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Karzan
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LE STORIE CHE LE MUTANDINE RACCONTANO

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L’ODORE DELLE COSE
Da qualche mese ho intrapreso una nuova esplorazione: un approfondimento della sensualità delle cose, fra l’altro per distogliere il consueto e spontaneo flusso del mio desiderio, alimentato specialmente dalla visione del corpo femminile e dal contatto epidermico, e provare ad esercitarlo su una materia più impregnata di proprietà umane ed erotiche.
Quasi ovvio l’oggetto privilegiato: le mutandine.
Alcuni fra noi maschi, come sappiamo tutti, nutrono un desiderio specifico per le mutandine delle donne in generale e delle prostitute in particolare.
È stato espresso anche in una richiesta nel forum link a : “Voglio le sue mutandine”
cui con questa pagine intendo dare qualche risposta, suggerita della mie esperienze dirette.

Io non sono un feticista in senso proprio, cioè non è un accessorio che serve direttamente alla mia eccitazione fisica, però mi piace farci caso e, quando quest’anno ho iniziato la mia piccola collezione, ho scoperto anche un certo piacere del possesso.
Le mutandine non saranno lo specchio dell’anima, ma certo che un indumento scelto per stare a stretto contatto con la pietra filosofale, da una giovane che per lavoro lo mostra, lo sfila e torna a indossarlo tante volte al giorno di fronte ad una platea più o meno numerosa, deve averne di storie da raccontare sulla sua padrona.
Fra le ragazze di strada che frequento riscontro di tanto in tanto l’impennata di intimi seducenti, trasparenze e pizzi neri, spesso semplicissimi perizomi a tinta unita che cercano di eccitare più con quello che scoprono che per il gioco della visione, altre volte mutandine adolescenziali che inteneriscono con i loro disegnini infantili. Constato che prevalgono opzioni a basso costo e sottomarche, ma non manca la ragazzina venale che si compiace della firma dispendiosa o la giovane donna che sceglie il marchio di un intimo sobrio ma di qualità.
Ad alcune di queste sfere intime mi sono avvicinato maggiormente, privilegiando le ragazze che conosco meglio nella convinzione che sarei stato assecondato più facilmente. Racconto di seguito successi, insuccessi e giochi, facendo riferimento alle ragazze, come in precedenti narrazioni monografiche di taglio analogo, con il nome d’arte e la postazione di sosta, in modo che gli eventuali interessati possano agevolmente recuperare la discussione relativa (sono tutte recensite in Milano - OTR).




IL PRIMO DONO NON SI SCORDA MAI

Le prime mutandine femminili acquisite, prima dell’inizio del programma e al di fuori della sfera mercenaria, sono state quelle dalla mia fidanzata storica. Sono rimaste a casa mia, una sorta di lascito sopravvissuto agli addii, insieme ad un paio di jeans. I pantaloni li ho usati cinicamente le volte che ho portato a casa ragazze di strada vestite in modo troppo sconcio per transitare da ascensore, scale e pianerottolo senza imbarazzi, porgendo loro quest’unico indumento femminile di cui disponevo per coprirsi (accettato da ANNA di viale Ortles e rifiutato da DOINA dalle molte ubicazioni). Le mutandine invece le ho custodite con religiosa cura, pulite e piegate in un cassetto: il loro profilo sportivo, il colore grigio a tinta unita, senza provocazioni, assomigliano senz’altro molto a colei che le ha lasciate.



LE MUTANDINE CHE NON HO RUBATO

Nel collezionismo tutto è lecito. Ma la mia caccia alle mutandine è sempre stata animata da rigore morale, anche a costo di perdere qualche pezzo. Una notte ho portato a casa (cioè al “campo&rdquo DELIA e ALESSANDRA, la coppia di via Ripamonti. Delia fece uno spogliarello in macchina, perché al campo non voleva farsi vedere in abiti da strada, rivestendosi fra l’altro della gonna lunga tradizionale. Evidentemente, dopo la giornata di lavoro, aveva desiderato cambiarsi anche l’intimo, lasciandomi sul sedile posteriore delle mutandine rosa, uno dei suoi colori preferiti, a giudicare dall’abbigliamento per il quale, come ho notato avvenire spesso fra le ragazze zigane, sceglie sempre tinte sgargianti. Avrebbero potuto già essere mie, ma, intercettatele con la coda dell’occhio, ho preferito suggerire, mentre scendeva, “cosa stai dimenticando?”. E lei tornò indietro per riprenderle.
A CRISTINA di piazza Emilia le chiesi per la prima volta una sera d’agosto, a casa sua. Per le ragioni che dirò, non se ne fece niente. In occasione dell’incontro successivo mi interrogò con sospetto: “l’altra volta mi son sparite delle mutandine. Le hai prese tu?”. Ho difeso la mia (reale) innocenza.




