Da quattro mesi circa, mi dice, Alba staziona all’Eni di Mediglia (4 5 . 4 2 7 3 0 7 , 9 . 3 7 1 8 6 3), sulla Vecchia Paullese. In posizione più avanzata verso la rotonda che immette sulla Cerca c’è un’altra ragazza mora, che ho già recensito, più arretrata (per chi viene da Milano) all’ingresso del benzinaio c’è lei.
Dice di avere 29 anni. Ha bocca sensuale e lineamenti dolci, ma un po’ troppo rilassati per poterla dire una trentenne smagliante, sospetto che si sia calata l’età; capelli rossi lunghi e vaporosi, occhi nocciola. Il fisico è quello di una donna adulta, non troppo magra, bensì con curve femminili: direi almeno 1,65 di statura, cosce e culo pieni senza eccessi; dalle tette non scoperte, ma toccate, ho ricavato una sensazione di sostanza carnale e percepito in particolare il capezzolo consistente, per cui ipotizzo una terza, mentre sulla consistenza non mi posso pronunciare. Dalla vita in giù veste abiti da lavoro arrapanti, stivaloni neri e minigonna leopardata, sopra è invece vestitissima e sotto la giacca indossa un maglione molto semplice.
Non offre niente di scoperto e fa il pompino a 20, il boccafiga a 30, il culo a 50, l’albergo a 100 per un’ora senza limiti di ri-cariche.
L’approccio mi ha messo molto a mio agio. È pacata, simpatica, senza essere estroversa al massimo, ma esprime la misura ideale di una piacevole compagnia. Parla un italiano accentato, con qualche incertezza, ma non stentato (dice di essere qui da un anno), e un gradevole francese. Ascolta, risponde cercando di comunicarti qualcosa, racconta delle sue origini albanesi, rilancia con le domande restando discreta, ride allegramente alle battute.
Ci si apparta nel parcheggio cui ricorrono tutte le ragazze che ho conosciuto in zona, lontano dal suo benzinaio, ai confini di una zona urbanizzata, che ha un lato contiguo ad una via di transito oltre la quale sorgono delle villette, a tarda notte senza passaggio, ma non è un’alcova.
Le chiedo il solito pompino della prima volta. Non si spoglia né sotto, né sopra, ma mi guida alle tette in un pertugio fra gli strati di lana. Lo copre subito, parte piano e accelera, insaliva in modo adeguato, è paziente, usa la mano destra solo per sorreggere l’asta, tranne quando le chiedo di scrollarmelo un po’, mentre quella sinistra la infila sotto il mio corpo sul sedile dove incontra la mia, lascia fare quando muovo io il bacino senza forzarla. I particolari più apprezzabili sono la presa non superficiale, alle diverse velocità, e il notevole prolungamento della stimolazione alla fine; il rilievo critico è che il trattamento non è arricchito da nessuna variazione di lingua o di angolazione.
I resti, fazzolettini asciutti e goldone ai frutti di bosco, me li lascia in macchina.
Dice di avere 29 anni. Ha bocca sensuale e lineamenti dolci, ma un po’ troppo rilassati per poterla dire una trentenne smagliante, sospetto che si sia calata l’età; capelli rossi lunghi e vaporosi, occhi nocciola. Il fisico è quello di una donna adulta, non troppo magra, bensì con curve femminili: direi almeno 1,65 di statura, cosce e culo pieni senza eccessi; dalle tette non scoperte, ma toccate, ho ricavato una sensazione di sostanza carnale e percepito in particolare il capezzolo consistente, per cui ipotizzo una terza, mentre sulla consistenza non mi posso pronunciare. Dalla vita in giù veste abiti da lavoro arrapanti, stivaloni neri e minigonna leopardata, sopra è invece vestitissima e sotto la giacca indossa un maglione molto semplice.
Non offre niente di scoperto e fa il pompino a 20, il boccafiga a 30, il culo a 50, l’albergo a 100 per un’ora senza limiti di ri-cariche.
L’approccio mi ha messo molto a mio agio. È pacata, simpatica, senza essere estroversa al massimo, ma esprime la misura ideale di una piacevole compagnia. Parla un italiano accentato, con qualche incertezza, ma non stentato (dice di essere qui da un anno), e un gradevole francese. Ascolta, risponde cercando di comunicarti qualcosa, racconta delle sue origini albanesi, rilancia con le domande restando discreta, ride allegramente alle battute.
Ci si apparta nel parcheggio cui ricorrono tutte le ragazze che ho conosciuto in zona, lontano dal suo benzinaio, ai confini di una zona urbanizzata, che ha un lato contiguo ad una via di transito oltre la quale sorgono delle villette, a tarda notte senza passaggio, ma non è un’alcova.
Le chiedo il solito pompino della prima volta. Non si spoglia né sotto, né sopra, ma mi guida alle tette in un pertugio fra gli strati di lana. Lo copre subito, parte piano e accelera, insaliva in modo adeguato, è paziente, usa la mano destra solo per sorreggere l’asta, tranne quando le chiedo di scrollarmelo un po’, mentre quella sinistra la infila sotto il mio corpo sul sedile dove incontra la mia, lascia fare quando muovo io il bacino senza forzarla. I particolari più apprezzabili sono la presa non superficiale, alle diverse velocità, e il notevole prolungamento della stimolazione alla fine; il rilievo critico è che il trattamento non è arricchito da nessuna variazione di lingua o di angolazione.
I resti, fazzolettini asciutti e goldone ai frutti di bosco, me li lascia in macchina.