In questi giorni è in scena a Milano una commedia che tratta un argomento di nostro comune interesse. Non sono un critico teatrale; considerando però che l’autore ha dichiarato di essersi ispirato ai classici della commedia italiana cinematografica, dunque a quel peculiare realismo umoristico, ritengo sia legittimo parlarne in relazione al fenomeno di costume e alla questione della sua rappresentazione artistica.
A mettere in moto tutta la vicenda, in un ambiente di provincia, è l’incontro fra due uomini a casa di una escort che si immagina costosa. Presto essi si scopriranno reciprocamente come padre e fidanzato della stessa persona, Chiara, e da qui si svilupperà il resto della storia, di cui cerco di non raccontare troppo, se mai qualcuno la volesse gustare dal vivo.
L’inizio del primo atto è a mio avviso il momento più divertente (e il motivo che mi ha richiamato a teatro). In pochi minuti vengono rappresentati con competenza (l’autore frequenterà le nostre amiche o avrà letto il forum o avrà interpellato con attenzione chi lo fa), ma anche con molto spirito, alcune delle preoccupazioni/ossessioni tipiche del puttaniere. I cellulari della ragazza che squillano in continuazione e che ti danno la sensazione che ti sfugga anche quando ti è accanto. La proposta martellante del “supplemento” per ogni possibile arricchimento della prestazione base: fare sesso con un accessorio, farsi chiudere nell’armadio e spiare la prestazione successiva... Lei che rifà a tutti lo stesso complimento. Il fastidio di essere incalzati sul tempo a disposizione. Il desiderio di non incontrarsi fra clienti e gli accorgimenti per evitarsi. La paura di dimenticare o l’effettiva dimenticanza di oggetti personali a casa della ragazza, con conseguenti grotteschi ritorni obbligati. Più in profondità, le nevrosi che si riversano sul sesso mercenario da parte maschile, dall’esibizione di una sicurezza adulta che non si possiede alle goffaggini del giovane innamorato che finisce col parlare tutto il tempo della fidanzata alla prostituta.
Un altro aspetto mi è parso interessante. Personalmente sono affascinato dai processi, appunto carnevaleschi, di mascheramento e di disvelamento. Nel corso della nostra attività, poi, essi sono decisivi, tanto da alimentare tutte le discussioni, secondo me poste spesso in modo semplicistico, ruotanti attorno all’“autenticità” nella relazione mercenaria, che riempiono il forum. Ora, pur sviluppando convenzioni letterarie di sempre, l’ingresso in ruolo e l’uscita dal ruolo dei clienti e della professionista sono momenti coinvolgenti dell’intreccio. Nel caso dei due protagonisti maschili, però, sia il trucco per celarsi, poi l’incontro in quanto clienti (grazie ad un malvagio colpo di genio della escort) e infine il ri-conoscimento nei ruoli ufficiali, per così dire, danno vita ad un continuum di situazioni effervescenti. Nel caso della escort, per contro, tutto appare meno realistico e più psicologicamente prevedibile. Piace vederla prima in intimo nero con il richiamo rosso della rosa fra i capelli e poi in abiti sport casual. Poco probabile, invece, è che si tratti di una italiana che si finge russa, dice lei, per marketing e privacy, quando invece, visto che in effetti c’è un mercato delle nazionalità rare (rumene che si presentano come spagnole, albanesi come moldave ecc.), sono al contrario le giovani di altre nazionalità che può capitare si spaccino per italiane. Non tagliente come altri momenti della commedia è anche lo scivolamento verso il desiderio di una normale vita di coppia che questa ragazza manifesta, dicendo di assorbire troppa tensione allo scopo di liberarne i suoi clienti.
I personaggi, in effetti come in un film di Pietro Germi, suscitano tutti simpatia, ma non si salva nessuno. In primo luogo, tutti ingannano gli altri. Chiara è carina, ma nevrotica, gelosa e apprensiva, e la si indovina poco capace, fino a quel momento, di vivere con una qualche profondità una storia sentimentale duratura. Suo padre è un avido, fintamente sicuro di sé, che vive una frustrante vita matrimoniale, fino al punto di ridursi a fumare di nascosto. La madre è una semi-alcolizzata, frivola, cuoca pretenziosa e pessima dalle ossessioni dietetiche. I soggetti più positivi sono il fidanzato di Chiara, un giovane scienziato un po’ goffo ma amabile, e soprattutto la escort, la figura certo più solare e umana, delineata dall’autore con simpatia maschile molto molto trasparente.