CE L’HO VERGOGNA

Nel corso dell’estate il desiderio era duplice, tenermi le mutandine e lasciare in strada la ragazza smutandata. Mi è riuscito, come racconterò, solo con ANNA di viale Ortles; per il resto ho collezionato solo no. MARIA di Noviglio ha risposto: “ce l’ho vergogna” (con la sua tipica grammatica italo-rumena). Peccato perché lei ha gusto per pizzi e trasparenze. Sono contento di averne almeno qualche foto, in una si era divertita a lasciarsi infilare le banconote nell’elastico, ma mi dispiaccio di non aver mai potuto fare prigionieri. Hanno rifiutato anche GEORGIANA di Carpiano, ANNA di Sordio e SIMONA di Mediglia, che mi dice che lei non può stare in strada senza. Inutilmente le ho invitate ad attendere al loro solito posto tranquille abbassandosi un po’ di più la gonna, eccitando il cliente successivo con la storia del loro smutandamento.
Con alcune di queste così “timide” fanciulle non mi sono arreso e ho fatto ricorso ad altri stratagemmi! Per carità, gli imbarazzi delle prostitute sono sempre affascinanti, capire che cosa o quali momenti o quali atteggiamenti una ragazza che offre a tutti la sua intimità vuole tenere per sé, o dice di voler tenere per sé, mediante il cono d’ombra del pudore. Però quanto mi coinvolge la gioia erotica con cui DENISE di viale Toscana parlava del piacere, d’estate, d’uscire senza mutandine, così al primo colpo di vento è tutto all’aria.
JASMINE di via Teodosio, furbina, svicolante e, diciamolo pure, irritante come sa essere lei, accampò pure ragioni fisiologiche “la patatina mi si gonfia con il freddo. Mi è già successo!” Il freddo? Era il torrido luglio!




GLI AFFARI SONO AFFARI

Sul fronte opposto, non mancano le affariste. C’è una domanda ben pagata di mutandine, non solo di prostitute. Una mia coetanea mi diceva che, con un’amica, considerando il giro di lingerie indossata che esiste, pensavano che avrebbero potuto campare vendendo il ricambio giorno dopo giorno. Nell’ambito che ci interessa qui, ricordo la testimonianza di un altro forumista, a proposito di LAURA di viale Cassala. link alla testimonianza.

Però, quella ragazza sarà arrapante quanto si vuole, 50 euri per le sue mutandine sono fuori dai miei programmi.
Anche la mite CLAUDIA di Siziano, che non è un’esosa, né una calcolatrice vivente, alla mia domanda, come ad una richiesta che riceve abitualmente al punto da averla inserita nel tariffario, mi spara subito la richiesta di 30 euri (solo per l’intimo). Anche questa somma è, ed è restata, al di là dei miei programmi.
MARIA di piazza Aspromonte mi dice che non glielo hanno mai chiesto e rimane un po’ sospesa alla domanda. Tiene a precisare, da giovane donna che ha cura di sé, che lei porta perlopiù degli abbinati che le dispiacerebbe spaiare, di marca, tipo Intimissimi, e le mutandine le paga sui 15 euri. Infatti sono accurati, dei bei pezzi colorati anche se mai super-sexy, da me fotografati più volte. Glielo spiego io che è una pratica comune e non mancano colleghe che si fanno pagare, fino ai 50 euri di Laura. Accidenti, temo di averle dato un’idea! “Però…”, commenta, mi dice che ci penserà. Ma non ne abbiamo più riparlato.
La prima richiesta a CRISTINA di piazza Emilia è andata buca per ragioni analoghe, pur nella grande diversità della persona. Lei infatti è la teenager perfetta nella prospettiva del marketing mondiale. Se piove forte la desolazione che le si dipinge sul volto uscendo di casa quando la riaccompagni alla sua fermata non corrisponde al pensiero: “speriamo che non si verifichi qualche calamità”; o: “come faranno i poveri senzatetto”. Si guarda invece le scarpe nere taccate e sospira: “500 euro a rovinarsi!” Ma non si deve credere che sia una ragazza cresciuta nella bambagia consumistica, nella vita ha invece conosciuto anche la sofferenza interiore. Mi ha raccontato, infatti, che un giorno mentre faceva prendere aria alle coperte le è caduto l’iphone, dimenticato a letto e irrimediabilmente fracassatosi nel cortile. “Ho pianto”, ha aggiunto affranta, al pensiero dei 700 euri volati dalla finestra. Così, anche quando le domando le mutandine, in un primo momento la risposta è venale: “va bene, te le do, ma non quelle che ho su. Le ho comprate oggi, sono di Kelvin Klein, le ho pagate 22 euro!”.




