipo in cui non senti proprio niente, in particolare ricordo un buon impatto iniziale con la sua bocca calda. Inoltre limita al minimo l’uso della mano e accompagna, suggerita, con una grattatina del petto. Però resta un lavoro ripetitivo, ridotto ad un paziente su e giù.
Penso ci sia un punto in particolare da ribadire. L’attitudine non è professionale, anzi direi l’esatto contrario, primeggerebbe per la categoria “giovin principiante”. Io non cerco situazioni neutralizzate da routines troppo ben rodate, tanto che preferisco la spontaneità un po’ improvvisata di questo tipo di ragazze di strada alla sensualità a ben vedere impersonale che talvolta percepivo in appartamento, prima di interrompere quell’esperienza non appagante per me. Quindi poi non mi lamento la notte che capita la deriva quasi surreale, anzi mi posso anche divertire. Però, per essere chiaro, se uno desidera una situazione di minimo coinvolgimento intimo ed è disturbato dalle distrazioni, è bene che sappia in anticipo ciò che al momento Alicia può offrire, e perlomeno vada a trovarla munito di auto, perché altrimenti lei, con il suo fare alquanto estemporaneo, è capace di mandargli a monte l’eccitazione e al limite farlo innervosire. È pur vero che era molto tardi, le tre passate, quindi poteva essere stanca. Per cominciare, comunque, la avvicino a piedi e la trovo in postura anerotica, seduta sul gradino dei giardini, proprio come si racconta nella prima testimonianza, insieme ad una collega per me meno avvenente. A consumare mi porta in un punto marginale e dunque decisamente esposto del Parco Ravizza, dove la prima foschia autunnale non basta a ripararci; sono dunque io a insistere per guadagnare almeno qualche metro ancora, ma mentre lei armeggia con il mio uccello non ci facciamo mancare niente: la macchina con i guardoni, chissà se muniti di obiettivo telescopico ad infrarossi, ferma poco lontano, la collega che transita con altro puttaniere. Comincia accosciata ma poi si stanca, si interrompe e ci spostiamo perché si possa sedere sulla panchina. Si ferma di nuovo per gridare qualcosa alla collega, che ad un certo punto irrompe a sua volta sulla scena, avvicinandosi per non so che consultazione: io noto le sue tette meglio in vista, mentre lei gratifica il mio uccello di una toccata gratuita. Alla fine chiedo ad Alicia se sbattere per terra l’involtino con i soliti resti dell’incontro; lei, che sa quattro parole d’italiano, si sforza invero di interagire ma secondo me a volte risponde un po’ a vanvera, mi dice di sì. Sarei tentato di farlo, tributo ai residenti della zona che periodicamente lamentano la presenza di prostitute e clienti nel parco, evidentemente per sottrarre questo spazio urbano all’amore e riservarlo agli escrementi dei loro cani, ma il mio pur modesto senso civico mi indica il cestino dei rifiuti più vicino.