L’atteggiamento non è severo e giudicante, semmai pervade l’opera una caustica critica dei costumi che richiama davvero la commedia all’italiana. La scrittura ha tocchi felici nel tratteggiare i sotterfugi e le ambiguità dell’amore ufficiale. Una metafora biologica sull’inganno che le orchidee hawaiane perpetrano ai danni delle api sembrerebbe collocare il destino della coppia fra i poli della simulazione e della simbiosi a livello cosmico. L’incontro mercenario, insomma, ne è sdrammatizzato: è calato nella quotidianità delle vite degli uomini e costituisce, di conseguenza, una complicazione surreale di tanti amori. Senz’altro, dunque, la commedia è lontana dall’ossessione prostitutiva dell’ondata di moralismo che ci ha sommersi qualche anno fa. Ho trovato, tuttavia, che verso la fine del secondo atto la prospettiva diventi meno graffiante, allorché si addensa un’atmosfera a mio avviso sospetta, di troppo facile riscossa dell’amore sentimentale e della coppia come contesto per viverlo. Fortunatamente, però, un ammiccamento finale arriva in tempo per ri-aprire la coppia più matura, lasciando presagire che le complicazioni del rapporto a due non sono finite.
Della scenografia rilevo solo una suggestione molto personale. Alcuni pezzi d’arredamento che in me rievocano il razionalismo dell’architettura d’interni anni Sessanta-Settanta contribuiscono a gettare un’ombra di freddezza e un senso di vuoto sulla vita della coppia matura. La stanza in cui la escort riceve si presenta come più calda, ma certo non perde il suo profilo, diciamo così, laboratoriale. Forse si vuol dire che l’unico ambiente potenzialmente alternativo e accogliente sarebbe il rifugio delle Hawaii, che però, a parte i sogni ad occhi aperti di Chiara, resta significativamente assente dalla scena.
A mettere in moto tutta la vicenda, in un ambiente di provincia, è l’incontro fra due uomini a casa di una escort che si immagina costosa. Presto essi si scopriranno reciprocamente come padre e fidanzato della stessa persona, Chiara, e da qui si svilupperà il resto della storia, di cui cerco di non raccontare troppo, se mai qualcuno la volesse gustare dal vivo.
L’inizio del primo atto è a mio avviso il momento più divertente (e il motivo che mi ha richiamato a teatro). In pochi minuti vengono rappresentati con competenza (l’autore frequenterà le nostre amiche o avrà letto il forum o avrà interpellato con attenzione chi lo fa), ma anche con molto spirito, alcune delle preoccupazioni/ossessioni tipiche del puttaniere. I cellulari della ragazza che squillano in continuazione e che ti danno la sensazione che ti sfugga anche quando ti è accanto. La proposta martellante del “supplemento” per ogni possibile arricchimento della prestazione base: fare sesso con un accessorio, farsi chiudere nell’armadio e spiare la prestazione successiva... Lei che rifà a tutti lo stesso complimento. Il fastidio di essere incalzati sul tempo a disposizione. Il desiderio di non incontrarsi fra clienti e gli accorgimenti per evitarsi. La paura di dimenticare o l’effettiva dimenticanza di oggetti personali a casa della ragazza, con conseguenti grotteschi ritorni obbligati. Più in profondità, le nevrosi che si riversano sul sesso mercenario da parte maschile, dall’esibizione di una sicurezza adulta che non si possiede alle goffaggini del giovane innamorato che finisce col parlare tutto il tempo della fidanzata alla prostituta.