ALCUNE MUTANDINE RIESCONO CON IL BUCO

Il secondo pezzo della collezione è stato un regalo. A luglio mi porto a casa ANNA di viale Ortles e a fine seduta le chiedo: “Quanto vuoi per lasciarmi le mutandine?”
A: “1 euro!”
C: “Ma dai, 1 euro… Ne vuoi 10?
Ma lei respinge il mio gesto, già disposto ad aprire il portafoglio, e me le lascia: un regalo e, già proiettandovi l’ombra della sua malinconia temperamentale, un ricordo per i tempi in cui non ci vedremo più. Le annusa, suo tipico approccio alle cose (al sapone che le porgo in bagno, alla torta che le offro a fine operazioni), e mi dice “Lavale”. Io non le ho riannusate subito, mi sono ovviamente guardato bene dal lavarle, ma mi sono parse del tutto neutralizzate dai detersivi.
È un perizoma rosa di pizzo molto vezzoso, con due fiocchetti davanti, ma pure con una sdrucitura della maglia sul lato posteriore, sintesi incantevole del suo voler piacerci (Anna alterna pizzi colorati a mutandine da adolescente, tipo a sfondo bianco con stelline) e della sua candida negligenza.
Si scherza un po’ prima che la riaccompagni al suo posto, lei dice che spera non passi la polizia (capirai, che cosa mai vista!) e io la prefiguro in questura senza mutande. È però l’occasione per una foto dal basso, lei piegata in avanti sugli spilli neri, che mi consente di dimostrarle che il mono-abito estivo a righine bianche e rose la copre a sufficienza.
Nel corso delle successive sedute le ho chiesto di indossarle per fotografie più o meno ravvicinate, inquadrature frontali, da dietro in piedi e sdraiata, con quelle chiappette minime ma sode in evidenza, e un breve filmato (una giravolta).
Quando Anna ha voluto vedere dove tenevo il suo dono, che allora era ancora l’unico ad essersi aggiunto a quello della mia ex, e le ho mostrato la coppia di mutandine, ha rivendicato, con una impertinenza scherzosa, però insolita in lei, il suo podio di prediletta: “le tue due fidanzate”. Non l’ho smentita. Un’altra sera ha domandato che le mostrassi anche quelle, nel frattempo acquisite, di SIMONA di Mediglia, commentandone la piccolezza in rapporto alla corporatura della collega, che conosce. Ho trovato anche una compagna di contemplazioni feticistiche?




AROMI DI COMPLEANNO

A settembre torno alla carica con CRISTINA. Quelle che indossa la signora me le tira in faccia, comandando: “annusa”. Ma suppongo che siano troppo preziose per un omaggio. Apre infatti l’armadio alla ricerca di un’alternativa, mentre io mi godo lo sviluppo conico delle sue parti posteriori esaltato da ogni postura assunta piegandosi in avanti. Poi se ne esce con un capo cui può rinunciare e me lo lascia: mutandine rosa a tinta unita con bordo dal tono più intenso e disegno fantasia davanti.
Lavate, stirate, sotto naftalina sono il trionfo della neutralizzazione. Gliele ho quindi riportate, per l’opportuna aromatizzazione, presentandomi alla vigilia del suo compleanno con bottiglia di spumante al seguito. Le estraggo dalla busta e le chiedo di indossarle. Lei fa una battutaccia (“non le avrai fatte mettere ad altre?&rdquo, chissà perché tutte dubitano di me, ma le infila senza storie. Brindiamo, io intingo il dito nel bicchiere e traccio una striscia di spumante sulle mutandine, che porteranno così il ricordo degli auguri. Poi le scatto tre foto, primi piani alle mutandine indossate, fronte e retro. Cominciamo con i soliti preliminari, occasione per qualche strofinatina. Poi si passa all’anale, sulle ginocchia e sulla pancia. Le chiedo di non sfilarsele, per trasformare in gioco erotico la pratica antipatica di quelle colleghe che, per risparmiare anche le frazioni di secondo, vorrebbero essere penetrate solo scostando le mutandine, come ad esempio pretese la ALESSANDRA su una panchina del parco Ravizza. Cristina, con gesto repentino ed esperto, se le tira sul lato sinistro tanto che non disturbano per niente né me che la sodomizzo, né lei che si tocca la figa: l’elastico infatti non riesce a richiamarle verso il solco perché la chiappa è una bella cupola che le blocca. Il tutto per i soliti 80 euri della prestazione comprensiva di anale, senza sovrapprezzi.
A fine operazione le mutandine le vesto io, come la benda sull’occhio che Mastroianni ostenta ne “La grande abbuffata”, per me uno dei capolavori dell’illustrazione feticistica nell’arte. A chi ne fosse incuriosito, segnalo un fotogramma: Link al profilo escort
Cristina osserva: “sembri un pirata”. Usciamo sul pianerottolo e raggiungiamo l’ascensore esterno, mentre un tipo ci guarda alla finestra di una stanza illuminata scostando le tendine, e lei, che si vede non frequenta la produzione di Marco Ferreri, commenta con il suo consueto scoppio di risa a sbuffo: “sembri uscito da un film porno”.
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