«Il coronavirus non si prende al supermarket». Studio tedesco ridimensiona il rischio contagio da oggetti

«Il coronavirus non si prende al supermarket». Ricerca tedesca ridimensiona il rischio contagio da oggetti
di Pietro Piovani
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Domenica 19 Aprile 2020, 15:58 - Ultimo aggiornamento: 14 Febbraio, 12:39

«Non ci sono significativi rischi di essere contagiati andando a fare la spesa». È la rassicurante conclusione di uno studio condotto in Germania nel circondario di Heinsberg, tra i principali focolai di infezione del Paese (250 mila abitanti, 1.400 positivi accertati, 46 morti). Lo studio è stato guidato da Hendrick Streeck, uno dei maggiori esperti tedeschi, direttore dell'istituto di Virologia dell'Università di Bonn. Il suo gruppo di lavoro ha condotto un'indagine accurata sulla popolazione di Heinsberg per ricostruire i meccanismi di contagio su un campione abbastanza vasto. «L'epidemia – ha spiegato il professor Streeck alla rete televisiva lussemburghese Rtl – si diffonde quando le persone si trovano a distanza ravvicinata per un periodo di tempo abbastanza lungo». Il ricercatore fa l'esempio delle feste dopo-sci nelle località alpine: per la Germania uno dei principali centri di irradiazione del virus è stata la stazione sciistica austriaca di Ischgl, dove centinaia di tedeschi si sono infettati e poi a vacanze finite hanno portato il morbo nelle loro città.

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Se dunque si mantengono le distanze di sicurezza, è molto improbabile ricevere il coronavirus. E la il contatto degli oggetti? Non ci si può contagiare toccando il carrello o i prodotti sugli scaffali? In teoria sì, dicono i ricercatori di Bonn, ma in pratica è molto molto difficile che avvenga davvero. «Abbiamo raccolto campioni dalle maniglie delle porte, dai telefoni, dalle toilette, ma non è stato possibile coltivare il virus in laboratorio partendo dal materiale preso con quei tamponi» spiega Streeck, che ritiene davvero minime le probabilità di trasmissione attraverso le superfici degli oggetti. «Per prendersi il virus in questo modo bisogna che qualcuno tossisca nella sua mano, tocchi immediatamente il pomello di una porta e subito dopo qualcun altro dovrebbe afferrare lo stesso pomello e toccarsi la faccia». Affermazioni che contraddicono i risultati di un altro studio condotto negli Stati Uniti (di cui si è molto parlato anche in Italia) secondo il quale il Sars-Cov-2 riuscirebbe a sopravvivere per un giorno sul cartone, per tre giorni sull'acciaio e per cinque giorni sulla plastica. In Germania gli esperti si dicono molto scettici riguardo a questo tipo di calcoli: secondo l'Istituto Robert Koch - l'organismo governativo per la prevenzione delle malattie infettive - quei dati sono il risultato di test fatti in condizioni sperimentali, e dunque poco rappresentativi di ciò che accade realmente nella vita quotidiana.

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Questo naturalmente non significa poter fare a meno di lavarsi le mani e di seguire le altre misure di sicurezza prescritte dalle autorità sanitarie in Italia e in tutto il mondo. Anche se le possibilità di ammalarsi con il contatto degli oggetti sono minime, è bene osservare ogni precauzione. Proprio in Germania, fra l'altro, è stato ricostruito che uno dei primi passaggi del coronavirus è avvenuto fra due persone che in Baviera, pur non frequentandosi, si erano passati una saliera da un tavolo all'altro durante un pranzo in mensa. Allo stesso modo, il fatto che tra gli abitanti di Heinsberg non si siano riscontrati esempi di contagio nei supermercati non è un buon motivo per abbassare il livello di attenzione quando si fa la spesa. Se i tedeschi non si trasmettono il Covid-19 durante lo shopping è anche perché sono sicuramente scrupolosi nell'osservare l'obbligo di distanziamento e nell'indossare le mascherine. In Germania come in tutto il mondo gli scienziati ribadiscono che, al di là di tante ipotesi di studio, il principale veicolo di trasmissione del virus è la saliva che un individuo può trasmettere a un altro tossendo, starnutendo, o semplicemente parlando a meno di un metro di distanza. Il Sars-Cov-2 viaggia attraverso il droplet, cioè le goccioline emesse con la bocca dalle persone già infette, ma il virologo Christian Drosten dell'ospedale Charité di Berlino sottolinea che il virus non resiste molto all'asciutto e dunque il solo vero modo di contrarlo è «inalare il droplet». In attesa di trovare un vaccino e farmaci in grado di sconfiggerlo, l'arma migliore di cui disponiamo per combattere il coronavirus resta il distanziamento fisico dalle altre persone.

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