Il mio incontro con Andrea (Andreea, se preferite) mi è rimasto impresso per una piccola attenzione che ha a che vedere con il suo clima generale, piuttosto che per il contenuto sessuale, e mi ha ricordato una canzone cui negli anni dell’università sono stato affezionatissimo, “Sotto il tiglio” di Angelo Branduardi.
Agli interessati segnalo una versione facilmente disponibile con il testo:
https://www.youtube.com/wat…
I versi sono ripresi, uno dopo l’altro, da un’opera di un poeta tedesco dei secoli XII-XIII, e non ne hanno la stessa freschezza e suggestione. È però originale il passo che si riferisce all’amata come “la donna che volevo per essere chiamato col mio nome”. Frase satura di eccessivo romanticismo: quale potrà mai essere la donna che volevo per essere chiamato col mio nome, fra questi incontri casuali e girovaghi? Però non mi è sfuggito che Andrea, quando le ho chiesto il suo nome (d'arte), mi ha domandato subito il mio (invece di chiudersi immediatamente nel mutismo o riprendere il culto del suo cellulare, come tante colleghe), e alla fine dell’incontro, quando io ho ricordato il suo, lei ha ripetuto il mio, che praticamente mai ho sentito risuonare durante questi appuntamenti notturni.
La stessa sera, molti chilometri prima, avevo lasciato a terra una cretina con cui si era svolto questo surreale dialogo.
C: “Come ti chiami?”.
E. “Perché me lo chiedi?”.
C. “Così, per saperlo”.
E: “Elena”.
C: &ldquo
i dove sei?”.
E: &ldquo
i tutti i luoghi”.
Al che me ne ero andato, ritenendo di aver messo a fuoco il personaggio. Strada facendo, come sempre, mi meravigliavo più della stupidità che dell’antipatia. Al di là delle doti umane e di un calore che non cerco, basta un po’ di intelligenza per comprendere che uno prima di metterci, e spesso rimetterci, dei soldi e far salire un’estranea sulla sua macchina magari la fa parlare qualche secondo per capire il tipo, secondi che potrebbe impiegare utilmente anche lei per rendersi conto di chi ha di fronte. Se invece la ragazza scatta subito, dando prova di non voler investire neanche mezzo minuto nella preparazione della situazione, fa supporre che una volta ingaggiata realizzerebbe tutti i timori di noi clienti.
Per contrasto, il primo aspetto che mi ha colpito di Andrea è la maturità comunicativa, senza la quale per me è sempre difficile divertirmi.
Un po’ per caso, muovendomi in una landa che frequento rarissimamente, vedo questa ragazza che non conosco e al cui profilo non sarei risalito senza il recente lavoro di ricostruzione storica del veterano della zona, Squalopinnacorta, che senz’altro merita l’encomio n. 434.
Voi che passate la potete vedere a Corsico, nella rotonda fra la Vigevanese, la parallela via di Vittorio e la perpendicolare via Copernico, a destra per me che andavo verso Milano, 45.44 1478, 9.11 2480.
Non mi pare notte di grande movimento: è circa l’una e mezza e mi dice che a breve sarebbe andata a casa. È infatti seduta tranquillamente e un po’ mestamente sul muretto davanti al parco urbano, un bosco dove non canta l’usignolo, non veste niente di appariscente o che lasci apparire qualcosa di direttamente stuzzicante, e devo richiamarla per farla avvicinare.
Sarà sull’1,70, magra, capelli neri raccolti a coda, viso carino ovale ma smunto e un po’ lungo, senza trucco e rossetto o quasi.
Mi dice il tariffario con i limiti che sono già noti: 20 per il pompino coperto, 30 per il boccafiga coperto, 50 per la venuta in bocca, con condizione di preavvertirla, 100 per l’ora d’albergo, niente anale. La metto sotto contratto per il primo servizio.
Ci appartiamo, sotto i tigli s’intende, in un parcheggio fra i palazzi non appiccicato al suo semaforo, ma neanche remoto e un po’ troppo illuminato, comunque a quell’ora tranquillo. Un pompino mercenario non sarà certo mai vergogna, però non essere sorpresi durante sarà sempre meglio.
In macchina percepisco subito un clima diverso dalla stridente disarmonia creata da quella con cui mi era andata buca, senza che Andrea si segnali per l’estroversione, piuttosto per il dialogo distensivo. Le chiedo l’età e rilancia subito: “quanti me ne dai?”. Io prima o poi giuro che risponderò a questa civetteria femminile: “non più di 73” Ma ancora una volta sto cavallerescamente al gioco dei complimenti, al termine del quale mi dice 32 a giorni (sole in Scorpione). Nel momento di rivestirsi, stirando le giunture negli spazi stretti del mio abitacolo, sospira scherzando: “sono vecchia!”. Cerca pure, con un certo impegno, di farmi capire, su un’ideale carta geografica della Romania, dove si colloca il suo luogo d’origine.
All’opera si appresta mettendo all’aria potta e culo, gesto apprezzato dalla mia mente e poi dalla mia mano destra, mentre resta vestitissima sopra. Altro merito: mi lascia scegliere domandandomi se voglio faccia piano o veloce. Le chiedo di partire piano e accelerare poi. Riveste l’uccello e procede ad un saliscendi dolce, non variato nella presa, non interrotto da tocchi di sola lingua, ma profondo, che esegue con ritmi via via più serrati, senza uso della mano tranne quando glielo chiedo io, al che me lo strizza piacevolmente con energia. Di tutto il trattamento è notevole in particolare il modo in cui, alla venuta, ha protratto la stimolazione, a presa piena, con l’esito di un orgasmo dai toni intensi.
Ritira i resti, la riaccompagnerei volentieri, ma mi dice che al suo posto torna a piedi e “come vento e nube fugge via”.