Stavo così, il mio vestito di lino bianco brillava al tramonto, seduto sul muretto del Malecon osservavo la vita scorrere lentamente.
Da una radio uscivano le note di Chan Chan, alcuni bimbi correvano dietro un palla malconcia, le case con i loro colori pastello assorbivano la luce ognuno in modo differente.
I pensieri scivolando, cadevano ad uno ad uno verso l'oblio, la musica e il calore rendevano faticoso ricordare da dove venivo.
L'aria a volte era salmastra e a volte si riempiva di odori a me sconosciuti; pensieri in movimento, fluttuando verso l'ozio assoluto riempivo me stesso di cose nuove.
Lei si stagliava in controluce sulla porta del paladar come una visione, i capelli lunghi e neri gli cadevano sulla spalle come fiamme di veleno, si girò e mi sorrise, i suoi occhi brillarono e in quell'istante sono stato suo per sempre.
Le lentigini le coprivano il nasino e un poco sotto gli occhi fungevano da cornice a delicati e raffinati lineamenti.
Giaceva nuda tra le lenzuola che fasciando il suo corpo solo a piccole parti la facevano sembrare una statua del Canova: sensuale ed elegante.
Guardando fuori dalla finestra cercai in fondo all'ultimo bicchiere il motivo della mia presenza in quel luogo.
Mi avvicinai ancora una volta per morire dei suoi baci e delle sue carezze; mi guardò e mi abbracciò come si fa con i bambini quando vogliono dormire nel lettone perchè hanno avuto un incubo, lesse nei miei occhi tutta l'infelicità di una vita gettata.
"Stringimi, mia meravigliosa creatura che con la tua vicinanza dimentico l'orrore e la solitudine."
Mi dispiace, non riesco a scoparti, non riesco a sbatterti, voglio solo amarti dolcemente fino all'alba, quando un anonimo taxi ti porterà in un'altra città, via da me, fragilità è il mio nome stanotte.
Sai di buono, sai di pesca e mandorle, che fragilità, che mondo sensuale.
Le sue lunghe gambe chiuse a forbice sembravano leggi che regolano il mondo, la pella bianchissima era come pergamena sulla quale scrivere il nostro piacere.
Poche parole e molto silenzio, un bacio e un altro, un altro ancora e ancora, nessuno dei due sembra volere alzare il manto della realtà, su gli occhi che mi guardono con tanta tristezza, sulle gote che tanto ho accarezzato, sulla bocca carnosa e rossa che sangue ne promette ancora, mordimi e forse si placa questa fame.
La vedo scivolare via oltre l'alba, mi siedo sul ciglio della porta ad osservare la felicità scappare con lei, una piccola ombra a fianco mi distoglie l'attenzione, mi volto e penso ad un insetto, ma no... è un piccolo colibrì che cerca di arrivare ad un fiore: "stupendo compagno, anche tu sei alla perenne ricerca di qualcosa, la tua visione mi inebria il cuore, grazie."
Mi risuonano in testa le parole che ho ascoltato da quella radio:
"El cariño que te tengo Yo no lo puedo negar...", è vero.
Cammino verso la spiaggia di Guanabo cercando di non essere troppo fuori luogo, vedo la gente sorridere pur avendo poco, io ho molto e mi sento svuotato di tutto, sono ancora capace di riconoscere la purezza però, un bimbo mulatto con gli occhi verdi smeraldo si avvicina, gli apro le braccia e lui ci si tuffa dentro con slancio, quanto calore umano in un semplice gesto, qui è ancora possibile.
Una oldsmobile rossa sfreccia sulla strada infuocata, alzo una mano, il ragazzo fà un'inversione come se fossi Robert de Niro, salgo e a questo punto mi ci sento davvero, vivo come in un film in cui il protagonista torna a casa dopo un lungo viaggio, ma cambiato, diverso.
Cercavo jineteras, ron e la mar, invece lentamente questo paese mi ha adottato dolcemenete, e mi ha voluto ancora più bene come quando hai un bimbo "sfortunato" e senti che è diverso dagli altri, grazie Cuba, non mi sono mai sentito uno straniero, mai un ospite, mai un turista, ma solo un Cubano un poco differente.
Lo siento.
Tutto ciò che scrivo è solo frutto della mia fervida fantasia.