Un altro aspetto mi è parso interessante. Personalmente sono affascinato dai processi, appunto carnevaleschi, di mascheramento e di disvelamento. Nel corso della nostra attività, poi, essi sono decisivi, tanto da alimentare tutte le discussioni, secondo me poste spesso in modo semplicistico, ruotanti attorno all’“autenticità” nella relazione mercenaria, che riempiono il forum. Ora, pur sviluppando convenzioni letterarie di sempre, l’ingresso in ruolo e l’uscita dal ruolo dei clienti e della professionista sono momenti coinvolgenti dell’intreccio. Nel caso dei due protagonisti maschili, però, sia il trucco per celarsi, poi l’incontro in quanto clienti (grazie ad un malvagio colpo di genio della escort) e infine il ri-conoscimento nei ruoli ufficiali, per così dire, danno vita ad un continuum di situazioni effervescenti. Nel caso della escort, per contro, tutto appare meno realistico e più psicologicamente prevedibile. Piace vederla prima in intimo nero con il richiamo rosso della rosa fra i capelli e poi in abiti sport casual. Poco probabile, invece, è che si tratti di una italiana che si finge russa, dice lei, per marketing e privacy, quando invece, visto che in effetti c’è un mercato delle nazionalità rare (rumene che si presentano come spagnole, albanesi come moldave ecc.), sono al contrario le giovani di altre nazionalità che può capitare si spaccino per italiane. Non tagliente come altri momenti della commedia è anche lo scivolamento verso il desiderio di una normale vita di coppia che questa ragazza manifesta, dicendo di assorbire troppa tensione allo scopo di liberarne i suoi clienti.
I personaggi, in effetti come in un film di Pietro Germi, suscitano tutti simpatia, ma non si salva nessuno. In primo luogo, tutti ingannano gli altri. Chiara è carina, ma nevrotica, gelosa e apprensiva, e la si indovina poco capace, fino a quel momento, di vivere con una qualche profondità una storia sentimentale duratura. Suo padre è un avido, fintamente sicuro di sé, che vive una frustrante vita matrimoniale, fino al punto di ridursi a fumare di nascosto. La madre è una semi-alcolizzata, frivola, cuoca pretenziosa e pessima dalle ossessioni dietetiche. I soggetti più positivi sono il fidanzato di Chiara, un giovane scienziato un po’ goffo ma amabile, e soprattutto la escort, la figura certo più solare e umana, delineata dall’autore con simpatia maschile molto molto trasparente.
L’atteggiamento non è severo e giudicante, semmai pervade l’opera una caustica critica dei costumi che richiama davvero la commedia all’italiana. La scrittura ha tocchi felici nel tratteggiare i sotterfugi e le ambiguità dell’amore ufficiale. Una metafora biologica sull’inganno che le orchidee hawaiane perpetrano ai danni delle api sembrerebbe collocare il destino della coppia fra i poli della simulazione e della simbiosi a livello cosmico. L’incontro mercenario, insomma, ne è sdrammatizzato: è calato nella quotidianità delle vite degli uomini e costituisce, di conseguenza, una complicazione surreale di tanti amori. Senz’altro, dunque, la commedia è lontana dall’ossessione prostitutiva dell’ondata di moralismo che ci ha sommersi qualche anno fa. Ho trovato, tuttavia, che verso la fine del secondo atto la prospettiva diventi meno graffiante, allorché si addensa un’atmosfera a mio avviso sospetta, di troppo facile riscossa dell’amore sentimentale e della coppia come contesto per viverlo. Fortunatamente, però, un ammiccamento finale arriva in tempo per ri-aprire la coppia più matura, lasciando presagire che le complicazioni del rapporto a due non sono finite.
Della scenografia rilevo solo una suggestione molto personale. Alcuni pezzi d’arredamento che in me rievocano il razionalismo dell’architettura d’interni anni Sessanta-Settanta contribuiscono a gettare un’ombra di freddezza e un senso di vuoto sulla vita della coppia matura. La stanza in cui la escort riceve si presenta come più calda, ma certo non perde il suo profilo, diciamo così, laboratoriale. Forse si vuol dire che l’unico ambiente potenzialmente alternativo e accogliente sarebbe il rifugio delle Hawaii, che però, a parte i sogni ad occhi aperti di Chiara, resta significativamente assente dalla scena.